UIL Enna: aumentano le imprese etiche

“A fronte di un calo del tasso di natalità delle imprese italiane, il numero di imprese “etniche” è, invece, in costante crescita. Oggi gli imprenditori immigrati sono in grado di fornire nuove tipologie di servizi e di estendere la varietà dei prodotti disponibili, anche sui mercati”. A dichiararlo è Santo Pane, segretario provinciale di categoria dell’Uil.
“Ma non è solo questo – evidenzia Pane – negli anni più recenti l’imprenditoria immigrata ha assunto in Sicilia ed anche ad Enna un ruolo sempre più rilevante dei processi di integrazione socio-economica degli stranieri nel nostro paese. Ad Enna le imprese straniere sono cresciute e alla fine di dicembre erano ben 662 con un incremento rispetto all’anno prima dell’1,36%. Le attività più frequenti sono commercio al dettaglio, lavori di costruzione specializzata, più indietro servizi di ristorazione e commercio all’ingrosso. Infatti, l’impresa etnica contribuisce e diviene un vero e proprio luogo di scambio e di interazione sociale, non solo economica. Lo sguardo sull’imprenditoria immigrata oggi è cambiato rispetto al passato. Tradizionalmente, infatti, venivano messe in evidenza le differenze tra imprenditori “nativi” e imprenditori immigrati (diverse motivazioni, differenti risorse disponibili, distanza nelle esperienze e nella cultura, ecc.), e le imprese etniche sono state spesso rappresentate come intrinsecamente “fragili”, per la discriminazione della società ospitante o perché esse operano in mercati protetti basati su stretti rapporti co-etnici”.
Per Santo Pane il fenomeno è più complesso. I nuovi modelli tendono a sottolineare l’eterogeneità delle soluzioni organizzative e produttive adottate dalle imprese etniche, all’immagine semplificata dell’impresa gestita da immigrati che ottiene un supporto essenziale dalle risorse fisiche, conoscitive e finanziarie specifiche della propria comunità di origine. Oggi si va sostituendo una visione in cui sono presenti numerosi modelli organizzativi e molteplici strategie di business. «Nel complesso – dichiara Santo Pane- emerge una rappresentazione dell’imprenditorialità immigrata più composita di quanto non appaia negli studi precedenti. Innanzitutto, l’impresa etnica non utilizza in modo esclusivo risorse della comunità di origine, ma appare in grado di accedere alle opportunità fornite dai mercati principali. Come accade per gli imprenditori italiani, la spinta alla costituzione dell’impresa è collegata al desiderio di autonomia e di indipendenza personale e di valorizzazione delle proprie competenze e attitudini. Inoltre, le motivazioni che vedono la scelta imprenditoriale come ripiego o come reazione alla condizione svantaggiata di immigrato sono presenti, ma non prevalenti».
Si è scelto di utilizzare il concetto di “ibridismo culturale” per descrivere le imprese gestite da soci di diverse nazionalità o in cui lavorano dipendenti provenienti da paesi differenti. Il risultato è che le imprese connotate da ibridismo culturale non sembrano mostrare strategie e comportamenti riconducibili alla fragilità e alla marginalità, anzi viceversa.