L’unto di Matteo – Homo novus. Mattarella: ‘Buon lavoro, viva l’Italia’

quirinaleAll’ombra del Nazareno, appena in tempo per il weekend, domenica ci sono le partite, fra si, ni e poi vediamo è sorto il nuovo salvator d’Italia. Il dodicesimo uomo, “Renzi si rallegra” anagramma di Mattarella: cuore di Pertini, testa di Einaudi, regalità di Boldrini… no, no la Boldrini è donna dunque no, meglio regalità di Leone. Gli interna corporis pacificati si sono pronunciati, i mille più degni d’Italia hanno scelto: Razzi, Giovanardi, Gasparri, Scilipoti, Schifani, Calderoli, Ciampi, Brunetta, Monti, Minzolini, Napolitano neosenatore a vita, i sicari del Berluscon tradito e i bersaniani affratellati ai renziani tutti, tutti “ad oras”, hanno obbedito al Rottamatore, che ha inaugurato la terza Repubblica con un democristiano della prima. Sono finiti i giorni dell’attesa, che ci hanno mantenuto allegri nelle tediose settimane di avvento, l’epilogo è giunto: il Colle è preso. Nel Paese dei chinonsò, dei chiunque-purché-non, dei nazareni saputi e degli accordi segretati, ha trionfato il nuovo. Silvio da Cesano Boscone, al Renzi sinistrato, avrebbe urlato: “Ora sarà opposizione!” Alfano ci ha creduto e il Paese ha tremato. Popolo ecco a voi un altro mutaforme, l’ennesima replica: un Presidente condiviso, un garante, un uomo delle istituzioni e dall’alto profilo, dall’autorevolezza indiscutibile e dall’indiscutibile autonomia, soprattutto dalla gente che cerca nell’immondizia il pane quotidiano. Questo o quello per noi pari sono, tanto chiunque giunto al Colle subisce quel mutamento genetico che fece del Pertini, partigiano e impopolare, il Nonno più amato d’Italia; dell’austero Ciampi un amabile signore; dell’anonimo Napolitano il Re Giorgio e del muto Cossiga il Picconatore Implacabile. “Popolo ecco a voi il Presidente: L’uomo capace di poggiare l’orecchio sull’Italia che soffre, il Miracolatore. Ora tutto cambierà: la Crisi passerà, la Disoccupazione svanirà e la Giustizia trionferà. Magalli, Topo Gigio e pure Corona, hanno scritto quei burloni degli elettori, in attesa che il quorum si abbassasse. Naturalmente non è mancato il Papa, il Papa che ha una parola per chiunque: mamme, papà, zie, zii, cugini, nonni e dirimpettai e il Papa avrebbe anche potuto, se i garibaldini non avessero bucato Porta Pia: Manigoldi! In attesa che tutto cambi approfitto del mezzo per inoltrare al Santo Padre questa mia: “Caro Francesco all’elenco dei già nominati mancano solo i veri disgraziati. Oggi vanno molto i genitori scippati dei figli, non per dolo ma per indigenza. Molti di quei bimbi stanno in istituti religiosi, Tu ne sai niente? Non li senti piangere? Non senti chiamare mamma? Dovesse avanzarti tempo, fra un calcio un pugno e un anatema, potresti dire qualcosa pure di loro? A Te, qualcuno darà di certo ascolto, perché a loro non li ascolta proprio nessuno, neppure il Tuo buon Dio. Provassero con un altro, forse…

