“Persistenze e ritualità arcaiche nell’entroterra” di Claudio Paterna

Palermo. Domani alle ore 16,30 l’ARCHEO-Club di Sicilia ha invitato il prof. Claudio Paterna a presentare la sua ultima pubblicazione “PERSISTENZE E RITUALITA’ ARCAICHE NELL’ENTROTERRA“. Tale iniziativa si inserisce nell’evento interculturale in corso nel quartiere Albergheria-Ballarò, con la partecipazioni di altre Associazioni. Seguirà una esposizione di fotografie, proiezione di filmati e visite guidate al muro punico – romano, nei locali dell’ex monastero S.Chiara – piazza S.Chiara 11 (nei pressi di piazza Bologni)

“Persistenze e ritualità arcaiche nell’entroterra”
L’IMPRONTA DEL PASSATO CHE RESISTE IN SICILIA
C’è un aspetto nella cultura siciliana sempre presente: il passato. Ma è insospettabile quanto questo passato possa essere lontano e, soprattutto, scoprire che più una tradizione, un folclore è antico maggiori sono le possibilità che esso riveli un’origine con qualità avveniristiche: la laicità e la concretezza, per esempio. Può spiazzare un viaggio fatto consultando una mappa che costruisce ponti tra luoghi del passato e del presente, dove l’irregolare letto di un fiume, con lo spostarsi del tempo, diventa una tortuosa strada provinciale. Ma per chi è disposto a questo tipo di spaesamento, molto interessante risulta lo studio fatto da Claudio Paterna e raccolto nel libro Persistenze e ritualità arcaiche nell’entroterra-Resistenze culturali in Sicilia tra forme di mimetismo simbolico e residui di memoria collettiva (Edizioni NovaGraf). Dove la persistenza è intesa in senso strettamente etimologico, come qualunque cosa che sia capace di trovare una collocazione nel tempo e con esso viaggiare. Si tratta dei risultati di un percorso di ricerca complesso su buona parte del territorio siciliano per mettere insieme tutte quelle tracce, materiali e immateriali, che possono in qualche modo aiutare a comprendere meglio le peculiarità della cultura siciliana. L’oggetto di studio, usato come comune denominatore, è la festa religiosa in quanto fatto sociale partecipato da tutta la comunità e in quanto occasione di compartecipazione simultanea di dinamiche culturali, sociali ed economiche. Leggendo le pagine di Paterna si potrà scoprire a cosa si deve la rivalità, a Comiso, fra le due parrocchie, quella che fa capo alla Madonna Annunziata e quella della Madonna Addolorata, e che trova sfogo nella processione di Pasqua. Qual è il fil rouge che lega le Ninfe delle fonti al culto della castità? Quali sono le ragioni profonde del rituale del consùlo, ovvero portare cibo alla famiglia del defunto durante la veglia, diffuso in tutta la Sicilia? Nella pagine di Paterna non solo se ne rintracceranno le origini pagane, ma soprattutto si scoprirà che la cultura siceliota non è di esclusiva derivazione ellenica, ma si aggancia saldamente a una cultura poliedrica con riferimenti a tutto il bacino del Mediterraneo. Ancora più sorprendenti sono i risultati dello studio sulla festa di San Giuseppe che si tiene a Leonforte, in provincia di Enna. Ogni simbolo della festa, dal pane tradizionale agli archi intrecciati, dalle mense al periodo dell’anno in cui essa ricade, è analizzato sotto il profilo di un’antichissima religiosità cosmologica e agraria prima che cristiana, e sotto il profilo storico- leggendario oltre che sociologico. Grazie all’analisi comparata con la ritualità di feste analoghe svolte nello stesso periodo dell’anno in tutta l’aerea mediterranea, ne verrà fuori l’adattamento nel tempo di quello che in origine era un rito strettamente legato all’equinozio di primavera, in cui si brucia il “vecchio” in attesa del nuovo. Paterna, che parla di corredi sepolture e di culto dei morti, di segreti dei “madunnara”, del concetto di magia e del mito della gigantomachia, spiega come dal suo lavoro emerge «una storia segreta e non cristiana dell’umanità, che ha lasciato profonde radici e inquietudini». Molto piacevole è l’introduzione al lavoro scritta da Antonino Buttitta, poche pagine per trasmettere le peculiarità dell’etnoantropologia, la disciplina che guida gli studi di questo genere. L’etnoantropologia è capace di fare una sorta di risonanza magnetica alla storia dell’uomo e di risalire alla causa dei sintomi manifesti: i gesti, le parole, i cibi vengono studiati lungo tutto l’apparato digerente della storia. Si tratta di una disciplina discreta che lavora gomito a gomito con l’archeologia, la storia, la sociologia, l’architettura, ma che deve fare i conti anche con i dati immateriali dell’oralità per una ricostruzione esaustiva. Resta veramente affascinante l’approccio dinamico allo studio della tradizione e del folclore per liberare l’aggettivo “pagano” dalla sua accezione negativa e nel tentativo di smantellare tutte le forme di superbia ontologica. È in quest’ottica, forse, che si può comprendere quello slittamento che dal matriarcato, dalla Madre Terra, ha portato alla costituzione di un patriarcato saldo e sacralizzato in Sicilia e non solo. In senso etnoantropologico, si tratta semplicemente di riadattare il mito originario per “ragioni di stato”, ignorando la dura ammonizione dello Zarathustra di Nietzsche.

Eleonora Lombardo
Repubblica — 23 settembre 2010