Valguarnera. Crisi “Giudice confezioni”: in ginocchio più di 110 famiglie

Valguarnera. Mentre per Giudice Spa, società posta già in liquidazione e Abival srl, in tutto oltre settanta dipendenti, scatterà a giorni la Cassa integrazione straordinaria, ancora in stand by la posizione di Abitificio Srl, una delle aziende della galassia Giudice. I sindacati Cgil-Cisl-Uil avevano chiesto per quest’ultima la Cassa integrazione in deroga, trattandosi di società di capitali e pur avendo meno di 15 dipendenti. La proprietà nella riunione di venerdì si è dimostrata disponibile, a condizione che vengano rinegoziate le quattro ore giornaliere non lavorate, relative al contratto di solidarietà, a carico del gruppo. E’ quanto ha comunicato uno dei titolari Giovanni Zuccalà. Una nuova riunione tra proprietà e sindacati per sciogliere il nodo, sarà effettuata entro fine luglio. Sulla grave situazione di crisi della Giudice, che ha messo in ginocchio più di 110 famiglie valguarneresi, interviene con una nota il management aziendale, accendendo una speranza: “Le famiglie proprietarie della società Giudice, industria confezioni in liquidazione, Abival e Abitificio- affermano- considerano il patrimonio di lavoratori, con i quali hanno condiviso l’esperienza del marchio Giudice, un bacino unico di risorse umane da preservare, pur nella gravità della crisi che ha investito le aziende e il comprensorio tessile di Valguarnera. La crisi/paese che sta colpendo in modo particolare il comprensorio tessile di Valguarnera ha diverse ragioni tutte indipendenti da scelte della proprietà”. Il management cita le origini del male: concorrenza globale con l’inondazione di prodotti a basso costo, provenienti da paesi ove non si rispettano neppure le più elementari norme di sicurezza; l’incontrollata concorrenza all’interno del mercato italiano che si svolge attraverso il lavoro a basso costo (perché in nero) delle fabbriche cinesi di abbigliamento allocate in Italia (a Teramo, ad Ascoli a Prato, in Val vibrata ecc); l’alto costo del lavoro e il peso fiscale. Di recente- recita la nota- anche un’endemica, incomprensibile e ingiustificata vertenzialità sindacale e individuale nei confronti di chi ha fatto della valorizzazione del capitale umano il proprio primo obiettivo. A tutto questo si è aggiunta, come ciliegina nella torta “avvelenata”, una insostenibile e implacabile stretta creditizia. “Le società di riferimento – affermano – hanno per anni e senza alcun ausilio pubblico, in piena autonomia imprenditoriale e con la dignità che ha dato solo lustro alla nostra terra – resistito; lo hanno fatto basandosi solo sulle proprie forze e sulle proprie scelte: innovazione di processo e di prodotto, abnegazione nel lavoro, spirito imprenditoriale, valorizzazione delle risorse umane. Il circolo vizioso di concorrenza sleale, assenza di interventi a difesa della produzione locale, alto costo del lavoro, insostenibile stretta creditizia, costringe, oggi, la proprietà ad assumere delle scelte che sino a qualche mese non avrebbe mai inteso prendere: ridimensionare drasticamente l’attività produttiva, procedere a ulteriori ristrutturazioni, con dolorosi ridimensionamenti occupazionali, e liquidazione di alcune delle aziende più prestigiose; si tratta di una scelta dolorosa per la proprietà e per tutte le famiglie dei lavoratori coinvolti”. Ma c’è sempre una speranza. “La speranza – concludono – è che ci si possa presentare, alla fine di questo lungo e buio tunnel, con un organismo rinvigorito per affrontare su nuove basi la ripresa produttiva se e quando essa dovesse presentarsi. Le società in oggetto hanno testa, cervello, cuore e braccia operative nel territorio di Valguarnera: lì sono piantate profonde radici e da lì si vuole ripartire se le condizioni lo consentiranno”.
Rino Caltagirone