Gabriella Grasso

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Pillole dell’homo novus
Sergio Mattarella già abita sul Colle del Quirinale. Nella foresteria che è a disposizione dei giudici della Corte costituzionale. Osservando il palazzo dove andrà a risiedere il nuovo Capo dello Stato, la foresteria è sulla destra. Se davvero l’incarico toccherà a Mattarella, egli non dovrà che attraversare la strada. Meno di cento passi. Poi, lo accoglieranno i corazzieri sull’attenti. Il suo appartamento è spartano. Pieno di libri e faldoni, e molto caldo: un caldo simile a quello di un centro benessere, poiché Mattarella è assai freddoloso. Ha deciso di trasferirsi lì un anno fa, dopo la scomparsa della moglie Marisa. Parla con voce bassa, la grisaglia grigia d’estate e d’inverno, detesta le interviste e le telecamere, il rumore della politica e le polemiche: è nato a Palermo 73 anni fa — ancora adesso il suo soprannome è “Sergiuzzo” — ha tre figli (Laura, Francesco e Bernardo Giorgio, docente di Diritto amministrativo, responsabile dell’Ufficio legislativo del ministero della Pubblica amministrazione). Suo padre Bernardo fu ministro, deputato e potente democristiano in Sicilia. Il 6 gennaio del 1980, una domenica, la mafia uccide suo fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, che non voleva piegarsi alle regole di Cosa nostra. La sera del 26 luglio 1990 quando con un atto che il Cavaliere non ha mai dimenticato, Mattarella si dimette da ministro della Pubblica istruzione dopo che Giulio Andreotti, all’epoca premier, ha posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sancisce, definitivamente, l’esistenza delle tre reti televisive Fininvest (con lui si dimisero Martinazzoli, Fracanzani, Misasi e Mannino). E’ uno dei fondatori dell’Ulivo di Romano Prodi e, prima ancora, del Partito popolare. Nel 1993 lega il suo nome alla riforma della legge elettorale in chiave maggioritaria, nota — appunto — con l’appellativo Mattarellum . Con Massimo D’Alema a Palazzo Chigi è vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa. Dal 2011 è giudice costituzionale. Fuori dalle biografie ufficiali: non sa nuotare, una volta — quand’era direttore del Popolo — accettò di giocare con i suoi redattori a Risiko, è un buon intenditore di calcio e tifa Palermo (con una debolezza, sembra, per l’Inter). Nelle biografie ufficiali e non, Sergio Mattarella risulta avere un solo fratello: Pier Santi, l’ex presidente della Regione Sicilia assassinato a Palermo da Cosa Nostra il 6 gennaio 1980: in realtà il candidato del centrosinistra al Quirinale di fratello ne ha anche un altro. Si chiama Antonino ed è balzato agli onori delle cronache alla fine degli anni Novanta nell’ambito di un’inchiesta della procura di Venezia per riciclaggio di denaro sporco e associazione mafiosa. Procedimento poi archiviato nel 1996 per mancanza di prove. Le cronache dell’epoca consentono di ricostruire la vicenda. Secondo l’allora sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Andrea De Gasperis, citato dal Giornale di Sicilia del 18 ottobre 1999, Antonino Mattarella, insieme al commercialista trapanese «Giuseppe Ruggirello, avrebbe convogliato nella perla del Cadore (Cortina d’Ampezzo, ndr) un’ingente massa di soldi sporchi, riconvertendo in multiproprietà alcuni grandi alberghi». Il figlio di Sergio, Bernardo Giorgio, docente di Diritto amministrativo (all’università di Siena e alla Luiss di Roma), è capo dell’ufficio legislativo della Funzione pubblica al ministero della Pubblica amministrazione guidato da Marianna Madia. Quella Madia che è stata fidanzata con Giulio Napolitano, il figlio dell’ex presidente Giorgio.

Il bilancio di previsione del Colle prevede spese per 224 milioni nel 2015
Nel 2015 il Quirinale costerà ai contribuenti cinque volte di più dell’odiato finanziamento pubblico dei partiti, almeno quello di competenza dello stesso anno. “Particolari” incrementi di costo si concentrano sulla tenuta di Castelporziano, dove crescono le spese di assicurazione, locazione e gestione dei mezzi agricoli, gestione forestale e faunistica, interventi di valorizzazione e tutela ambientale.