Enna, Liberi Consorzi: sul documento dei Sindaci

Libero consorzio EnnaA seguito della varata riforma “rivoluzionaria” che l’ARS ha fatto sua qualche giorno addietro, ferve adesso in tutta l’isola il gioco della ricomposizione dei territori in funzione di questo o quel Vicario del regno… ebbene si, non è altro che questa, infine, la logica che presiede ai tentativi di individuare motivazioni più o meno forti, storiche, antropologiche o economiche a favore della definizione di contesti territoriali vasti.
La riforma doveva andare ad individuare i contorni quantitativi e funzionali dell’ente di area vasta, doveva superare la logica delle province e quella delle intendenze borboniche delle quali le province erano il portato storico. Oggi, invece, ci si avvia verso una riedizione delle stesse province private di alcune importanti competenze e gravate da una pesantissima assenza di trasferimenti quasi a consacrarne il destino miserrimo. Inoltre i consorzi verranno privati di quella importantissima fase di partecipazione che era la elezione diretta degli organi di governo. Condivido comunque la convinzione del Dr. Massimo Greco, già Presidente del Consiglio provinciale e valente studioso della materia, quanto sostiene che nonostante le caratteristiche negative e criticabili della legge varata adesso conviene lavorare con le regole da essa imposte piuttosto che rimanere a piangere sul latte versato.
Guardo allora a quali riferimenti si possano trovare alla composizione di un contenitore di area vasta che decida le sorti dell’interno dell’isola.
La riproposizione sic et simpliciter del territorio della ex Provincia Regionale di Enna mi appare veramente poco utile, non foss’altro per le dimensioni demografiche (e non territoriali) minime. Se da questa si dovesse correre alla composizione di un nuovo territorio lo stesso dovrebbe intanto chiarire una volta per tutte la precisa volontà di condividere il percorso da parte della comunità piazzese a Sud e nicosiana a Nord. Se la seconda appare nel complesso più accondiscendente la prima non accenna minimamente a sciogliere la riserva ed anzi vive quasi con attesa del giorno in cui si possa, costi quel che costi, sancire la tanto agognata separazione. Sciolto positivamente il quesito si potrebbe andare alla ricerca di nuovi partner, alcuni dei quali hanno già (nella persona dei sindaci) aperto la porta alla discussione, a Sud Mirabella Imbaccari, il cui centro urbano è letteralmente diviso con la vicina Piazza, San Cono, San Mivhele di Ganzaria e Raddusa. Ad Ovest Santa Caterina Villarmosa, già facente parte del territorio di Enna di cui fu filiazione feudale. A Nord la lunga serie dei comuni montani e costieri dei Nebrodi, Castel di Lucio, Tusa, Motta d’Affermo, Pettineo, Reitano, Mistretta, Santo Stefano, Caronia, Capizzi, Cesarò, San Teodoro. Questi condividono fortemente le istanze della gente del Nord della provincia e, in molti casi, vedono Nicosia come il centro di un’area omogenea ed socioeconomicamente coesa. Difficilissimo scindere la realtà capitina da quella nicosiana. La voglia di stare insieme, però, dovrebbe divenire così forte da abbattere qualsivoglia altro peso in senso contrario, penso alle lusinghe operate verso il “gioiello” Sperlinga dal momentaneamente potente comprensorio madonita, penso, ancora, al ruolo che la frequenza del Governatore sulla costa Nord potrebbe avere laddove, e non mi si venga a dire che così non è, lo stesso fosse messo in grado di tirare un calcio agli stinchi di quell’area ennese che, peraltro, egli avversa da Sud.
Nel documento dei Sindaci, che io condivido in gran parte, poco si sottolineano quelle scelte che hanno portato tutta l’area del centro nord dell’isola a questa crisi ed alla fuga di centinaia di migliaia di giovani verso le aree costiere o, peggio. Il passaggio sulla Nord Sud è ben poco rispetto alla negazione della rete ferroviaria, alla chiusura del comparto minerario alcalino, alla costante demolizione della rete stradale con negazione dei trasferimenti per a manutenzione e addirittura con l’abbandono di intere tratte stradali statali. I centri dell’area sono stati prima spopolati (provate così per gioco a calcolare quale fosse la popolazione residente nei comuni di cui si sta parlando alla data della creazione della provincia di Enna e poi a calcolare quella odierna) e poi, con la scusa della demografia minima, privati di quei servizi essenziali che soli possono consentire uno sviluppo socioeconomico minimale. Sono stati chiusi uffici pubblici, caserme, scuole, ospedali, servizi di assistenza, sedi delle società pubbliche e parapubbliche, fabbriche, distretti artigianali. L’elenco è talmente lungo che è quasi impossibile non dimenticare qualcosa.
In questi giorni, e mi astengo dal parlarne per non dilungarmi ulteriormente, il caso degli aiuti all’agricoltura: un governo regionale che dinanzi alla capacità di resistenza del comparto agricolo ennese, primo in Sicilia per PIL, intavola una contorta metodologia atta semplicemente a far pervenire altrove i danari europei. Colpo su colpo.
Non mi va di unirmi al coro di chi chiede cose nuove, siano esse grandi dighe, aeroporti o quant’atro, sia perché ho sempre la paura che simili opere finiscano per rimanere cattedrali nel deserto, sia, soprattutto, perché se una nota forte di questo territorio esiste, la nota è la integrità ambientale. Quest’area ha in se il meglio dei boschi dei Nebrodi e degli Erei, un contesto idrogeologico che è il motore liquido della Sicilia tutta, un patrimonio culturale che farebbe l’invidia di intere nazioni, è questo ciò su cui dobbiamo puntare. Qualche Sindaco lo ha già scelto come linea di programma e dichiarato, Armando Glorioso ne ha con lucidità encomiabile ha quasi vergato un manifesto della Sicilia interna sostenibile.
Si, è vero, scegliere la bassa centuripina per uno scalo aereoportuale che possa risolvere le criticità e le debolezze di Fontanarossa è una scelta teoricamente condivisibile, ma preferisco prima sapere di che vita far vivere ciò che al di là dei cancelli di quello scalo rimarrebbe.
Come concludere? Semplicemente con un invito alla politica, anzi alla Politica, quella con la maiuscola, quella capace di infuturare le scelte e di confrontarsi con chiunque per il bene della collettività, quella capace di esprimere una “idea di paese” che sia fondante per l’ente intermedio ma anche per le future scelte alla Regione ed in ogni possibile rappresentanza delle istanze.

Giuseppe Maria AmatoPresidente CEA Sicilia


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