Calascibetta. Ripulita, ad opera di alcuni cittadini, l’antichissima fonte ebraica ubicata di via Giudea

calascibetta fontana ebraicaCalascibetta. Ripulita, ad opera di alcuni cittadini xibetani, l’antichissima fonte ebraica ubicata in Via Giudea, nei pressi dell’Ufficio postale. Secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi di un Mikveh (manufatto dove gli ebrei, lavandosi le mani, si purificavano prima di entrare in sinagoga per la preghiera) situato in quello che un tempo fu il quartiere ebraico di Calascibetta. Monolitico, di colore ocra, il manufatto ha un diametro di metri 2,30 e una profondità di circa 50 centimetri. Sino allo scorso ventennio, la fonte era alimentata da una sorgente naturale e diversi contadini, non comprendendone l’importanza, l’utilizzavano per dissetare asini e cavalli, un tempo usati come mezzo di locomozione. Prosciugatasi la sorgente, il manufatto è stato lasciato, per diversi anni, nella totale incuria. Non fosse altro perché a non conoscere questa parte di storia di Calascibetta, non erano solamente gli agricoltori, bensì parte degli amministratori che si sono succeduti negli anni, i quali avrebbero dovuto preservare una manufatto che- secondo alcune ricerche- ci riporta indietro nel tempo di circa seicento anni. Solo di tanto in tanto, soprattutto a partire dagli anni 90′, la politica xibetana si è ricordata di quello che un tempo fu il quartiere ebraico. In questi giorni ci hanno invece pensato alcuni cittadini, gente comune, a ridare il giusto decoro sia alla fonte, che era stata ricoperta da calcinacci e sporcizia varia, sia all’area circostante, parte della quale infestata da erbacce. Mario Pappalardo, Marianna Grimaudo, Tino Greco, Angelo Tilaro, Gianluca Rosso, Claudio Cardillo e Pietro Spedale hanno deciso di adoperarsi rendendo decente un angolo di paese distante qualche decina di metri da dove un tempo sorgeva la sinagoga, trasformata dopo il 1492 in chiesa cristiana e successivamente destinata ad abitazione privata. La comunità ebraica fu presente nel territorio xibetano dal 1350 al 1492 in un’area, denominata la “collina dei greci”, situata fuori dalle mura della città medievale e lontana dai cristiani.

Francesco Librizzi