Piazza Armerina. Donna perde bambino dopo 41 settimane di gravidanza

Piazza Armerina. Non avremmo mai voluto scrivere una notizia simile, ma il nostro lavoro ci impone, molte volte, di scrivere, a malincuore, ciò che non vorremmo che accadesse mai. Una signora piazzese, G.A., ha perso il proprio bambino dopo 41 settimane di gravidanza. Una tragedia che ha investito una famiglia che pone un solo interrogativo: Se non si fosse impedita al reparto di ginecologia e ostetricia, del Chiello di Piazza Armerina, di portare a termine i parti a rischio, com’era classificato quello della signora, il bimbo si sarebbe salvato? Questa è la domanda che andrebbe posta con forza a chi sostiene che a Piazza Armerina non si possono ricoverare mamme il cui parto è classificato a rischio.

Si tratta di una vicenda delicata sulla quale non vogliamo, esprimere giudizi ne tantomeno sentenze di condanna, ma raccontarvi solo la cronaca degli ultimi giorni che ha visto protagonista G.A. poi, purtroppo, conclusasi con una tragedia. La signora G.A. era inizialmente seguita dallo staff medico del reparto di ginecologia e ostetricia del Chiello. Il parto era classificato a rischio perché, a quanto pare, la signora soffriva d’ipertensione e edema due patologie che rendono a rischio un parto, tecnicamente chiamato Preclampsia; dopo la chiusura del punto nascite di Piazza Armerina la signora viene seguita dallo staff medico dell’Umberto I di Enna e le viene somministrata una cura che possa tenere bassa la sua pressione arteriosa. Quattordici giorni prima della tragedia la signora G.A. viene ricoverata ad Enna perché continuava ad avere problemi con la pressione; curata viene dimessa. Lo scorso 23 aprile torna all’Umberto I di Enna per disturbi legati, ancora una volta, alla pressione arteriosa. Pare che rifiuti il ricovero. Passano solo tre giorni e lo scorso 26 aprile, la signora avverte ancora una volta dei disturbi legati alla sua ipertensione. Torna all’Umberto I ma non viene ricoverata perché pare che gli sia stato detto che il ricovero doveva avvenire entro le prossime 48 ore. La mattina del 27 aprile la signora sta ancora male e si reca all’Ospedale Chiello, dove gli viene fatto il tracciato che dice che il bambino è vivo. Passano alcune ore e alle 20,15, circa, la signora si presenta nuovamente all’Ospedale Chiello perché non sta bene e sente qualcosa di strano. I medici ripetono il tracciato che questa volta da un esito negativo. Il cuore del bimbo non si sente più. Inizia la corsa verso l’Umberto I di Enna. Anche lì il tracciato e l’ecografia costata che purtroppo il bambino è morto. Questi i fatti di cronaca. Nei casi normali una donna dovrebbe dare alla luce il bambino tra la trentanovesima e la quarantatreesima settimana. Perché, visto che si trattava di un parto a rischio non si è fatta partorire prima la signora? Secondo, all’Ospedale Chiello non solo non è morto mai nessuno ma nei casi di parto a rischio i medici hanno sempre anticipato il parto per evitare problemi come quelli che si sono verificati alla signora G.B. Terzo se al punto nascite dell’Ospedale di Piazza Armerina fosse stata data la possibilità di portare a termine i parti a rischio il bambino sarebbe oggi con noi? Credo che qualcuno dovrebbe rispondere a queste domande. Dalle ultime indiscrezioni sembra che la famiglia abbia fatto un esposto e la magistratura dovrebbe aver aperto l’ennesimo fascicolo d’inchiesta di malasanità.

Guglielmo Bongiovanni