Consiglio provinciale Enna. OdG sulla soppressione delle Province

Enna. Ci sono volute ben tre sedute del Consiglio provinciale per elaborare un ordine del giorno che riguarda la possibilità dello scioglimento delle Province, la costituzione di liberi consorzi, da inviare all’Assemblea regionale che dovrà decidere con una legge specifica cosa si vuole fare delle province. Nel primo Consiglio provinciale si è vista la presenza dei quattro deputati regionali ennesi Elio Galvagno per il PD, Edoardo Leanza per il PdL e Paolo Colianni per l’MpA, nessun sindaco ha accolto l’invito fatto dal presidente del consiglio Massimo Greco, tranne Paolo Garofalo, il quale bagnato come un pulcino –per la forte pioggia- ha detto “si possono sciogliere le Province se si scioglie la Regione”, mentre hanno aderito all’invito il presidente dell’Ordine dei farmacisti Sigismundo Rizzo di Nicosia, Tonino Palma, presidente della Cna, e Giuseppe Adamo, segretario provinciale dell’Uil Funzione Pubblica. La presenza dei quattro deputati regionali ha dato una certa vivacità alla riunione e Massimo Greco, in apertura dei lavori ha dichiarato che in Sicilia sulla vicenda “Province” la partita è ancora tutta aperta, mentre Elio Galvagno ha voluto sottolineare nel suo intervento che la situazione non è facile a livello di assemblea regionale perché ci sono coloro che sono contro la soppressione e chi è favorevole,quindi ha invitato il presidente Greco ed il consiglio provinciale a preparare un disegno di legge sulle Province, ma potrebbe essere anche possibile rivisitare la legge 9, attribuendo nuove funzioni alle province, compresi anche settori come l’urbanistica e la sanità. Ed in effetti il consiglio provinciale è propenso non solo a riconfermare le Province ma a dotarle di funzioni che allo stato attuale sono di competenza della Regione. Incrementare le funzioni significa dare forza propulsiva alle Province o liberi consorzi senza mutare l’attuale assetto in Sicilia, ma solo qualche spostamento di comune che vorrebbe favorire una provincia a posto di un’altra. E’ stato Edoardo Leanza ad evidenziare che ci sono dodici comuni del messinese, che hanno avanzato richiesta di essere annessi alla provincia di Enna . E’ convinzione generale che assegnando funzioni importanti alle Province significa eliminare quei ritardi che ora sono caratteristiche essenziali della Regione Siciliana, un decentramento efficace ed utile per la collettività. Nel corso della seconda giornata di lavori diversi gli interventi ed alla fine è stato dato incarico ai capigruppo di elaborare un documento che prevede l’assegnazione alle Province di funzioni che ne possano rivitalizzare la sua presenza nel territorio, visto che tutti i consiglieri provinciali sono su questo indirizzo.

Il Consiglio Provinciale di Enna, riunitosi in ordine alla questione della abolizione dele Province, ha approvato un ordine del giorno in cui chiede al Governo Centrale e al Parlamento Nazionale di definire con chiarezza, attraverso la rapida approvazione del Codice delle Autonomie Locali, le competenze di ogni livello di governo previsto dalla Costituzione, in modo che ogni Istituzione eserciti il proprio ruolo ed i compiti assegnati, evitando inutili e dispendiose sovrapposizioni, riconducendo in capo alle Province quelle funzioni di area vasta “indispensabili” per il governo del territorio. Inoltre, chiede di garantire, nel contesto del Federalismo Fiscale, alle Province delle Regioni a Statuto Speciale la certezza delle risorse finanziarie necessarie per l’esercizio di funzioni istituzionali, allocando la gestione dei cespiti tributari in modo appropriato e trasparente tra i diversi livelli di governo ed esaltando l’autonomia e la responsabilità di tutte le Istituzioni costitutive della Repubblica, legando strettamente il prelievo fiscale alla responsabilità politica di ciascun livello di governo e collegando il gettito dei tributi alle capacità dei territori e individuando nuovi meccanismi di perequazione e solidarietà, ancorati a fabbisogni standard di servizi ed interventi che tengano conto delle diverse condizioni oggettive dei territori.

