Giubileo 600 anni Proclamazione Madonna della Visitazione a Patrona di Enna. Omelia Card. Bagnasco e Vescovo Pennisi

Diocesi di Piazza Armerina. Lunedì, 2.7.2012 -Giubileo per i 600 anni della Madonna della Visitazione Patrona di Enna.
Omelia del Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo Metropolita di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana:

“Lo sguardo e la gioia della fede”
E’ motivo di vera gioia partecipare a questo momento di grazia per la città di Enna e l’intera Diocesi di Piazza Armerina. Saluto con stima fraterna il vostro Pastore, S.E. Mons. Michele Pennisi per il cordiale invito a partecipare allo storico Giubileo dei seicento anni da quando – era il 1412 – la Madonna della Visitazione è stata proclamata Signora e Patrona di Enna. L’antica città, che accolse la fede cristiana già nel primo secolo dopo Cristo, ben presto volle porsi sotto la protezione della Santa Vergine dedicando alla Madre di Dio un grande numero di chiese. Tale devozione nasce dall’intuito del popolo credente che, consapevole della centralità di Cristo Salvatore, vede nella Vergine Madre la via migliore per entrare nel mistero del Figlio di Dio, anticipando quell’adagio “ad Iesum per Mariam” che sarà tanto raccomandato dai Santi e dai Maestri delle anime. Ma vi è anche un altro motivo che ha ispirato e ispira la devozione alla Madonna in tutto il mondo cattolico: è il legame che ognuno sente con la propria mamma, legame filiale che non trova eccezioni né sente l’usura degli anni e delle culture. Non è forse questa la prima parola che ogni bambino pronuncia, e l’ultima quando ogni uomo ha ancora un barlume di coscienza? Sì è questa, noi lo sappiamo, e ne siamo felici e consolati. Il legame che la madre vive con il proprio figlio ancor prima del suo venire alla luce non può, né potrà mai avere eguali nella storia dell’umanità! Alla Madonna, dunque, – Madre di Dio e Madre nostra – va la nostra devozione di figli, il nostro amore grato. Oh, potessimo lasciarci sempre custodire da Lei, dal suo sguardo vigile e materno, guidare dalla sua parola dolce e sicura: la sua voce porta l’eco di Gesù, la luce delle sue parole. ChiediamoLe di essere figli docili, ascoltatori attenti, discepoli operosi del Figlio suo. Insieme alle pene e alle speranze dei nostri cuori, a tante persone care per cui preghiamo, non è forse questa la grazia delle grazie che anche quest’oggi vogliamo chiedere alla Santa Vergine?

Ma ora vogliamo fissare l’ attenzione sull’episodio della Visita di Maria alla cugina Elisabetta. Ogni anno la Liturgia lo ripropone, ma la Parola delle Scritture è un tesoro inesauribile. Troviamo un primo elemento sul quale riflettere. Maria ha appena ricevuto l’annuncio dell’Angelo – diventerà Madre del Figlio di Dio – e si è fidata. Incontriamo qui la fede della Madonna, fede che sarà il cuore dell’Anno che ci sta di fronte e che il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto per la Chiesa universale poiché – come ha più volte affermato – la questione più urgente della Chiesa è oggi la fede, la nostra fede di cristiani, la sua consapevolezza, la sua gioia. Come poter evangelizzare, annunciare la fede al mondo se viviamo una fede incoerente e tiepida? Chi potrà affascinare se appare languida e poco incisiva nella vita e nella società? Non si tratta – è ben chiaro – della bellezza di Cristo, sarebbe come dubitare della bontà del seme evangelico che viene sparso nel campo: è in causa la testimonianza della nostra gioia di essere credenti e figli della Chiesa. La Santa Vergine ci dà l’esempio: Ella si fida di Dio e affida a Lui la sua vita, e lo fa con gioia senza reticenze. Può capitare, invece, che ci si affidi a Gesù con riserva, sempre con atteggiamento critico, finché le cose sono chiare e condivise dalla nostra piccola mente e da un cuore che a volte è ristretto su di sé. Allora non può nascere la gioia, perché non c’è la totalità dell’abbandono.
Che cosa fa Maria dopo l’annuncio che le sconvolge la vita? Non si ripiega nel suo segreto, ma si mette sulla strada verso il villaggio di Enkarin, dove abita la cugina Elisabetta: anche lei attende un figlio, è anziana, può avere bisogno. E Maria parte. Ecco dove conduce la fede, alla carità, ad una attenzione nuova verso gli altri, che sa intuire i bisogni, che prende l’iniziativa, che si offre senza aspettare di essere cercata e richiesta. Maria va perché il suo cuore è colmo della presenza nuova di Dio del quale diventerà Madre: e, ponendosi sulla via dell’amore, la Madre diventa la prima discepola del Figlio. Ma forse vi è anche un ulteriore motivo: la Vergine sente il desiderio di condividere il segreto che l’ha da poco investita; sente il desiderio di condividere la sua gioia. Non è forse anche questo un atto d’amore? Condividere le gioie? A volte è più facile spartire i dolori e le ansie piuttosto che le gioie; i dolori creano compassione, le gioie possono suscitare invidie e gelosie. Chi poteva comprendere il mistero che aveva avvolto Maria di Nazaret se non Elisabetta? Le due Madri s’incontrano, si guardano con gli occhi della fede, si intuiscono, e i Figli si riconoscono! Allora il canto sgorga dal cuore di Maria e si riveste di parola: sono le parole antiche del Testamento che danno ali alla voce e corpo ai sentimenti, le parole dei Patriarchi e dei Profeti, dei Re e dei salmi: sono le parole di un popolo che è, nei secoli, diventato invocazione e attesa. L’attesa del Messia, del Liberatore, del misterioso Servo di Dio. E la giovane Vergine diventa Colei che, nello spazio di un cantico, rilegge i millenni, anticipa la vita di ogni credente e della storia umana. Il filo d’oro – quasi il motivo di fondo – è che Dio è vicino all’uomo, che non l’abbandona mai, che difende i piccoli: ha i suoi tempi e le sue vie, ma Egli arriva e interviene. La storia non è nelle mani dei potenti della terra come essi s’illudono, la violenza e l’ingiustizia non avranno l’ultima parola. Dio ha mostrato il suo braccio nel passato, per questo lo mostrerà ancora nel presente e nel futuro: Lui è fedele! Da qui sgorga la lode del magnificat, la gioia del credente di tutti i tempi, la non paura nonostante le prove e gli insuccessi: la fedeltà di Dio che è Amore ha vinto e vincerà, porterà la storia al suo compimento, il disegno di salvezza giungerà a pienezza, e cieli e terre nuove appariranno dove il peccato, la morte, il dolore non avranno cittadinanza.

