Leonforte. Bibliotecando: La pecora nera

la pecora nera«Il manicomio è un condominio di santi. So’ santi i poveri matti asini sotto le lenzuola cinesi, sudari di fabbricazione industriale, santa la suora che accanto alla lucetta sul comodino suo si illumina come un ex-voto. E il dottore è il più santo di tutti, è il capo dei santi, è Gesucristo». La Pecora Nera di e con Ascanio Celestini sarà il prossimo appuntamento con Bibliotecando, il 15 Maggio alle 18 e 30. La follia ha colpito parecchio la volta scorsa il pubblico di Bibliotecando e quindi di follia e di società continueremo a parlare anche questa volta perché ancora il limite fra normalità e pazzia non lo abbiamo trovato.
Nicola racconta in un tragicomico monologo i suoi 35 anni di «manicomio elettrico» mischiando realtà e fantasia, speranze e delusioni. Nicola è nato negli anni Sessanta «i favolosi anni Sessanta» e il suo mondo è fatto di cose e marche come il mondo di fuori:vorace, sempre più vorace e finto sempre più finto. Non si sa mai veramente se ridere o piangere ascoltandolo, ma non importa in questa compresenza di comico e tragico si ritrova incarnata tutta la tragedia moderna che nella solitudine affollata di tutti, tutti i giorni, azzera la volontà e il desiderio. Nicola è matto lo è da sempre perché è figlio di matti. Sua madre al manicomio morde le suorine e sua nonna scippa dal culo delle galline l’uovo mattutino e lo fa per comprarsi la compiacenza di dottori e di maestri. Nicola al manicomio ci entra da bambino e dal manicomio non uscirà mai più. Vessato dalla famiglia e dalla società preferisce l’antro manicomiale a una scuola classista e incapace di salvare i sommersi, meglio lasciarli annegare nella loro disperazione che rischiare di impantanarvisi. Dalla pièce “La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico” del 2005 Ascanio Celestini ha tratto prima un libro e poi un film presentato alle proiezioni lagunari con favore e commozione, soprattutto di pubblico e assai meno di critica. Se i matti di Simone Cristicchi sono punti di domanda senza frase, i pazzi di Celestini sono una fucina inesausta di frasi e logorree, filosofemi e parole a volontà: “Mia nonna è nata vecchia, è morta vecchia, e in mezzo è stata vecchia tutta la vita” e se Manfredonia in “Si può fare” raccontava Gigio, un matto o forse solo un ragazzo con le pulsioni dei suoi anni, Celestini con Nicola racconta “solo” la disperata drammaticità dell’amore. La follia è insomma quel misterioso territorio dell’anima che Pirandello aveva dichiarato zona franca dalle costrizioni e dalle meschinità del mondo gretto e ipocrita.

Gabriella Grasso