Aidone: Settimana Santa

 

La Sicilia ha un ricco patrimonio di tradizioni religiose e folkloristiche che trovano il loro acme nel corso della settimana Santa e della Pasqua, quando fede e attaccamento alla tradizione si mescolano creando un’atmosfera affascinante e coinvolgente.

Questo è soprattutto vero per Aidone dove la popolazione ha dovuto combattere per mantenere e trasmettere i valori della propria tradizione. Gli aidonesi hanno difeso questa tradizione con le unghia e con i denti, anche quando si è cristallizzata in riti poco comprensibili. Quando nel 1960, per ordine del Vescovo, fu sospesa la Giunta, ci fu una rivolta popolare di cui tutti conservano memoria: coloro che ne furono riconosciuti gli istigatori si fecero qualche giorno di galera e la Giunta fu sospesa per più di dieci anni.

La Settimana Santa, che si apre con la Domenica delle Palme e si conclude con la Giunta di Pasqua, si svolge secondo una tradizione antica che nel tempo ha subito poche variazioni. Gli eventi celebrati si inseriscono a pieno titolo nel solco delle sacre rappresentazioni promosse dalla Chiesa, a seguito alla Controriforma, per riportare i cristiani alla fedeltà del messaggio evangelico. Protagonisti sono le sette confraternite, i Santoni, i lamentatori.

Il gruppo dei lamentatori in genere si compone di cinque o sei voci che eseguono i lamenti (i ddamint’), antichi canti in lingua siciliana, mentre accompagnano le processioni del precetto, della visita dei Sepolcri e del Venerdì Santo. Un solista intona la strofa ed il coro, a cui si aggiungono poi tutti i confratelli, intervengono rafforzando la nota finale.

I Santoni, veri protagonisti della Domenica delle Palme e della Giunta di Pasqua, sono statue gigantesche, alte tre metri circa e cave all’interno, che rappresentano i dodici apostoli. Sono senz’altro il retaggio della tradizione spagnola, infatti ancora oggi in alcune città dell’Andalusia sfilano nelle processioni della settimana santa. I nostri sono costituiti da un’intelaiatuta di legno che fa da busto, vestito da tunica e mantello dai colori sgargianti; gli acroliti della testa e delle mani sono di cartapesta. Oltre che dai colori degli abiti, ogni santone è contraddistinto dagli oggetti simbolici che porta in mano: San Pietro ha la tunica rossa, il mantello blu e nella destra porta un mazzo di chiavi, San Filippo ha la tunica gialla e il mantello blu, nella destra porta un libro, e così via. Tutti i santoni nella mano sinistra portano un mazzo di fiori, simboleggianti la primavera e la gioia che contraddistingue appunto la processione delle Palme e la Pasqua.

La Domenica delle Palme. La prima sacra rappresentazione del periodo pasquale è quella della Domenica delle Palme; da tutte le chiese si muovono i Santoni, a coppie, accompagnati dalle proprie confraternite; il raduno è verso le nove nella chiesetta dell’Annunziata, appena un oratorio dal momento che la chiesa è diroccata, ma strategica per tutte le funzioni della settimana santa. Da qui, benedette le palme, la processione, guidata dal parroco della chiesa Madre, si snoda per le vie del paese e si conclude alla Matrice; qui si svolge un rito antico e singolare. Le porte della chiesa sono serrate a simboleggiare Gerusalemme che si rifiuta di accogliere il Messia. Gli apostoli, i Santoni , a turno bussano senza risultato perché la porta resta chiusa; poi tentano di aprirla con la forza. I Santi entrano facendosi grandi inchini, per ultimo entra il parroco che simboleggia Gesù e che procede alla funzione solenne.

 
Le processioni penitenziali, il precetto, i “sepolcri”. La prima metà della Settimana Santa è caratterizzata dalle processioni penitenziali nel rispetto del precetto pasquale; dopo la confessione, i confratelli, accompagnati dalla banda e intonando i lamenti, si recano nella chiesa dove faranno la Comunione. Qui si celebra anche un momento di convivialità e solidarietà: vengono distribuite le “giamelle” (una specie di savoiardo tondo tipico di Aidone) e i biscotti di vino, tipici aidonesi a forma di galletti, che, in ricordo dei confratelli morti, si condividono anche con le vedove. Queste processioni culminano nella visita ai “Sepolcri”, gli altari che celebrano l’istituzione dell’Eucarestia, che le confraternite effettuano nella sera e nella notte del Giovedì e la mattina del Venerdì, accompagnati dalle musiche meste della banda e, dal canto dei lamentatori (purtroppo solo poche confraternite mantengono questa tradizione, tra loro quelle dell’Annunziata, di Sant’Anna, della Madonna delle Grazie). Fino a pochi anni fa, la sera del Mercoledì, si celebrava un rito molto suggestivo quanto incomprensibile (per capirne le ragioni bisognerebbe risalire alla storia fortunosa della statua del Cristo, appartenente alla confraternita dei Bianchi e da questi donata o venduta a quella dell’Annunziata) e contradditorio, U S’gnur’ a mucciun’. I confratelli dell’Annunziata, di nascosto e quasi al buio, trasferivano nella chiesa Madre, su una lettiga, il Cristo che custodiscono nel proprio oratorio e che poi sarà portato in processione il Venerdì. Una volta deposto su un ripiano presso l’altare centrale, le porte si aprivano ad una folla numerosa e commossa che rendeva omaggio al “Cristo morto” per molte ore della notte del mercoledì, naturalmente in aperta contraddizione con la cronologia della settimana santa e la “morte” celebrata il venerdì.

