Leonforte. Chiesto l’appello per i medici per omicidio colposo per il caso Gabriella Gallo

morte partorienteÈ stato chiesto l’appello per i medici Muratore e Vitale dal PG di Caltanissetta, per il caso di omicidio colposo riguardante Gabriella Gallo, uccisa o meglio morta di malasanità l’11 marzo del 2011 dopo aver dato alla luce il terzo dei suoi figli. Malasanità certo, ma anche superficialità e disinteresse o forse desiderio di fare numero, al fine di valorizzare una struttura deficitaria e in crisi col preciso intento forse, chissà, di distinguersi dal gruppo dei camici bianchi per merito, coraggio e operosità. Questo emerge dall’ultima udienza tenutasi il 7 maggio a Enna. Il giudice La Placa ha voluto sentire il dottore Gelsomino, già condannato al primo grado di giudizio, come teste informato sui fatti. Il medico fra un rimorso e un “non lo auguro manco al mio peggior nemico” ha ricostruito i fatti dal suo punto di vista. Dal racconto è emerso: un intervento cesareo non programmato piuttosto urgente, ma non troppo. Il dottore Gelsomino ha ricordato una boccia di sangue di 2 litri riempitasi in un fiat “ho alzato gli occhi da terra e ho visto tutto quel sangue, tanto che l’infermiere Giunta mi chiesto ma è tutto sangue?” “Si” . Una emorragia copiosa e inarrestabile che ha portato la signora in pochissimo tempo allo stato comatoso, con valori vitali risicatissimi già nei primi minuti successivi all’estrazione del bambino. “Ho detto all’infermiere Giunta di correre di sotto a vedere se c’era sangue e al suo ritorno ho appreso che l’ospedale aveva solo una sacca di 0 negativo, universalmente compatibile anche se non proprio quello della signora. Dappresso se ne trovarono altre due di 0 positivo destinate ad altri pazienti e si usarono ugualmente, meglio che niente. In sala operatoria a detta del dottore Gelsomino il ginecologo Conoscenti cercava, invano, di tamponare il flusso di sangue, qualcuno pregava e qualche altro ma non si sa bene chi, chiamava e “sarebbe stato stupido non chiamare il 118, la prassi lo prevede” dai tabulati già deposti però non emerge alcuna chiamata al 118. “Lei conosceva l’anamnesi della paziente?” “ No, non conoscevo la paziente ma ho appreso che era una pluricesarizzata durante il colloquio di preparazione all’intervento” “era il primo cesareo?” “No ma di questo tipo si” “Chi l’assisteva?” “Ricordo due ginecologi e uno o due infermieri. Gli altri sono arrivati poi. Dopo” Dopo che un intervento chirurgico non programmato viene effettuato in orari non consoni e dunque privi del necessario personale e delle necessarie, necessarie per legge, sacche di sangue. Sulla urgenza dell’intervento in precedenza si è pure dubitato e comunque l’O.M.S prevede 90 minuti di tempo dall’accertata urgenza al necessario intervento. L’Umberto I di Enna, munito di sala di rianimazione e neonatologia e non consultato per il posto di rianimazione, dista da Leonforte 30 minuti. Avrebbe potuto la signora con il bimbo in grembo raggiungere il suddetto nosocomio? Certo, ma prima di essere tagliata nell’F.B.C non adeguato a supportare simili operazioni. Chi ha ordinato l’intervento d’urgenza era a conoscenza delle mancanze della struttura? E dello stato della signora? Avrebbe dovuto dato che ne seguiva la gestazione fin dall’inizio e in quella struttura operava già da tempo e allora? Allora perché?