Nell’o.d.g viene chiesto al Governo Reg.le e all’A.R.S. di sollevare la questione di costituzionalità del comma 20-bis dell’art. 23, aggiunto nella seconda versione del decreto-legge n. 201, come convertito in legge, nella parte in cui viene richiesto alle Regioni a statuto speciale di adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi da 14 a 20 del medesimo art. 23. Di adoperarsi non già per l’abolizione delle Province Regionali, bensì per una loro più efficace collocazione nel panorama istituzionale regionale e per una più efficiente organizzazione del loro ruolo e delle loro funzioni nel contesto di una riforma compiuta delle autonomie locali in Sicilia. Di procedere ad un deciso disboscamento della giungla di enti e strutture intermedie fra Comuni e Province a fra Province e Regione, dei consorzi, degli enti e delle società partecipate, che oggi complicano l’architettura del sistema territoriale, ben al di là della originaria configurazione a tre livelli. Di trasferire alle Province Regionali tutte le competenze attualmente in capo ai Consorzi A.T.O. idrico, alle società d’ambito ATO rifiuti, ai Consorzi di Bonifica, alle Aree di Sviluppo Industriale ed agli Istituti Autonomi Case Popolari. Di avviare una verifica approfondita sulla dimensione demografica e territoriale dei diversi livelli di governo (comunale, provinciale e regionale) per verificare le possibilità di accorpare gli enti su dimensioni adeguate per l’esercizio delle funzioni attribuite ad ogni livello di governo, nella prospettiva di un rafforzamento del ruolo di governo provinciale di area vasta, bloccando l’istituzione di nuove Province Regionale e prevedendo un intervento relativo alla revisione delle attuali circoscrizioni provinciali; che l’annunciato processo di riordino e di semplificazione della Autonomie locali non porti ad una riduzione della democrazia rappresentativa degli interessi generali dei territori, a garanzia dell’autonomia politica ed istituzionale della Province Regionali, ribadendo la necessità di mantenere un sistema elettorale degli Organi di governo dell’Ente di 1° livello; perché un Consiglio Provinciale ed un Presidente della Provincia (tra l’altro eletto direttamente) è, al di là delle argomentazioni populistiche e demagogiche, sottoposto ad un controllo essenziale in democrazia, quello rappresentato dalla scadenza elettorale; la nomina di rappresentati in un Libero Consorzio di Comuni certamente no;

Infine viene chiesto agli Organi dell’Unione delle Province Siciliane di accelerare l’elaborazione concertata e ponderata di una specifica proposta di legge regionale, da fare approvare a non meno di tre Consigli Provinciali per il successivo inoltro all’A.R.S., che contempli i principi sopra enunciati ed il trasferimento alle Province Regionali di tutte quelle funzioni amministrative che, pur non richiedendo l’esercizio unitario dei Comuni o della Regione, sono in atto esercitate da una costosa e fallimentare pletora di enti, consorzi, autorità d’ambito che ruotano attorno alla dimensione provinciale.



La storia
 Con l’entrata in vigore dell’art. 23 del decreto legge n. 201 del 6/12/2011, convertito nella legge n. 214 del 22/12/2011, il legislatore statale ha inteso svuotare di funzioni e competenze le attuali Province, in attesa della programmata espunzione delle medesime dalla Carta Costituzionale attraverso l’approvazione del disegno di legge costituzionale a ciò finalizzato;
 Nel perseguire il temerario disegno, il legislatore statale chiama in correità anche le Regioni. Il comma 18 dell’art. 23 stabilisce infatti che le Regioni, con propria legge, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, pena l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato ai sensi dell’art. 8 della l. n. 131/2003.