Ma solo i piccoli riescono a vedere questo, solo agli umili è dato di scorgere sotto le apparenze contrarie il dito di Dio, la sua vicinanza: Dio si è rivestito di umiltà e di piccolezza, si è nascosto nel grembo verginale di Maria, nella grotta di Betlemme, nella vita semplice di Nazaret, nell’obbrobrio della passione: si è lasciato avvolgere dalla morte sulla croce. Ma è in questi nascondimenti che Egli mostra la sua potenza e la sua gloria, poiché essi rivelano la misura del suo amore per noi. Si nasconde nella sua Chiesa e nel sacramento dell’Eucaristia. Ma come faremo noi a riconoscerLo? Dobbiamo chiederGli gli occhi di Maria, gli occhi della fede. Ed è quanto vogliamo fare oggi, cari Amici. Chiedere insieme per noi e per le nostre comunità, per il nostro Paese, lo sguardo della fede che conduce a scoprire la verità di Dio e la verità dell’uomo, il senso del nostro vivere e morire. Che cosa vedremmo senza questo sguardo? Solo la superficie di noi stessi, degli altri, delle cose: e tutto diventa allora così illeggibile e insopportabile! Anche le soddisfazioni immediate – pur buone – sarebbero viste solamente nella loro breve fragilità e quindi nella loro insufficienza. Ma il cuore dell’uomo tende all’infinito, alla felicità, alla pienezza dell’amore e della vita. Ed è questa pienezza che invochiamo dalla Santa Vergine Maria, per noi e per tutti.

Per la solenne processione in onore della Santa Vergine della Visitazione, di cuore vi ringrazio per la vostra testimonianza, che commuove i cuori e fortifica la fede. La nostra umanità ha bisogno di esprimere i sentimenti dell’anima attraverso parole e gesti: ciò avviene nei rapporti umani, e così accade con il Signore, la Madonna, i Santi. Dio, infatti, si è fatto visibile assumendo la nostra carne mortale, ha condiviso la vita degli uomini, e ci ha lasciato la Chiesa e i sacramenti, le Scritture e i fratelli, perché potessimo, in un certo senso, “vedere e toccare” il Mistero che ci avvolge con la sua presenza d’amore. Egli, Cristo Gesù, è venuto ed è rimasto con noi perché nessuno si sentisse solo e abbandonato.

