Grillo a Leonforte. Quando le proposte si perdono nei meandri del disfattismo

Leonforte. “Piazza Pulita” ha il diritto di riprenderci, noi quello di ricordargli con un cartello che l’Italia è al 57esimo posto nel mondo per libertà d’informazione e la responsabilità è anche loro”, l’invettiva di Grillo stavolta passa dal cartello riservato alle telecamere di “Piazza Pulita”. Per fortuna o purtroppo, di Grillo ce n’è uno solo e quanto a contenuti, di ben poco cambiano le sue tappe del “Tutti a casa” tour. Stessi argomenti, stesso livore che pone sull’altare un altro agnello sacrificale, il sistema mediatico. Il boicottaggio delle riprese televisive è stato il vero protagonista della piazza gremita, ieri sera (protagonista di oggi, probabilmente, gli arti superiori irrigiditi del supporter che ha trascorso il tempo ad occludere la telecamera, con il cartello opportunamente issato in alto. Grillo ordina, supporter esegue. Glieli avrà poi dati quei famosi dieci euro per la prestazione?). Non solo “Piazza Pulita” – nei panni del malcapitato cameraman che “ha scassato la minchia” – “le truppettine di La7, che è di Cairo, l’amico di Berlusconi, fatte da giovani sottopagati che cercano tra la gente quattro che odiano il Movimento e mandano in onda il servizio”. Stavolta – e a ragione – nel mirino del disfattista Beppe ci sono anche Lucia Annunziata e Andrea Vianello (ma non doveva sostenere il candidato locale Filippo La Legname, in corsa verso la carica di primo cittadino a Leonforte?). Della prima e della sua “dubbia” liaison con l’Eni, ne sono a conoscenza persino i molluschi e le alghe. Il secondo, reo di un non meglio specificato servilismo nei confronti di un regime composto dai soliti noti del vecchio sistema Piddì. E a proposito di Pd: “Sono trentacinque anni che qui non si muove nulla (ogni riferimento a Crisafulli e a voti di scambio non è casuale)”, questo “l’attacco” giusto per passare a Bersani: “non ha restituito 48 milioni di euro”, così come ha fatto orecchie da mercante sulla proposta di approntare una legge per l’incandidabilità di Berlusconi. Di lì alla trattativa Stato Mafia il passo è breve, coinvolgendo le intercettazioni di Napolitano, passando per una mini invettiva sul figlioccio, Enrico Letta. “I motivi per dire no al presidenzialismo sono il processo di Palermo, il Monte dei Paschi, il crac Parmalat”, insomma: la dirigenza del Pd non ne esce sicuramente indenne, colpevole inoltre di essere “compagna di merende” del Popolo della Libertà: “La fondazione Vedrò, fondata da Enrico Letta nel 2005, oltre a sponsor come i colossi del gioco d’azzardo Sisal e Lottomatica; per energia e ambiente abbiamo Enel, Eni, Edison; per i trasporti Autostrade per l’Italia e per il settore alimentare la Nestlé, ha anche esponenti del calibro di Angelino Alfano, il ministro dell’ambiente Andrea Orlando, quello delle infrastrutture Maurizio Lupi, il ministro dell’agricoltura Nunzia De Girolamo. Ancora Josefa Idem ministro delle pari opportunità e quello della salute, la Lorenzin, oltre a Matteo Renzi e nomi di spicco del giornalismo, mondo accademico e imprenditoriale”. Viste le cronache recenti che hanno colpito il Movimento stesso, doveroso spendere pure due paroline in merito, nella “patria” dell’ex “pupillo” Venturino: “Un povero attore fallito, che ha visto i soldi” e ha perso il lume della ragione. Accantonata la “pars destruens”, finalmente un obiettivo, anzi due: “Vogliamo la vigilanza Rai” e “Si andrà ad elezioni e saremo noi contro il Nano, vinceremo noi”. Peccato che, in mezzo alla denuncia urlata e al dito inquisitore sempre puntato, proposte lodevoli come social housing, SCEC, reddito di cittadinanza, nazionalizzazione dell’Ilva e tutela del made in Italy passino in secondo piano, accanto ai volti puliti dei candidati leonfortesi. A furia di urlare e denunciare si perdono di vista esempi positivi come l’Islanda, che la rivoluzione vera l’ha fatta in silenzio e senza clamori, facendo fallire le tre grandi banche responsabili della crisi.


Alessandra Maria