 Neanche le Regioni a statuto speciale sembrano risparmiate dal fornire il proprio contributo. Il comma 20-bis dell’art. 23, aggiunto nella seconda versione del decreto-legge n. 201, così recita: “Le regioni a statuto speciale adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi da 14 a 20 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le medesime disposizioni non si applicano per le province autonome di Trento e Bolzano”
 a prescindere dai contenuti formalmente definitivi previsti dal citato art. 23 della cosiddetta manovra “Salva Italia”, ovvero dall’ipotesi più lontana del programmato percorso costituzionale, la nuova configurazione delle Province non trova immediata applicazione nelle Regioni a Statuto speciale come la Sicilia, che godono di una specifica autonomia legislativa in materia di ordinamento degli Enti locali;
 oggi la Provincia, rafforzata nelle funzioni istituzionali di carattere generale e ricompresa nell’elenco dei soggetti che costituiscono la Repubblica in base alla significativa formulazione del nuovo art. 114 della Costituzione, è sempre più da considerare come l’espressione istituzionale di una comunità legata ad un territorio di area vasta, destinata a rappresentare uno snodo essenziale rispetto sia ai Comuni che alla Regione; a) rispetto ai Comuni, perché può certamente svolgere a vario titolo una preziosa funzione tanto di supporto quanto di coordinamento, soprattutto dei piccoli Comuni; b) rispetto alla Regione, dall’altra parte, la Provincia è determinante per affrontare finalmente il problema del decentramento dell’Amministrazione Regionale, che sia lo Statuto Siciliano che la Costituzione immaginano essenzialmente come soggetto di legislazione, programmazione e coordinamento, più che di amministrazione attiva, e che invece nei fatti ha alimentato la progressiva costruzione di un apparato amministrativo spesso elefantiaco, burocraticamente simile al modello statale, cui si aggiunge una miriade di enti o società strumentali locali e regionali, con forte propensione all’accentramento;
 le Province d’Italia, hanno conosciuto negli ultimi 15 anni un processo di consolidamento amministrativo che ha origine dalla legge di riforma dell’ordinamento delle autonomie locali del 1990. Il percorso di crescita istituzionale è diventato evidente soprattutto con l’attuazione della legge n. 59/97, attraverso il trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato e dalle Regioni;
 tale ruolo ha trovato esplicito riconoscimento con la riforma costituzionale del 2001, che ha affermato la pari dignità costituzionale di Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato, quali elementi costitutivi della Repubblica, ed ha sancito una garanzia costituzionale all’autonomia degli Enti locali;
 nella nuova Costituzione le funzioni amministrative, in base al principio di sussidiarietà, sono generalmente attribuite agli enti locali, in primo luogo ai Comuni. Le funzioni amministrative, che non possono essere esercitate a livello puntuale dal singolo Comune, devono essere esercitate a livello di area vasta soprattutto dalle Province. Lo Stato e le Regioni esercitano, in primo luogo, funzioni legislative e dovrebbero perciò concentrarsi sui compiti di legislazione ed attribuire le funzioni amministrative a Comuni, Province e Città metropolitane;
 al di là dell’intero complesso di funzioni provinciali che assicurano lo sviluppo e la promozione del territorio dell’intero Paese, in sinergia soprattutto con la legislazione statale e regionale e con l’attività regionale, il disegno costituzionale, innovando alla pregressa legislazione – che si limitava alla mera <> – fa intravedere con chiarezza un ruolo sussidiario delle Province, rispetto ai Comuni, per il quale tutte le funzioni comunali – anche quelle più caratterizzanti – nei casi in cui questi enti presentano una naturale inadeguatezza o le funzioni medesime non sono a loro rapportabili, per il principio di differenziazione, possono essere assicurate ai cittadini sussidiariamente dall’azione della Provincia, la quale in una evenienza del genere, si deve considerare ente di prossimità, come quello francese, britannico, tedesco e spagnolo, dove Dipartimenti, Contee Kreise e Provincias hanno un ruolo costitutivo del sistema amministrativo generale, che ubbidisce alla formazione di un federalismo territorialmente responsabile, che si basa sulla collaborazione dei diversi livelli di governo, per garantire la diffusione del principio di democrazia e impedire, o – quanto meno – limitare, il proliferare di enti intermedi tra il Comune e la Provincia, dove più che altrove si realizzano sprechi e clientelismo;
 il livello di governo intermedio prevale ormai nel panorama europeo, essendo presente in tutti gli Stati dell’Unione Europea, sia nei Paesi come Francia, Germania e Inghilterra, dove vanta antiche tradizioni e non è mai stato messo in discussione, sia in Stati dove, dopo essere stato contestato, è uscito integro e rafforzato. Peraltro, le Province in Europa presentano caratteristiche di uniformità rispetto alle funzioni esercitate che attengono principalmente ai settori del Welfare, Istruzione, Sviluppo Economico, Ambiente, Viabilità, Urbanistica e Cultura”;
