Da quattro giorni Gagliano alle 5 del mattino si sveglia a suon di tamburo che annuncia la festa che sta per arrivare

Gagliano. Da quattro giorni Gagliano si sveglia a suon di tamburo. Alle 5 del mattino Giuseppe Catania comincia il solito giro per le vie del paese, annunciando la festa che sta per arrivare.
Nel silenzio della notte rimbomba, tra vicoli e stradine, il rullo del tamburo che desta gli animi ancora assonnati. Nelle calde sere d’estate si va a dormire a tarda ora ed essere svegliati – quando non è ancora l’alba – dal suono di questo antico strumento vibrante, potrebbe apparire fastidioso e inopportuno a chi non vive pienamente l’atmosfera della festa di San Cataldo. I gaglianesi amano questo momento di antica tradizione. Pare, infatti, che l’usanza risalga addirittura al 1598, come testimonia un antico documento dell’epoca. Negli anni si sono succeduti vari suonatori di tamburo, rimasti memorabili nella storia del paese. I più recenti, di cui si ha memoria, sono i signori Mariano, Francesco Artimagna e Giuseppe Stasi. Del vecchio tamburo di quest’ultimo si ricorda ancora il vibrante suono caratteristico. Da quindici anni, all’anziano signor Stasi è subentrato il giovane Giuseppe Catania, che sfoggia quest’anno un tamburo bordeaux nuovo di zecca. Il percorso è identico a quello che il 29 agosto mattina vedrà sfilare uomini, donne, bambini, cavalli e cavalieri con rami di alloro raccolti qualche giorno prima al bosco durante il pellegrinaggio.
Il suonatore di tamburo parte puntuale alle 5 del mattino dal Piano Puleo e, dopo aver percorso strade e viuzze al buio, alle 6 arriva in via Roma, per poi raggiungere, attraverso via Galleria, la chiesa madre, davanti alla quale l’annuncio mattutino si conclude alle 6,30, quando già i raggi del sole illuminano il paese. L’indomani mattina Giuseppe Catania sarà di nuovo pronto a ricominciare alla stessa ora, e così tutti i giorni, fino al 31 agosto, ultimo giorno di festa.
La tradizione del tamburo nasce nell’antica società contadina gaglianese, quando il suonatore di tamburo percorreva le vie cittadine per svegliare i contadini, esortandoli a recarsi in fretta nei campi così da tornare puntuali per l’ora della messa pomeridiana dedicata a San Cataldo. Le campane che annunciavano il “mese” (così viene chiamata la messa quotidiana celebrata in onore del santo), suonavano tre volte: la prima quando l’ombra della Rocca toccava la chiesa Sant’Agostino; la seconda quando si prolungava fino a via Monterillo; e la terza quando toccava contrada Milana. Prima della messa si recitava la coroncina con nove preghiere e la benedizione. Ecco come dietro l’apparente vacuità della tradizione del tamburo si nasconde la profonda religiosità di un’intera comunità.
Valentina La Ferrera