Chiude il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nicosia

avvocati protestaA seguito della soppressione del tribunale di Nicosia, alla fine di dicembre chiuderà anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nicosia. Finisce così anche la lunga storia dell’organismo che ha rappresentato in questi anni l’avvocatura del circondario del tribunale di Nicosia, distintosi in questi ultimi otto anni, anche per il servizio di formazione e aggiornamento degli avvocati che ha visto succedersi a Nicosia autorevoli giuristi, del calibro di Giovanni Judica della Bocconi e Cesare Rimini, il più famoso matrimonialista d’Italia, solo per citarne alcuni. Nei giorni scorsi si è tenuto quello che forse è proprio l’ultimo degli incontri di formazione forense. Adesso, come stabilito dalla circolare del Ministero del 16 settembre scorso, “per gli Ordini corrispondenti ai tribunali soppressi non si dovrà procedere alle elezioni per il rinnovo degli organi consiliari. Dal 1 gennaio 2015, i professionisti iscritti a quella data presso gli albi degli Ordini circondariali soppressi devono ritenersi iscritti, ex lege, agli Ordini istituiti presso i Tribunali nel cui circondario e ricompreso il domicilio professionale degli stessi. Resta ferma naturalmente la facoltà degli stessi di stabilire il loro domicilio professionale in altra sede e richiedere quindi l’iscrizione all’albo di diverso Ordine circondariale”. Da questo “accorpamento d’ufficio” ad Enna anche degli avvocati oltre che del tribunale, è nata l’esigenza di verificare, prima del trasferimento d’ufficio ad Enna, per questo indigesto a molti avvocati, quanta potrebbe essere la parte di rappresentanza del foro di Nicosia nel consiglio ennese. L’iniziativa è stata promossa dall’avv. Giuseppe Falduzzi in una riunione che si è tenuta ieri alle 19 presso un ristorante di Nicosia. Gli esiti dell’incontro non sono noti ma la questione sollevata da Falduzzi non è solo quella delle ”poltrone” ma ha riflessi – sconosciuti a molti – di ben altro valore. Infatti, «con il decreto della “degiurisdizionalizzazione” convertito nella Legge 162/2014 – commenta l’avv. Giuseppe Agozzino dell’Unione Fori che proprio il 22 a Modica nel direttivo regionale tratterà della questione – , adesso vi è la possibilità che nelle cause civili pendenti che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale. Inoltre, nelle cause fino a 50.000 euro in materia di responsabilità extracontrattuale o aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, se del giudizio è parte una Pubblica Amministrazione, il consenso al trasferimento in sede arbitrale, si intende in ogni caso prestato, salvo dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta. Il punto è che se gli arbitri non li scelgono le parti, sono nominati dal Presidente del Consiglio dell’Ordine secondo un regolamento che dovrà emanare il Ministero. In mancanza del regolamento però, il presidente dell’Ordine dovrà tenere conto delle competenze professionali, del principio di rotazione, automatismi in grado di limitare gli spazi discrezionali». Il trasferimento delle cause dal tribunale alla sede arbitrale potrebbe avere successo, dati i tempi notevolmente inferiori per la sentenza rispetto al processo ordinario e, quindi, è prevedibile un ricorso massiccio a tale strumento da parte degli avvocati, in particolare quando controparte è un Comune per le cause fino a 50 mila euro.
Si capisce allora che l’iniziativa dell’avv. Falduzzi coglie nel segno, dato che la rappresentanza dell’avvocatura del Foro di Nicosia nel Consiglio dell’Ordine di Enna che sarà eletto a partire dal 1 gennaio 2015, è fondamentale perché la posta in gioco è alta: potere esercitare un adeguato controllo sul meccanismo di nomina degli arbitri che eviti qualsiasi forma involontaria di “favoritismo” agli avvocati ennesi, in considerazione anche dei compensi arbitrali. Per esempio, in un arbitrato con tre parti nella stessa posizione del valore di 50 mila euro, il compenso per l’arbitro può arrivare fino a 10 mila euro, importo che quasi nessun giudice liquida più in sentenza.


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