 intervenire sull’articolazione dello Stato a soli fini di risparmio può determinare effetti collaterali indesiderati e, soprattutto, rischia di sottovalutare i maggiori effetti benefici anche in termini di risparmio che possono provenire da una riorganizzazione della pubblica amministrazione che presti più attenzione all’efficacia e all’efficienza delle azioni e gestioni, valutando nel merito e da un punto di vista qualitativo l’utilità di certi enti;
 in questa prospettiva occorre quindi ridefinire in modo organico il ruolo delle Province Regionali, affinchè esse si concentrino sulle funzioni di governo di area vasta, di programmazione e di pianificazione territoriale e su quei compiti che non possono essere svolti adeguatamente né dal livello comunale né dal livello regionale;
 l’individuazione di un organo, o di un ente, per lo svolgimento di determinate funzioni dipende dalla scelta discrezionale del legislatore che, in un determinato contesto storico, decide di attribuire alcune competenze a Comuni e Province ovvero a formule alternative di enti pubblici;
 la legislazione sia nazionale che regionale degli ultimi anni ci ha offerto una serie di esempi che testimoniano una certa tendenza ad individuare nuovi modelli organizzativi prescindendo dalla precarietà di alcune autonomie locali con particolare riferimento al ruolo delle Province, preferendo, ad esempio, altri enti, come le Autorità d’ambito per la gestione del servizio idrico o per la gestione integrata dei rifiuti, alle quali gli enti locali sono obbligati a partecipare e che sono titolari delle competenze degli enti medesimi;
 il pacchetto di misure finanziarie approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 gennaio, meglio conosciuto come decreto legge sulle liberalizzazioni, contiene all’art. 26, rubricato “Promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali”, il principio della “dimensione provinciale” per la gestione ottimale dei servizi pubblici locali;
 il Governo della Regione Siciliana ha proposto all’Assemblea Regionale Siciliana uno specifico articolato di disposizioni finalizzate a trasformare le attuali Province Regionali in Liberi Consorzi di Comuni in attuazione all’art. 15 dello Statuto siciliano, eliminando gli attuali organi elettivi e trasferendo le attuali competenze in capo alle Province ai futuri Liberi Consorzi dei Comuni;

si evidenzia:
 l’art. 15 dello Statuto Siciliano, in particolare, al 1° comma così recita: “le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana”. Il 2° comma del medesimo articolo così dispone: “L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”;
 in riferimento all’Ente locale Provincia il legislatore siciliano ha dato attuazione al citato art. 15 dello Statuto attraverso la L.r. n. 9/86 che all’art. 3, comma 1, così recita: “L’amministrazione locale territoriale nella Regione siciliana è articolata, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto regionale, in comuni ed in liberi consorzi di comuni denominati “province regionali””. I restanti articoli individuano le modalità di istituzione della Provincia Regionale (art. 5), le funzioni fondamentali (artt. 4, 8, 9, 10, 12, 13 e 14), l’assetto organizzativo (artt. 22 e seguenti), gli assetti finanziari e patrimoniali (artt. 48, 51, 52 e 53);
 il medesimo legislatore siciliano all’art. 33 della L.r. n. 10/2000, nel disciplinare le funzioni e i compiti amministrativi della Provincia Regionale, ha introdotto il concetto di “area vasta” alla quale sovrintendere nel rispetto del principio di sussidiarietà: “La provincia regionale, oltre a quanto già specificamente previsto dalle leggi regionali, esercita le funzioni ed i compiti amministrativi di interesse provinciale qualora riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale, salvo quanto espressamente attribuito dalla legge regionale ad altri soggetti pubblici”;
 con l’art. 34 della L.r. n. 5/2005, il legislatore siciliano ha previsto anche per le Province Regionali la facoltà di consorziarsi al fine di usufruire del 5% delle risorse a ciò annualmente destinate per la gestione di politiche comuni d’interesse sovra provinciale;
 il legislatore regionale può (nell’ambito dei limiti lasciati dalla disposizioni costituzionali e statutarie), in presenza di esigenze di carattere generale, articolare diversamente i poteri dell’amministrazione locale, “con il limite della permanenza di almeno una sfera adeguata di funzioni” (Corte Cost. sent. n. 378/2000);
 con specifico riferimento alle Regioni ad autonomia speciale dotate di potestà legislativa primaria in tema di enti locali, la Corte Costituzionale ha affermato che una disposizione come quella di cui all’art. 5 della Costituzione certamente impegna la Repubblica “e anche quindi le Regioni ad autonomia speciale, a riconoscere ed a promuovere le autonomie”, ed ha anche aggiunto che le “leggi regionali possono regolare” l’autonomia degli enti locali, “ma non mai comprimere fino a negarla” (sent. n. 83/1997) e che, analogamente, si è ritenuto doveroso il “coinvolgimento degli enti locali infraregionali alle determinazioni regionali di ordinamento”, in considerazione “dell’originaria posizione di autonomia ad essi riconosciuta” (sent. n. 229/2001).