Come ogni anno anche oggi, nel cuore del Giubileo dei 600 anni della sua proclamazione a Patrona di Enna, abbiamo portato nelle nostre strade la cara immagine della Madonna. Forse, mentre portavamo lei, ci siamo lentamente accorti che – in realtà – siamo noi ad essere portati dalla Madre di Dio. E così è! Ella, ancora una volta, ha guardato le nostre case, testimoni silenziose di gioie, speranze e dolori; custodi discrete di tante solitudini. Ma, ci chiediamo, ci lasciamo, noi, portare veramente da lei? E guardiamo a lei? Rispondiamo al suo sguardo di Madre? Oppure siamo figli riottosi, che recalcitrano a lasciarsi guidare; figli troppo distratti, talmente presi dalle occupazioni quotidiane e da se stessi, da non aver animo e tempo di fissare il suo volto che vuol parlare al nostro cuore? Noi non vogliamo essere ingrati; non vogliamo che questa celebrazione, tanto solenne e significativa, finisca con il tramonto del giorno. Desideriamo che essa continui pur nella semplicità quotidiana dei nostri doveri, ma non per questo meno partecipe e profonda.

Ma come potrà continuare? Continuerà nei frutti spirituali di questa giornata di famiglia. La Madonna ci visita nelle forme care della Tradizione che si rinnova annualmente: ma ognuno di noi, la comunità cristiana, la città intera – memore e fedele ai suoi secolari impegni – vuole rinnovare non solo un affidamento personale e pubblico ma, insieme, un’ adesione interiore dell’anima, un afflato d’amore filiale alla Santa Vergine, un impegno rinnovato di fede cristiana, un’appartenenza fedele e generosa alla Chiesa, un servizio dedito e limpido alla costruzione di una società giusta. Sono atteggiamenti del cuore che potrebbero apparire fragili e di poco peso, quasi delle pie intenzioni tanto scontate quanto inefficaci, ma in realtà è dalle disposizioni dell’anima che nascono i comportamenti della vita. E’ da questi movimenti interiori che scaturiscono e si confermano propositi concreti e alti come la preghiera quotidiana, la vita sacramentale, l’ascolto assiduo delle Scritture, la partecipazione viva alla comunità cristiana, la testimonianza nel lavoro e in ogni ambito della vita sociale.

Città di Enna, alza lo sguardo e rinnova la fiducia e la tua fede: la Madonna, da seicento anni, ti visita con particolare affetto. Non dobbiamo temere: guardare a lei che è Madre, suscita un diverso modo di guardarci gli uni gli altri, ci fa scoprire che non solo siamo simili e prossimi, ma fratelli, che siamo dello stesso “sangue” di Dio, siamo famiglia in Gesù. E allora, tutto appare diverso: l’onestà e la giustizia, un modo più puro di amare e di stare insieme, un coraggio nuovo e un ardimento attivo per affrontare avversità antiche e nuove…tutto diventa possibile. Cari Amici, guardiamo alla Madonna, ci presenta Cristo, ci guarderemo in modo nuovo e più vero; saremo più capaci di guardare il futuro e di lottare per costruirlo insieme.

Saluto al Sindaco ed alla Città
Sono lieto per l’opportunità di questa mia visita a Enna in una circostanza tanto significativa per la Città e per la Diocesi. Ringrazio il Vescovo per il suo fraterno invito e ringrazio Lei, Sig. Sindaco, per le parole che mi ha gentilmente indirizzato a nome Suo e della Amministrazione.

Il Senato dell’allora Castrogiovanni, nel 1412, volle affidare il patronato della Città alla Madonna della Visitazione, e oggi siamo qui per ricordare quella decisione civile e popolare dopo seicento anni. Possiamo chiederci: quale significato aveva allora quel fatto e quale ne ha oggi dopo sei secoli in un contesto tanto cambiato? E’ solo un evento che celebriamo come un ricordo segnato da una certa nostalgia per tempi andati? E’ stato un atto pio ma ormai superato dalla sensibilità moderna? Ci sono stati dei frutti da quella decisione? E Oggi? Come si vede, diversi possono essere gli interrogativi quando celebriamo anniversari e ricorrenze, soprattutto se sono lontani nel tempo. Le domande non sono astratte o retoriche; ma toccano il nodo del rapporto tra fede e vita. In questo mio brevissimo intervento, in un contesto rappresentativo e in un luogo tanto simbolico per la vita sociale, desidero fare due considerazioni.

La prima riguarda strettamente il piano religioso. La fede cristiana non è un insieme di idee o di precetti morali, ma è innanzitutto un rapporto con la Persona di Cristo. E quindi è qualcosa di vivo, che immette in una rete di relazioni che hanno Dio al centro nel mistero della Sua Unità e Trinità, ma a cui fa corona una moltitudine di Angeli e Santi, di anime che vivono nella sua gloria e che – in una parola – chiamiamo Cielo. Tra queste creature splendide e splendenti, spicca la Vergine Maria, la grande Madre di Dio. La fede immette in questo mondo di armonia e bellezza, dove la verità e l’amore sono la stessa natura di Dio, datore di ogni bene. In questo orizzonte, sappiamo di non essere soli nel pellegrinaggio terreno, e sappiamo di poter contare su quell’aiuto di grazia che non risolve i nostri problemi in modo miracolistico, ma, molto di più, ci dona luce per fare le scelte giuste nei bivi della vita, e forza per percorrere la via del bene. Luce e forza di cui tutti sentiamo avere particolare bisogno perché ci sappiamo fragili e incerti per non sbagliare per noi e per la collettività. Per questo, le tradizioni religiose delle nostre comunità non sono mai superate nella loro sostanza, proprio perché espressione della fede viva del popolo cristiano.

