Dialetto e miracoli alla Pro Loco di Leonforte

Leonforte. E mentre fuori la merla imperversava nei locali della Pro Loco si teneva una lezione sul dialetto e l’appartenenza alla lingua. Il professore Nigrelli ha ricordato come il dialetto sia una forma espressiva immediata, quasi naturale incapace però di esistere al di fuori di se stessa e per meglio far comprendere questo dogma si è avvalso dei Civitoti in pretura di Martoglio, interpretati dalla professoressa Giovanna Maria per l’occasione “Cicca Stonchiti” Silenzio in scena: “ Io e i me cummari Pudda bella quazetta e Pudda cianciminestra, onorate e abitanti in via Mendicazziamari” e così la lezione è proseguita fra un “chi dici chistu?” e una azzardata traduzione dell’avvocato, frammezzata da un “talianu” maccheronico e abusato del cancelliere, così a me è parso di capire, si perché il dialetto di Martoglio poca cosa condivide con quello paesano e a questa riflessione il professore Nigrelli ci ha indotto, sottolineando il carattere indigeno della lingua dei padri. I padri però in quei modi e in quelle parole non ravvisarono il valore che oggi invece noi cerchiamo. La memoria e la tradizione nel vernacolo si annidano e aspettano solo di essere disvelate. A Martoglio e poi seguita una lettura del libro del professore Nigrelli “ A Brivatura”, testo ricco di personaggi e momenti di vita di “vanedda”. Sono tornati a vivere da quelle pagine mastro Cicco, venditore di filo, aghi per ogni uso e tubetti per colorare i vestiti. Cosa necessaria in caso di lutto in famiglia, le poche vesti da marroni diventavano nere e per lungo tempo avrebbero conservato quel colore perché era uso rispettare la morte con una penitenza d’abiti e di modi. La lezione che ha citato il Pitrè, Verga e Gentile si è conclusa con il “cuntu” della professoressa Maria che ha ricordato San Vrasi. San Biagio da noi inteso Vrasi era un semplice prete quando nella sua chiesa entrò una mamma disperata perché il suo bambino stava soffocando. Il prete illuminato da divina ispirazione prese allora due candele le incrociò e le poggiò sulla gola del fanciullo che di subito guarì. Da allora il curato assurse al grado di Santo protettore della gola e non mancò di miracolare il quinto principe di Leonforte che a lui da cultore delle scienze si rivolse, ottenendone giovamento.

Gabriella Grasso