Diario di una morte annunciata. Condannato medico dell’ospedale di Leonforte per la morte della partoriente Gabriella Gallo

morte partorienteLeonforte. Si è chiuso un primo capitolo della vicenda giudiziaria per la morte di Gabriella Gallo. Giovane donna deceduta dopo un parto cesareo l’11 marzo del 2011.
La lunga attesa, potrebbe essere il sottotitolo ricavato dalle udienze di arringa degli avvocati di parte civile e di contro parte. Udienze scandite dalla ricostruzione delle interminabili ore, durante le quali ogni cosa si è fatta per impedire la salvezza di una giovane partoriente. L’ospedale Ferro/Branciforti/Capra è stato messo sotto accusa per carenze strutturali e i medici coinvolti, sei fra chirurghi, ginecologi e anestesisti ivi operanti da anni, per superficialità, incapacità della gestione dell’emergenza e mancata applicazione del protocollo medico universale.

Questo il diario che ha portato all’exitus:

Ore 17: dopo un esame di prassi il ginecologo, che da nove mesi segue la paziente, decide di approntare un intervento d’urgenza, che però si farà due ore dopo.

Ore 19: viene fatta l’incisione per estrarre il bambino. La situazione degenera immediatamente. Il taglio scatena infatti una emorragia dovuta alla placenta previa, chiaramente riconoscibile dall’esame ecografico precedentemente svolto. I tecnici del tribunale puntualmente e più volte ribadiscono nella loro relazione, che la placenta previa può rivelarsi accreta nei casi di precesarizzate, la signora in questione ne aveva subiti già due. Questi casi, altrove trattati con le dovute cautele, e le giuste attrezzature, si risolvono con la gioia di un nuovo nato e la salvezza della mamma. Questo non è uno di quei casi.

Ore: 20 e 20 entrano in sala operatoria i medici Muratore e Vitale, chiamati in soccorso dai ginecologi. Il dottore Muratore, a detta del suo avvocato, viene introdotto in sala operatoria “con un escamotage”. L’equipe ora composta da due anestesisti, tre ginecologi e un chirurgo si adopera per praticare una isterectomia.

Ore 21: si iniziano ad applicare diverse sacche di plasma non fresco. Il plasma non fresco è stato, a detta dei tecnici del tribunale, inefficiente e male infuso. L’ospedale all’inizio dell’intervento disponeva di una sola sacca di sangue per le emergenze (contro le due previste per legge) e non avendo una emoteca e un centro trasfusionale ha dovuto ricorrere al Chiello di Piazza Armerina. Cosa che ha allungato i tempi di attesa e dunque compromesso l’esito finale.

Ore: 22 e 30 terminato l’intervento si pensa di spostare la paziente, gravemente debilitata, presso un nosocomio attrezzato di rianimazione. Operazione che va fatta secondo il protocollo medico universale con il 118 e a inizio emergenza (ore 19). Cosa che verrà invece fatta tramite chiamate personali a ospedali variamente distribuiti sul territorio. Dai tabulati telefonici è emerso che Enna non è stata chiamata eppure Enna è munita e di rianimazione e di neonatologia, si poteva addirittura coinvolgere a inizio emergenza. La paziente verrà trasferita a Palermo alle 24 e 40 con un ambulanza costretta a percorrere strade che certo non aiutarono la stabilizzazione dei parametri

Ore 3 e 45: Gabriella Gallo donna di 34 anni e madre di tre bambini, l’ultimo dei quali partorito alle 19 di quell’11 marzo, muore.

Gli orari riportati sono stai desunti dalla confusa cartella clinica ritrovata in sala operatoria. A oggi ancora si pensa che se Gabriella Gallo fosse, sua sponte andata altrove, se avesse saputo, se avesse detto o fatto forse si sarebbe salvata. Gabriella Gallo fu per tutti e 9 mesi di gravidanza seguita da un medico ginecologo che al Ferro/Branciforti/Capra operava da anni, come i suoi colleghi coinvolti in questa vicenda. Gabriella Gallo si affidò, come tante altre donne, all’ospedale che la sua terra le offriva certa, come tante altre donne e uomini, che un ospedale salvi e curi, ma un ospedale è fatto di uomini e sono gli uomini che lo gestiscono assumendosene ogni responsabilità.
Il 15 dicembre del 2014 due dei sei medici coinvolti: i dottori Vitale e Muratore sono stati assolti e uno il dottore, Gelsomino condannato a un anno e quattro mesi.
Questo per ciò che riguarda il rito abbreviato, a breve dovrebbe concludersi pure l’ordinario.