Troina: presentato il libro “Svarìo senza bussola” di Bruno Branciforti

privitera brancifortiTroina. La presentazione del libro “Svarìo senza bussola” di Bruno Branciforti, organizzata dall’associazione culturale Antonio Gramsci, non è stata una rituale presentazione del libro di come se ne vedono e se ne sentono tante con il relatore che, seduto al tavolo assieme all’autore, parla del libro e gli altri si limitano ad ascoltare mentre l’autore se ne sta zitto per tutto il tempo della presentazione riservandosi un piccolo spazio per dire qualche parola di ringraziamento alla fine dell’evento. Non c‘è stata solo la presentazione del libro. E’ stato proietto il video di 22 minuti con immagini di paesaggi della Sicilia sui cui scorrevano brevi brani del libro e con la colonna sonora di 7 canzoni dei Beatles ed una dei Pink Floyd. Del libro “Svarìo senza bussola” di Bruno Branciforti, il chirurgo della mano che lavora nel policlinico G.B. Morgagni di Catania, se n’è parlato nell’aula magna dell’Iiss Ettore Majorana come in una conversazione tra amici che discutono di quello che è capitato ad uno di loro in una fase particolare della sua vita. E non poteva svolgersi altrimenti l’incontro con Bruno Branciforti perché il libro non tratta di tunnel carpale, ma di tunnel esistenziale. Il libro è il diario che il chirurgo catanese ha tenuto da agosto a dicembre del 1994, un anno mezzo dopo aver lasciato l’ospedale Santa Marta per cominciare una vita da libero professionista. Sono gli anni della sua affermazione professionale, ma sono anche gli anni di crisi esistenziali, di angoscia, di incomprensioni, di silenzi che si protraggono fino all’inizio del nuovo millennio. Le radici di quest’angoscia affondano nella famiglia. Sono gli anni in cui una colica epatica trasforma Branciforti, per alcuni giorni, da chirurgo a paziente da operare. Dopo l’operazione alla colecisti, Branciforti è assediato anche dall’angoscia e dall’ansia di non poter tornare ad essere capace di curare le persone che aspettavano la sua guarigione. Neppure il viaggio in Novergia con la moglie e i due figli, pensato per ricomporre un rapporto coniugale sfilacciato, si rivela risolutivo. Dall’esperienza di quel viaggio Branchiferi ha tratto la conclusione che non bisogna scappare da un posto per sperare di stare meglio in un altro e che non bisogna attraversare la vita camminando a caso senza una bussola. Una chiave di lettura essenziale per capire quest’angoscia è la lettera del 1993 indirizzata alla moglie, che per pudore Branciforti non le aveva inviato, ma che ha inserito nel libro. “Immergendosi nella natura, scrivendo e prendendosi cura dei pazienti, Branciforti combatte quest’angoscia, che si manifesta in un’epoca delle passioni tristi come quella in cui viviamo. Usando non la bussola ma la penna stilografica, con la quale gli piace scrivere, Branciforti ha forse vinto l’angoscia e continua il suo svarìo”, ha detto Silvano Privitera nel presentate il libro.




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