Ma c’è una seconda considerazione che vorrei richiamare; e questa si pone su un piano più generale. Riguarda la cultura. Proprio perché la fede è rapporto con Dio in Cristo e riguarda l’uomo in tutte le sue espressioni, la fede genera cultura, cioè un modo di vivere che consegue ad un comune sentire attorno ai grandi quesiti dell’esistenza. La cultura se è vera, come la civiltà che ne è la traduzione più evidente, non nasce a tavolino in modo astratto come un parto solitario di alcune intelligenze che s’impongono alla massa; ma nasce da una visione della vita, dell’uomo, del mondo. In queste realtà molto concrete, si pongono in rilievo il momento del nascere e del morire: “In faccia alla morte – scrive il Concilio Vaticano II – l’enigma della condizione umana diventa sommo (…) Il germe dell’eternità che porta in sé, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte” (Gaudium et spes, 18). Le risposte ai grandi quesiti di Dio, del vivere e del morire, della famiglia e della sofferenza, del mondo e dell’eterno, ispirano diversamente il senso della realtà e quindi il modo di affrontare gli altri e le cose. Nascono culture diverse a seconda di un diverso approccio al Mistero che avvolge noi e il mondo. Ed è il comune sentire, l’humus diffuso, che genera quell’ethos che, se si frammenta, dissolve il senso di appartenenza ad una comunità e ad un popolo, ad una stessa Nazione. La difesa e la cura del senso religioso e della fede non appartiene, pertanto, solamente all’ambito dei diritti fondamentali, ma anche è alla radice di una rispettosa amministrazione della cosa pubblica. L’unità della vita sociale – a livello locale, nazionale, internazionale – non si crea solo con l’economia, ma innanzitutto con la cultura e, in questa, la dimensione religiosa è essenziale come bene per tutti.

Vi ringrazio per l’accoglienza cordiale: ricambio a Lei, Sig. Sindaco e ai Suoi collaboratori, all’intera Giunta, la serenità delle vostre famiglie e un lavoro proficuo a vantaggio del bene comune di questa Città e, di riflesso, di questa splendida Isola e del nostro amato Paese. Grazie.

Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana




Eminenza Reverendissima, Le porgo un cordiale benvenuto in questa Chiesa Madre di Enna e Le esprimo un sentito ringraziamento per essere in mezzo a noi, in occasione dell’anno giubilare mariano che ricorda il VI centenario dell’accoglienza della statua della Madonna della Visitazione patrona della città di Enna.
Quest’anno giubilare, caratterizzato da una serie di eventi di fede, tra i quali la benedizione del simulacro e delle corone del Bambino Gesù e di Maria SS. da parte del Santo Padre Benedetto XVI, ha fatto conoscere la fervente devozione mariana degli Ennesi al di là dei confini di questa città mariana, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale e del dr. Salvatore Martinez, presidente del Comitato scientifico.
La festa odierna costituisce uno dei momenti più espressivi della identità culturale e religiosa di questa città, caratterizzata da una serie di tradizioni religiose, grazie all’opera del clero sia diocesano che religioso e alla molte ed attive confraternite ed aggregazioni ecclesiali. I fedeli laici vedono in Maria Santissima Madre e immagine della Chiesa la prima cristiana che con la sua fede operante attraverso la carità è segno di consolazione e di sicura speranza e modello di santità per popolo di Dio in cammino verso la celeste Gerusalemme.
Essi, che esprimono il “modello mariano” della Chiesa con tutti i carismi di cui la arricchisce lo Spirito Santo, desiderano manifestare tramite Vostra Eminenza, al Santo Padre e al Collegio dei Vescovi che incarnano il “modello petrino”, la loro volontà di obbedienza, di comunione, di collaborazione e di corresponsabilità al servizio della diffusione del Regno di Dio.
La presenza del reliquario con il sangue del Beato Giovanni Paolo II, ce lo fa sentire oggi, presente con il suo sguardo paterno, in mezzo a noi.
Siamo grati a Papa Benedetto XVI che per la festa di oggi ha concesso la benedizione papale con annessa l’indulgenza plenaria e vogliamo a riaffermare il nostro affetto e la nostra devozione al Successore di Pietro.
Nell’assicurarLe il ricordo nella nostra preghiera Le diciamo grazie ancora Eminenza!

+Michele Pennisi Vescovo di Piazza Armerina