Venere Morgantina: se gli Americani sono kitsch, noi siamo naïf

Ho letto con interesse l’articolo Don’t cry for me, Morgantina” (vivienna.it, 24 nov.2010).L’autore rivela uno spirito acuto e curioso da grande viaggiatore e rilancia una domanda nella mente di tutti: è giusto che la Venere torni?
Un po’ come pensare al benessere dei figlioli tra genitori in contesa.

Quando mi occupai della trattativa per l’accordo del rientro, la priorità fu sempre quella di giungere al risultato finale, poi formalizzatosi nel dicembre del 2007 con la sigla tra le parti. Ma avendo lavorato per anni proprio al dipartimento di Antichità del Getty, dove era custodita la statua, e che quindi incontravo tutti i giorni nei miei percorsi al museo, non sono stata mai abbandonata da un sentimento di disagio ogni volta che mi configuravo lo scenario del suo futuro in Sicilia.

Quello che infatti è poi avvenuto, e cioè il devastante disastro (o meglio, mancanza totale) di pianificazione, ha confermato quel sospetto che ho sempre voluto cancellare, a fronte del più importante valore della riconsegna legittima.

L’intera amministrazione regionale che, a vario titolo dal 2007 ad oggi, si è occupata della questione dovrebbe infatti ammettere l’inefficienza assoluta del proprio ruolo e il provincialismo minimale che l’ha governata nelle sue non-decisioni. Abbiamo avuto tempo, almeno 3 anni per organizzarci. Sono stati 3 anni di tira e molla, discorsi, chiacchiere, convegni inutili, riunioni gonfiate, soldi mai stanziati, ma –al contrario- di tanti personaggi che hanno voluto metterci la parola.

L’amministrazione regionale ha fatto un iniziale sbaglio colossale di impostazione, ad effetto domino: parlare della “Venere” e non di “Morgantina” nel suo complesso. L’attenzione che sarebbe stata prioritaria su Morgantina e sull’intero territorio è stata deviata sul falso problema del museo. La statua non è così gigantesca da non poterle trovare un luogo protetto e facilmente accessibile. E’ l’intera area strutturale che (come dice l’autore dell’articolo) non è accessibile. Mancano strade, rete di trasporti, strutture ricettive, piano di promozione, sistema reticolare turistico, piano economico, progetto di fruizione integrata, musealizzazione del territorio, etc. Il dibattito è stato spostato solo sulla collocazione della statua, obliterando il più importante impegno sulla fruizione globale ed integrata.

Dopo anni di clamore generato dalla battaglia per recuperare l’opera, paradossalmente l’immobilismo siciliano farà sparire per sempre la Venere, confinata in un piccolo (bel) museo irraggiungibile dal resto del mondo, ma soprattutto immersa nell’assoluto silenzio intorno.
Fate una prova alla prossima inaugurazione sugli Argenti, e contatevi: quanti turisti ci saranno, quanti giornalisti internazionali, quanti bus arriveranno, quante persone dormiranno ad Aidone, quante prenotazioni avete avuto? Ve lo dico io: sarà l’ennesima parata politica dei nativi siciliani.
Correggo quindi l’autore dell’articolo solo per una cosa: se gli Americani sono kitsch, noi siamo naïf.

Mi dispiace anche che l’autore non sia riuscito in tempo a vedere la statua nella sua collocazione nelle sale di Malibu. Ma il suo reportage sul criterio di esposizione delle altre opere, sulle attività didattiche, sull’accessibilità del museo e il ricchissimo calendario di eventi, lasciano percepire l’eccellenza dell’Istituto che ha posseduto per decenni la scultura. Alla lista citata, aggiungo la politica di condivisione scientifica da sempre esercitata dal museo nel rendere fruibile la scultura allo studio dei ricercatori di tutto il mondo, al pari di tutte le altre opere (cosa raramente concessa, come sappiamo, dai nostri musei). Nasce quindi il rammarico, nell’esclusivo interesse della Venere, di non poter noi garantirle un uguale trattamento di riguardo.

Mi dispiace anche la statua adesso abbia perso interesse in America. Ho avuto modo di tastare il polso della questione con i miei colleghi d’Oltreoceano e con alcuni giornalisti americani. La vicenda è chiusa. Non rientra più negli interessi del pubblico americano. Tutto, per loro, è passato nelle mani degli Italiani. Non è più loro priorità, né come lancio di immagine, né come studio, né come oggetto prezioso sul quale puntare l’attenzione. Tutto un flusso mediatico-turistico sul quale ora, con il rientro siciliano, non possiamo contare più.

Se non fosse per la popolazione di Aidone, per l’associazionismo e per la stampa locale, non saremmo qui neanche a parlarne, in questo scambio di lettere che ViviEnna gentilmente ospita. Così come risulta paradossale che, nel dibattito degli ultimi anni, sia stato escluso il dialogo con il patrimonio culturale della Unikore, l’università (eccellente) di casa, che non è stata mai presa in considerazione come elemento intellettuale progettuale attivabile per la soluzione di tutti i problemi del territorio, grazie alle energie di Ingegneria e Architettura (tecnologia, infrastrutture e trasporti), di Giurisprudenza (legalità), Multimedialità e Comunicazione (utilissima per mostre e promozione), alla rete di relazioni internazionali tenute dal Clik e dal Kiro, per non parlare di Archeologia (che mi onoro di presiedere). Se esiste ad Enna qualcosa di culturalmente superiore, bene. Altrimenti, di cosa vogliamo discutere?

Ripeto: la Venere avrebbe avuto bisogno di una collocazione internazionale che noi non siamo in grado di offrire. Se avessi dato ascolto ai miei sospetti, quel poco che ho fatto per il successo del rientro, non l’avrei fatto. Tutto sarebbe avvenuto ugualmente, ma mi sarei risparmiata oggi questi ripensamenti.

Concludo con una domanda a tutti gli Ennesi: sapevate che l’unica provincia esclusa dai bandi per la gestione integrata dei servizi al pubblico dei siti archeologici e musei regionali è la provincia di Enna? In altre parole, sapevate che l’intero patrimonio archeologico e culturale della Sicilia, da Selinunte a Siracusa, da Agrigento a Lipari, sono in questo momento al centro dell’attenzione di programmi di gestione integrata pubblico-privata (editoria, ristorazione, grandi eventi, mostre, trasporti, book-shop, spettacoli, alberghi, etc.)? Grandi società e forze economiche italiane e straniere stanno – in questo esatto momento – studiando nei dettagli ogni singolo museo e parco archeologico di Sicilia e il territorio sociale ed economico in cui essi ricadono, per proporre strategie integrate di rilancio. Tutti i siti archeologici sono interessati, tranne quelli della provincia di Enna, perché la Regione non l’ha messa a bando.
Eppure, basta solo ogni tanto controllare il sito dell’Assessorato Regionale per vedere cosa decidono a Palermo.


Flavia Zisa

Presidente CdL Archeologia del Mediterraneo
Università Kore di Enna