Sant’Antonio Abate del Fuoco, proteggi Troina dai fuochi d’artificio nel mese di luglio

Troina. Non si spegne – è proprio il caso di dire – la discussione innescata dall’incendio di vaste dimensioni provocato dall’imponente spettacolo pirotecnico nella tarda serata di domenica a conclusione della tradizionale festa in onore di sant’Antonio Abate, che per una singolare ironia della sorte è noto anche come sant’Antonio del Fuoco. Se ne parla nelle conversazioni tra amici nelle riunioni conviviali, tra gli avventori di bar, nei luoghi di lavoro durante le pause e naturalmente anche sulla rete. Il fatto che il governatore della confraternita sant’Antonio abate, Totuccio Lombardo, abbia chiesto pubblicamente scusa sulla rete “a quanti nella notte tra domenica e lunedì non hanno potuto dormire a causa dei nostri fuochi” la dice lunga sulle reazioni non proprio favorevoli della stragrande maggioranza dei troinesi ai fuochi d’artificio accesi nelle calde notti di luglio. Quello che è accaduto domenica notte, che ha rasentato la tragedia, non è un evento isolato. Nel 2010 è accaduto la stessa cosa, sempre per i fuochi d’artificio per la festa di sant’Antonio Abate. Allora un gruppo di cittadini chiese al Comune di impedire questi spettacoli pirotecnici durante il mese di luglio. Ma quella richiesta dei cittadini non sortì alcun effetto duraturo. E’ irresistibile la coazione a ripetere l’errore per istituzioni che devono tutelare l’interesse pubblico alla sicurezza dei cittadini e per la confraternita che organizza questi spettacoli in un mese dell’anno in cui per precauzione è meglio non accenderli questi fuochi d’artificio. Nessuno è contrario a che la confraternita di sant’Antonio festeggi il santo di cui porta il nome. E’ una festa organizzata magnificamente, che richiama molta gente. Ma sono in tanti a chiedersi se non sia meglio utilizzare in un altro modo i soldi che la confraternita spende per i fuochi d’artificio, che costano molto. Si potrebbero utilizzare per acquistare spettacoli musicali di maggior pregio oppure, come molti sostengono, si potrebbero destinare ad iniziative umanitarie in favore delle popolazioni dei paesi molto poveri dell’Africa o devolvere in beneficenza ai poveri del nostro paese. Siamo sicuri che sant’Antonio Abate preferisce la beneficenza ai giochi d’artificio. Non foss’altro per la scelta che Sant’Antonio, vissuto in Egitto tra la seconda metà del III seconda e la prima metà del IV secolo, fece di fuggire dal frastuono della città e di ritirarsi nel deserto della Tebaide dove pregare Dio in solitudine ed in silenzio. Nella biografia di sant’Antonio attribuita al vescovo Atanasio di Alessandria, contemporaneo del santo egiziano e suo amico, si narra che Sant’Antonio, figlio di agiati agricoltori, rimasto orfano in giovane età con un ricco patrimonio da amministrare ed una sorella da mantenere, dopo aver distribuito il suo patrimonio ai poveri e affidato sua sorella ad una comunità femminile, andò a fare l‘eremita nel deserto. Il parroco ed il vescovo, che hanno l’autorità morale per farlo, farebbero cosa buona e giusta se, ricordando a tutti chi era veramente sant’Antonio Abate, tentassero di orientare gli organizzatori dei festeggiamenti verso un uso delle risorse consono al messaggio cristiano del santo egiziano.

Silvano Privitera