Nicosia. Attende da anni un rimborso per imposte non dovute, ma l’Agenzia delle Entrate, come qualunque debitore, “temporeggia”.

tasseIl Fisco puntuale nel chiedere il dovuto, si comporta come qualunque normale debitore se deve restituire denaro: prende tempo secondo il vecchio detto “per pagare e per morire c’è sempre tempo”. Infatti quando lo Stato perde una causa come qualsiasi debitore procrastina il più possibile il doloroso momento del pagamento. A dimostrarlo è la vicenda, tra l’altro non isolata, di un cittadino nicosiano che, pur avendo vinto una serie di cause contro l’Agenzia delle Entrate, è stato costretto a rivolgersi alla Presidenza del consiglio dei Ministri per poter ottenere il pagamento del dovuto senza essere ancora una volta costretto a fare ricorso. Si tempo ne è passato tanto da quel lontano 1989, quando il contribuente paga alla riscossione tributi di Nicosia un importo di circa venti milioni di vecchie lire per l’imposta “Invim” che riteneva non dovuta ma che, per evitare il pignoramento ha pagato facendo buon viso a cattiva sorte. Non si rassegna, fa ricorso e nel 2007 la Cassazione finalmente riconosce le ragioni del nicosiano, assistito dall’avvocato Giuseppe Agozzino, e con sentenza ordina alla Commissione tributaria di Caltanissetta di applicare il principio di diritto stabilito dalla stessa Suprema Corte. La commissione tributaria di Caltanissetta conferma il diritto del contribuente a vedersi restituiti dall’Agenzia delle Entrate le imposte pagate e non dovute. Con sentenza del 2010, la commissione tributaria di Enna conferma le ragioni dell’utente, ma l’Agenzia delle Entrate propone ancora un appello che veniva rigettato dalla Commissione tributaria di Caltanissetta nel 2013. Quindi, dopo ben cinque giudizi tutti a lui favorevoli il contribuente sentendosi in una botte di ferro, batte cassa e chiede il pagamento all’Agenzia delle Entrate. Nel frattempo, essendosi diversificati i ruoli tra Agenzia e servizio riscossione, il ricorrente ottiene un pagamento parziale, ma ancora oggi attende il saldo della differenza. Inizia così una estenuante corrispondenza con l’Agenzia per ottenere in modo bonario il pagamento del residuo, pari ad alcune migliaia di euro. Esasperato dalla situazione di chi si ritrova dinanzi all’italico “scaricabarile”, l’uomo chiede l’intervento dell’allora direttore dell’Agenzia, Attilio Befera e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, utilizzando una legge del 2001, che ha istituito presso il dipartimento della Funzione Pubblica, un Ispettorato che ha come compito principale vigilare sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, operando su segnalazione di cittadini e imprese. In effetti l’Ispettorato è prontamente intervenuto, inviando una all’Agenzia delle Entrate e sollecitando di dare indicazioni al contribuente sui tempi per il pagamento. L’Agenzia delle Entrate di Roma, però, ha in serbo una “contromossa” e anziché ordinare il pagamento immediato al cittadino, scrive a sua volta alla direzione regionale di Palermo affinché “inviti l’Agenzia delle Entrate di Enna a valutare l’istanza e fornire risposta al contribuente”. Amaramente ironico e desolato il commento dell’avv. Agozzino. “Purtroppo si avvera la previsione del giurista tedesco Carl Schmitt, che negli anni ’30 del secolo scorso avvisava che saremmo passati dallo stato legislativo allo stato amministrativo, dove si eseguono solo comandi con indifferenza per il diritto e le sentenze dei giudici. Nei giorni scorsi ho richiesto un ulteriore intervento dell’Ispettorato governativo. Se avessimo ancora avuto a Nicosia l’Agenzia delle Entrate questo non sarebbe accaduto”.

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