La Prefettura di Enna sarà abolita. Perché stupirsi?

La Prefettura di Enna sarà abolita. Perché stupirsi?
Vincenzo Cimino

enna bandiera prefetturaLa Prefettura di Enna, dopo 86 anni, fra non molto potrebbe chiudere i battenti, o meglio il possente portone del “Palazzu ‘u Governu”. Simbolicamente si sancisce la fine di un periodo con Enna capoluogo di buona parte del territorio della Sicilia Centrale, e perciò sede degli Uffici pubblici. E’ Storia di manco un secolo: nel 1929 eravamo con la vicina Caltanissetta la Sicilia delle zolfare e del latifondo agricolo a colture estensive. Uscimmo dall’isolamento e cambiammo in tutto. Decenni dopo ci fu l’illusione di una industrializzazione possibile con Pasquasia, Consorzio della Val Dittaino, aree artigianali e, per ultimo, i Patti Territoriali. Furono tempi d’inesorabile inviluppo economico e inaridimento territoriale, di debolezze strutturali e sfollamento dei Comuni con l’emigrazione.
Tuttavia, Enna cresceva con la dilatazione estrema dei servizi e della burocrazia statale e regionale. Apparati pubblici a dismisura con migliaia e migliaia d’addetti, fungaia d’imprese per il solo mercato locale (fa testo l’edilizia del cemento). I soldi giravano con decine di sportelli bancari e il reddito familiare dava benessere diffuso. Non mancavano le opere pubbliche più o meno utili e finanziamenti a pioggia. Il circuito economico era dannatamente semplice e perverso: Stato e Regione trasferivano miliardi del vecchio conio a palati – gli ennesi spendevano alimentando il commercio paesano, e in parte tesorizzavano riempendo le casse delle banche – queste chiudevano il cerchio spostando altrove ( Nord?) i nostri risparmi. Negli anni ’90 la Bolla di quest’economia fasulla si sgonfia inevitabilmente. Si comincia con la chiusura della miniera Pasquasia dai più di mille occupati, con il mancato decollo delle aziende della zona industriale, con la fine delle Sedi prov.li delle Banche . In sostanza, viene a mancare l’insediamento e la tenuta d’imprese che sanno competere nei mercati quantomeno reg.li e naz.li. Un fallimento storico che riguarda molti, dalla Politica ai Soggetti economici! Saltano pure Aziende, allora pubbliche, come Telecom ed Enel. E si tagliano a un tempo i rami del grande Albero dello Stato: la Banca d’Italia, la Ragioneria e altri. Questi sono i fatti che ci hanno visto distratti, e piccoli quando sono diventate pompe che drenavano il ruolo di Capoluogo. L’economia era uno stagno senza vite con lo Stato che si riordinava!

E noi? Pronti a vestire l’abito dei lamentusi in talune occasioni e a essere urbi in altre. Mai a pensare e a ragionare per il rilancio con nuova identità: quella di Capoluogo Ideale della Sicilia Interna attraverso alleanze territoriali (Erei, Nebrodi, Madonie?) e rotture dei superati e stupidi confini provinciali. Saremmo dovuti essere noi, almeno nel nuovo millennio, a rompere gli schemi di una Provincia che si ringrinziva di lustro in lustro per essere riconoscibile solo nelle carte geografiche. Perché, allora, sconcertarsi con dose di ripetuta ipocrisia se il Governo abolisce la Prefettura. Lo sappiamo tutti che ci stiamo mettendo fuori dalla Storia Futura per farsi riserva indiana in versione italiana. Che fare, se si vuol essere ragionevoli? Domanda da porre a coloro che si sentono classe dirigente. Una risposta, però, è propedeutica ad altre se si ha volontà di darle: dire, senza se e senza ma, che il territorio ennese 1929 non ha più senso perché Enna ricerca nuovi ruoli ed identità. Così, è una sfida agli ennesi e per gli ennesi. Due fattori possono fare da locomotive per un nuovo viaggio verso il futuro di questa Città.

Il primo è espresso dalla Kore, che s’è affermato come 4° Polo Universitario della Sicilia grazie al mondo politico ed istituzionale unito negli intenti e nell’azione. Anche se oggi è percorsa da venti freddi, resta una consolidata vittoria dei suoi protagonisti, a partire da Salerno, Andò e Galvagno. Con la coesione e i progetti si può arrivare ovunque. Dunque pure questo insegna la Kore.

Il secondo fattore è l’edificazione del Nuovo Consorzio dei Comuni della Sicilia Interna, senza spinte campaniliste ma con un realizzabile progetto che la stessa Università può elaborare con i suoi Istituti per darne una forte impronta scientifica e culturale. La legge regionale è rovinosa, ma può essere l’ultima opportunità, oppure ultima spiaggia.