Enna. Versante Nord, dissesto idrogeologico ha colpito e minaccia di colpire ancor più gravemente

enna franca caterina savoca1Il Sindaco Maurizio Di Pietro si appresta a chiedere lo stato di calamità per il gravissimo dissesto idrogeologico che ha colpito e che minaccia di colpire ancor più gravemente la città di Enna.
Di fatto il Sindaco dimostra di saper fare quello che chi lo aveva preceduto non aveva avuto, tempo, voglia, capacità di fare.
Che il versante Nord fosse interessato da questa gravissima situazione lo avevamo detto pubblicamente, peraltro alla presenza di diversi esponenti della passata giunta, a Janniscuro due estati fa, ribadire “lo avevamo detto” non ci piace, ma se solo qualcuno avesse provveduto seriamente a controllare lo stato delle parti più verticali, almeno di quelle, oggi forse non saremmo giunti a questo.

Proviamo a comprendere quel che pare stia accadendo:
Fermo restando che le montagne, da che mondo e mondo, si sgretolano e vanno giù a valle sino a scomparire, e che questo, che lo si voglia o no sarà il destino della nostra amata città, a noi sta il compito di frenare il meglio possibile la velocità del disfacimento.
In questo caso il versante di nord è interessato certamente da questo naturale fenomeno di erosione che, però, pare essere fortemente accentuato dalla esistenza stessa del Viale Savoca. Esso fu infatti costruito, e lo si vede in alcune foto d’epoca, mediante la realizzazione di terrapieni contenuti da opere in muratura a loro volta adagiate direttamente sulla roccia calcarenitica o marnosa della montagna.
Queste opere nel tempo sono diventate un vero e proprio serbatoio delle acque che hanno finito per saturare la parte sciolta, il riempimento del terrapieno, sino a causare il collasso della alta muratura di contenimento.

Più avanti, il fenomeno, appare ancora più complesso, infatti alla presenza in alto dei terrapieni del Viale si associa una mancata manutenzione dei versanti e un fortissimo scalzamento al piede provocato da quel tratto della cosiddetta panoramica che ha “grattato” e verticalizzato la pendice ennese sino a renderla praticamente verticale per diverse decine di metri di altezza e mettendo a nudo lo spesso strato marnoso la cui consistenza è notoriamente nulla una volta che la stessa marna viene esposta alle intemperie.

Di fatto sono proprio queste opere pubbliche che, andando verso una loro senescenza, creano un acuirsi dei degradi già insiti nella condizione naturale della montagna.

Se poi si aggiunge il completo abbandono del versante, un tempo riccamente terrazzato e luogo di feraci orti e frutteti, il quadro si chiude tragicamente.

La condizione del belvedere Marconi è la stessa del Viale Savoca anche se diverse parti del lungo viale terrazzato sono, a differenza del Savoca, poste in condizioni di ben minore acclività.
Nuovamente poco “sicura” è la situazione del Corso Sicilia, anch’esso più o meno realizzato con le stesse tecniche di aggetto su terrapieni.

A queste veloci e estremamente semplificate considerazioni si deve aggiungere che nessuno ha seria conoscenza delle condizioni in cui versa lo spesso tavolato calcarenitico che si stende sulla cima della città.
Immaginate di avere una sorta di torta con uno strato duro, “croccante” posto sulla parte superiore della torta ed uno gelatinoso sotto; se lo strato croccante viene bucherellato, appesantito, sollecitato, senza alcun dubbio crollerà ai lati della torta trascinando con se quel che c’è sotto.
Lo strato croccante è la roccia del plateau calcarenitico, non solo fratturata per natura ma anche condizionata da opere umane gran parte delle quali sconosciute. Ad esempio sotto il nostro duomo insiste una vasta opera di canalizzazione idrica che certamente fora l’intero spessore dello strato di calcarenite e poggia sulla testa dello strato marnoso.

Le soluzioni? Immediatamente quelle della Scienza, va fatto un approfonditissimo studio delle condizioni geologiche della parte alta della città e non come molte volte si è fatto, intercettando il primo studio di amici, ma coinvolgendo direttamente le “Autorità” scientifiche della disciplina, magari quello che era un tempo il Servizio Geologico nazionale e che oggi è l’ISPRA.

Certamente bisognerà intervenire per mettere in sicurezza l’area colpita, lì c’è gente che vive e lavora, e per rassicurare, laddove si possa farlo, gli abitanti delle rimanenti pendici, ma ogni operazione va fatta passando almeno questa volta da una scientifica e cosciente valutazione di quel che è il contesto sul quale si va ad operare.

Quindi, caro Sindaco, Legambiente è con Lei, con la celerità della Sua richiesta di Stato di calamità, ma è anche pronta a ricordarLe che esiste un metodo imprescindibile e che solo Lei potrà garantirci.
Infine un suggerimento, noi lo diciamo dal 1991, lo ripetiamo di nuovo, faccia della questione “pendici” la questione per eccellenza di questa città, parta dalla ricognizione di quel che su queste pendici esiste ed insiste, approfondisca questo strano mondo di “periferia centrale”, là dove sarà possibile, riporti la gente sulle pendici con orti urbani e sociali, vie pedonali, ripristino di vecchie opere, solo così ce ne usciremo senza venir giù.

Per Legambiente
Giuseppe Maria Amato