Leonforte. Cronache tavachine

macchie di RorschachCosa sta succedendo a Leonforte? Il paese dei fossi! Indolenza, incuria e acrimonia sono diventati i sentimenti più comuni. Ci si lagna per ogni cosa: disservizi, sperpero di pubblico danaro, incomunicabilità fra amministratori e amministrati, mancanza di cestini o semplicemente sacchi per l’immondizia. Perché? Perché tanto odio? Ai singoli è demandato l’onere di fare, purchè a pagamento e allora? Vuoi associarti per rallegrare la collettività? Bravo, ma per farlo devi pagare, sennò i buchi di bilancio chi li risana? Le mulattiere, intese strade, stanno implodendo? Pazienza, accade ovunque e vuoi che non accada da noi? L’amministrazione è assente? Non da risposte e impone solo dazi incomprensibili? E’ la crisi! Crepato il vaso di Pandora vengono fuori strani spettri: nani, vecchie soubrette e pagliacci, che si dolgono mentre scagliano sassi con violenza. Ognuno ha la sua occasione quotidiana per sentirsi offeso e la usa come un’opportunità, specie su Facebook, dove tutti appaiono pronti per la beatificazione: vittime e mai carnefici. Qualche giorno fa un tale chiedeva: ma se siamo tutti bravi i “strunzi unni su?” Boh? Mi sembra che ci si indigni sempre più spesso a causa di qualcosa, per partito preso e non per una reale difficoltà. Ci si inalbera per i topi nella zona storica, per la carente illuminazione, per l’acqua che esonda dalle caditoie intasate, per l’immondizia, credo però che tutto questo celi altro. Indignarsi per qualcos’altro risulterebbe troppo banale e allora ci indisponiamo con la malapolitica. Le macchie di Rorschach del disagio sociale rivelano che nel cittadino sbraitante c’è in realtà il piacere di sapere che il diritto è stato violato, perché questo offre l’opportunità di scatenare la reazione. Per rimanere sullo stesso registro dei rabbiosi si potrebbe dire che la gente reagisce così violentemente perché è frustrata e fa una vita di merda. Gli ultimi anni sono stati difficilissimi per ciò che riguarda il diritto al lavoro, la redistribuzione delle risorse, il vivere civile e questo alimenta quell’intrinseco senso di ingiustizia che avvertiamo, come una forza oscura che ci schiaccia, ma che centra la politica in tutto questo? Poverini loro che possono fare se non lagnarsi a loro volta?
P.S.
Il titolo vuole essere un omaggio al caro Enzo Barbera, di cui ricorre in questi giorni l’anniversario della dipartita. Avresti riso di quanto sopra scritto Enzo? Forse no. Forse avresti abbassato gli occhi, a nascondere le lacrime per il tuo paese offeso.


Gabriella Grasso