 

Venerdì: a scisa a crusg’ (la discesa dalla croce) e la processione notturna. Nella Chiesa Madre a partire dal pomeriggio si raduna gran parte della popolazione aidonese per assistere ai riti del venerdì santo che culminano con la deposizione dalla Croce (a Scisa a crusg’). Si celebrano i riti del Venerdì Santo davanti alla statua del Cristo (del Mercoledì) che, intanto, è stata inchiodata sulla croce. Quando si fa sera, in chiesa giunge la confraternita dell’Annunziata che, al suono triste dei lamenti e di una banda che esegue un repertorio molto mesto, porta la bara di vetro illuminata ed addobbata di fiori. A questo punto il rettore dell’Annunziata e qualche altro confratello, guidati dal celebrante, schiodano la statua dalla croce e la depongono nell’urna di vetro, tra la commozione generale. Da qui muove il suggestivo e frequentatissimo corteo notturno che, da qualche decennio, si è arricchito anche della presenza della statua dell’Addolorata, portata da alcune ragazze, e di figuranti che rappresentano le pie donne e due angeli.

Domenica: a Giunta d’ Pasqua.

Domenica verso mezzogiorno in piazza Filippo Cordova ha luogo una delle più suggestive sacre rappresentazioni, la Giunta, il ricongiungimento tra la Madre e il Figlio risorto. Protagonisti sono: le statue dell’Addolorata, coperta con il velo nero e quella del Cristo Risorto, portate da giovani vestiti di bianco, che vengono posizionate ai lati opposti della piazza, in modo che non si vedano; i dodici Santoni, i rappresentanti di tutte le confraternite e ad alcuni messaggeri con stendardi infiorati, tutti insieme si danno da fare per cercare Gesù e portarne notizia alla Madre; si assiste alle corse di San Pietro che, per tre volte (quante furono le negazioni), accompagnato dagli stendardi e da frotte di ragazzini, fa la spola tra la Madonna e Gesù. Alla fine di questo viaggio, Giovanni le va incontro per annunciargli che Cristo è risorto; la statua del Cristo viene mostrata e Pietro e Giovanni corrono verso la Madonna che già si avvicina al centro della piazza. A mezzogiorno in punto, in un tripudio di campane, mortaretti e “salti” dei Santoni, avviene l’incontro, a giunta; si fa saltare il velo nero alla Madonna e alle due statue si fanno fare inchini e si sollevano come fossero fuscelli. La festa si conclude con la processione, le due statue vengono portate insieme, la Madonna accompagna Gesù nella chiesa Madre e poi a sua volta viene accompagnata a Santa Maria La Cava, tutte le separazioni vengono sottolineate dagli inchini acrobatici dei santoni. La festa oggi si svolge tutta in piazza da mezzogiorno all’una circa, ma una volta i Santi partivano nella ricerca del Cristo già di buon mattino in giro per tutto il paese e spesso anche in campagna. Ovunque trovavano ristoro, soprattutto vino e biscotti, e quando, in modo particolare San Pietro, eccedevano nelle libagioni e si attardavano a dormire in qualche stalla, si restava in piazza per ore ad aspettarli; e poiché dovevano essere San Pietro e San Giovanni a portare la lieta novella a Maria, non si faceva la giunta finché questi non tornava o qualcuno non andava a prelevarlo.

La “Giunta” chiude la festa religiosa; il Lunedì dell’Angelo, ormai liberi dalla quaresima, ci si può lasciare andare al divertimento, alle scorpacciate di manicaretti vari e degli immancabili carciofi cotti nella brace, e alle abbondanti libagioni della Pasquetta.

 

Franca Ciantia

 
 I Canti della Settimana Santa by Pino Biondo
LI VINTIQUATTR’URA – (Le ventiquattro ore)
Rilevamento: 21.11.1997 – Esecuzione vocale: prima e seconda voce, Agatino Scalmato (anni 84) e Giuseppe Pittà (anni 82); prima voce e coro, Giuseppe Doria (anni 69); coro, Lorenzo Giusto (anni 65), Orazio Pugliesi (anni 71), Salvatore Vanadia (anni 69). I lamenti sono oggi eseguiti da una squadra di cantori provenienti da varie Confraternite. Il leader del gruppo Agatino Scalmato, claudicante, non può più seguire il gruppo durante la processione del Venerdì Santo, quindi è stato necessario effettuare la registrazione presso la chiesa di S. Anna. I lamenti un tempo erano eseguiti in campagna e anche nelle miniere, secondo la testimonianza di Scalmato e Doria, ex minatori della miniera di zolfo Baccarotto.
Oggi, si eseguono la sera del Giovedi in processione per un itinerario che li porta nelle varie chiese per l’adorazione, dopo la celebrazione eucaristica e la deposizione del SS. Sacramento, ed il Venerdì Santo. I testi verbali, qui di seguito trascritti, sono utilizzati anche a Piazza Armerina. Attualmente la confraternita del SS. Crocifisso, l’unica rimasta delle dodici, mantiene in vita la processione e i Lamenti del Venerdì Santo.

