In una giornata di settembre calda e assolata visita ad Aidone

Aidone. Cronaca di un gruppo di visitatori dell’Associazione Enna Nostra in “gita” a poco più di un anno del ritorno della Dea in terra aidonese. Questo il succinto racconto delle risultanze degli esperti dell’Associazione ennese:

Siamo arrivati ad Aidone in una giornata di settembre calda e assolata e siamo entrati nel Museo archeologico per vedere i tesori restituiti alla Sicilia dagli Stati Uniti d’America; alcuni di noi avevano già visitato il Museo sia negli anni ottanta, alla sua apertura curata dal prof. De Miro e dalla dott.ssa Fiorentini, che alla sua riapertura nel 2007.

Entrando nella Chiesa di S. Francesco abbiamo subito cercato il torso ligneo del  Cristo, opera di fra Umile da Petralia e la statua della Madonna di scuola gaginiana, ma al loro posto troneggiava un bancone dietro cui spuntavano i volti dei custodi, che ci chiesero subito di pagare il biglietto; un osservatore attento poteva anche scorgere dietro il bancone il Cristo, ancora più sofferente per la triste sorte che gli era toccata.

Alcuni di noi ricordavano la presenza, sotto il bancone della nuova biglietteria, di una botola da cui emanavano i miasmi non proprio salutari delle ossa conservate nella sottostante cripta.

Il bel trittico sull’altare maggiore della Chiesa è costantemente illuminato da luci, che a lungo andare potrebbero pregiudicarne la conservazione.

Sul pregevole pavimento del 1700 di produzione calatina senza alcun accorgimento per preservarli poggiavano file di sedie rosse.

Entrando nel corridoio cerchiamo alle pareti i pannelli didattici che fin dal 1984 raccontavano la storia di Morgantina e dei suoi scavi, ma non c’è più traccia.

Soltanto una fitta schiera di pithoi e giarre varie di cui non si conosce la provenienza.

Pazienza! Eravamo desiderosi di rivedere la sala della preistoria di Morgantina e gli innumerevoli contenitori e gli utensili ritrovati nella lunghissima capanna della Cittadella di cui era possibile ammirare le ricostruzione disegnata dalla Missione americana, ma, con nostra grande sorpresa, non c’era più nulla di quanto avevamo  visto in precedenza.

Siamo andati nella sala degli Acroliti (nella foto), che come sempre avvolti in una luce giallastra, schiudevano le labbra in un sorriso imperscrutabile; anche questa installazione di Marella Ferrera era stata corredata al momento dell’apertura della sua parte didascalica e il visitatore poteva avere notizie sul loro trafugamento e sul loro ritorno, avere informazioni sull’uso delle statue acrolitiche nel mondo greco e sul santuario extraurbano delle divinità ctonie di San Francesco Bisconti e i culti che vi venivano praticati, ora nulla più, le due enigmatiche statue restano mute e silenziose.

Una sala ibrida dove si intravvedono grandi vasi preistorici e vasi greci ospita nelle sue vetrine reperti provenienti dagli scavi del santuario di San Francesco Bisconti, insieme a busti femminili provenienti dai santuari ellenistici urbani di Serra Orlando, nessun pannello spiega la ragione di questa incredibile mistura ancora, un pout-pourri di busti femminili ellenistici da Serra Orlando sono esposti in una vetrina a fianco della Dea da Morgantina, che provenendo da San Francesco Bisconti  non riesce a comprendere il motivo della presenza accanto a lei di queste signore ellenistiche, che essendo lei vissuta nel V secolo non ha potuto certamente conoscere.

E anche nella sala della Dea solo uno striminzito pannello ne racconta la storia.

Le terme ellenistiche di Morgantina riccamente illustrate con pannelli e didascalie, di cui era stata realizzata la ricostruzione di un settore della sala circolare con le vasche in terracotta, che molti visitatori ancora ricordano, sono ora inserite in uno sterile discorso sui bagni nell’antichità.

Anche gli argenti della casa di Eupolemos sia quelli sacri agli dei, che quelli destinati al banchetto, che presto ritorneranno in America per quattro anni, avrebbero meritato di essere ospitati in una sala più ampia e sembrano sacrificati nelle due piccole sale poco illuminate, né lo spettatore esce dalla anguste sale illuminato dalla conoscenza della loro provenienza e del valore artistico degli stessi, dal momento che non sono corredate di apparati didattici.

Salendo al piano superiore si vedono alcuni materiali della vecchia sala preistorica rinchiusi in due piccole vetrine privi di qualsiasi spiegazione dei loro criteri espositivi e anche l’abitato della Cittadella con i suoi tempietti da cui provengono le vivaci antefisse esposte in una vetrina a parte per motivi ignoti e le necropoli sono esposti senza alcun rilievo e alcuna spiegazione sia pur sommaria. Come muto e avulso dal suo contesto di rinvenimento è il cratere di Euthymides, posto in una vetrina all’ingresso della sala Cittadella.

Nella sala di Serra Orlando le pareti scialbate e i tetti mal riparati e con evidenti tracce di umidità, i pavimenti rigati di nero, raccontano da soli lo stato di abbandono e la poca considerazione in cui è tenuto l’abitato di Morgantina, uno dei siti più belli e affascinanti della Sicilia, il visitatore che trova i pannelli illeggibili a Morgantina e che paga un cospicuo biglietto dovrebbe almeno avere il diritto di leggere la storia del sito, dei suoi edifici monumentali, dei numerosi piccoli santuari, delle case che sorgevano sulle due contrapposte colline che delimitavano lo spazio pubblico dell’agorà.

Ancora nella sala Serra Orlando si vede una stanca ripetizione di busti femminili dai santuari.

Manca anche una guida del Museo, che il visitatore chiede di potere acquistare e portare via; a parte una fantomatica guida edita dalla Soprintendenza di Enna, di cui al Museo si ignora l’esistenza.

Sembra di essere ritornati, con un balzo all’indietro di secoli, all’Ottocento, quando seguendo l’ideologia del Winckelmann, le esposizioni museali venivano realizzate secondo il gusto per il Bello e venivano studiati ed esposti nei Musei soltanto le opere che rispondevano a tale “gusto”, che venivano perciò sradicate dal loro contesto di rinvenimento.

Si parla poi tanto di richiamare e accogliere i turisti ad Aidone, ma con un Museo così e con un sito archeologico privo di manutenzione ordinaria, che cosa ci possiamo aspettare?.