Il mistero della “simetite” ritrovamenti ad Agira, Gagliano Castelferrato, Leonforte e Nicosia

Nel nostro pianeta esistono una miriade di siti, circa un’ottantina, da cui provengono ambre più o meno pregiate. La Sicilia vanta il primato di averne una qualità tra le più preziose, anche in virtù della sua rarità.
Essendo nota già a partire dal XVII secolo (verosimilmente nota a partire dalla preistoria) poiché abbondantemente ritrovata lungo le “marine di Catania” e presso la foce del Simeto, tale preziosità è meglio definita con il nome di “Simetite”. Il suo colore varia dal rosso cupo, al paglierino, talora con sfumature verdastre o bluastre. Trattasi di una resina fossile risalente alla fine dell’era Cenozoica (Miocene). Le sue caratteristiche fisico-chimiche la rendono unica, soprattutto se confrontata con quelle, sempre cenozoiche, provenienti da altre zone del mondo; ad esempio quella di Santo Domingo. Già nel passato suscitava interesse poiché al suo interno, molto raramente, si conservano i resti di piccoli invertebrati imprigionati come in un “regal sepolcro eterno”; raramente all’interno della simetite sono custoditi ragnetti, “moscerini” di varia natura, ma anche preziosi resti vegetali.
I pezzi più pregiati sono custoditi gelosamente da noti collezionisti e gioiellieri catanesi, ma sono anche presenti nel tesoro di Sant’Agata ed in diversi musei del mondo.
Alla simetite (probabilmente trasportata anche da altri corsi d’acqua siciliani verso le zone meridionali dell’isola) è legato l’affascinante mistero dei suoi ritrovamenti. Di fatto è possibile rinvenirla durante forti mareggiate lungo le coste sabbiose del Golfo di Catania, ma anche in alcune spiagge del sud della Sicilia; ad esempio nei pressi di Marza (Pachino) vi è un tratto di costa che è chiamato per l’appunto “costa dell’ambra”. In tali siti, dopo le mareggiate e alle prime luci dell’alba, è possibile imbattersi in cercatori forsennati che quasi fanno a gara per aggiudicarsi i pezzi più belli, perlopiù generalmente delle dimensioni di un fagiolo! Curioso e misterioso è anche il fatto che di tale resina fossile non si conosce il giacimento di provenienza, anche se sono noti ritrovamenti sporadici nelle campagne di Agira, Gagliano Castelferrato, Leonforte e Nicosia.
Nel passato, oltre che per fini meramente estetici, l’ambra del Simeto veniva ceduta alle chiese, poiché bruciata produceva un intenso profumo d’incenso, e le polveri derivanti dalla sua lavorazione venivano usate dai liutai, per lucidare gli strumenti più pregiati, e dai pittori.

Agatino Reitano

Su gentile concessione di Angelo Cosentino – www.cataniapolitica.it