Chista è l’una di notti / e a notti semu
Facìa la cena e Giù / da ‘u Nazarenu.
Mentri chi Gesù la / cena cunzava
Giuda lu tradimentu / priparava.
È Gesù Cristu chi / tuttu sapiva
E la so morti ieva / avvicinannu.
A li dui li pedi/ ci lavanu
A li tri uri lu / cuminacàru.
A li quattr’uri lu / pridicaru
A li cinq’uri all’or / tu 1u scinnéru.
A li sei uri n’an / giulu calàu
ppi ‘unziàri u giùs/tu veru Diu.
A li sett’uri la / truppa arrivava
Gesuzzu al li so ma/nu s’arrinnéva.
A li ottu appi lu / corpo sfiatatu
a li novi canni fu / maluttrattatu.
A li deci ca di biancu / fu vistùtu.
A schernu lu pigghia /ru li giudeia.
All’unnici fu mi / su carceràtu.
A li dudici alla ca/sa di Pilatu.
A li tridici fu mi / su a na culònna
ccu na curùna di / spini pungenti.
Spini pungenti a li / mali fatturi,
fù ‘ncurunàtu a li quattordiciura.
A li quinnici di russu / fu vistùtu.
Ppi pazzu fù pigghiatu / e fariseu.
A li sidici a Gesù / o gran dulùri,
lu cunnannàru a morti li Giudei
E lu pigghiaru a li diciasett’uri
Gridannu “crucifissu” li Giudei.
A li diciottu lu / misiru ‘n cruci,
ppi la pena scuntàri di/ la morti.
Maria sutta lu pe / di la cruci
Chiancennu e lacrima/nnu Figghiu amàtu.
Pigghia stà scala ca / mè figghiu scinni,
quantu ci basu li / sò santi carni.
Mamma matruzza, non/ pozzu scinniri,
ppi figghiu iu vi las/su a San Giuvanni.
Prega a vint’uri lu / so Padri duci
Cà pirdunassi a tu/tti li nimici.
A li vintun’ura acq/ua dummannau
Ci dettiru feli e acitu / e trapassau.
A li vintidui la cosa / si scupria
Na lanciata ppi mortu / riviu
A li vintitrì lu corpu / santitau.
Lu lignu di la cruci / sa scinniu.
E semmu iunti a li / vintiquattruri
Dicemmu ‘n’avemaria / e ‘n patrinostru.
L’avemmu dittu / cu divuzioni
Dicemmu ‘n credu alla / morti e passioni.
Evviva di lu Carminu / Maria.

 
Le ventiquattro ore – Questa è l’una, e a notte siamo, prepara la cena Giuda il Nazareno. Mentre Gesù la cena preparava Giuda il tradimento progettava. Gesù Cristo, che tutto sapeva, si avvicinava alla sua morte. Alle due gli lavarono i piedi, alle tre ore gli somministrarono la comunione. Alle quattro ore lo predicarono alle cinque lo scesero nell’orto. Alle sei ore discese un angelo, per concepire in terra questo vero Dio. Alle sette ore la truppa arrivava e il dolce Gesù alle loro mani si arrendeva. Alle otto ebbe un colpo violento, alle nove fu maltratto. Alle dieci lo vestirono di bianco. In giro lo prendevano i giudei. Alle undici fu messo in carcere. Alle dodici alla casa di Pilato Alle tredici fu legato ad una colonna con una corona di spine appuntite. Spine pungenti alle persone cattive, fu incoronato alle quattordici. Alle quindici lo vestirono di rosso fu additato come pazzo e fariseo. Alle sedici a Gesù, oh gran dolore, lo condannarono a morte i Giudei. Lo presero alle diciassette ore, i giudei gridano: “Crocifisso”. Alle diciotto lo misero in croce, per scontare la pena di morte. Maria sotto il piede della croce, piangendo e lacrimando per l’amato figlio. Prendi quella scala affinché mio figlio scenda, così gli bacio le sue sante carni. Mamma mammina no, non posso scendere adesso.Per figlio vi lascio S. Giovanni. Alle venti ore prega il suo dolce Padre, che perdoni tutti i nemici. Alle ventuno ore chiese acqua gli diedero fiele, aceto e lo trapassarono. Alle ventidue la cosa si venne a sapere, un colpo di lancia lo ridusse morto. Alle ventitrè il corpo fu santificato. Dal legno della croce fu sceso. E siamo giunti alle ventiquattro ore, recitiamo un’Avemaria e un Padre Nostro. L’abbiamo recitato con devozione recitiamo un Credo per la morte e passione. Evviva Maria del Carmine.