A Valguarnera l’accordo di intesa Islamic Arabic Center è un sogno da mille e una notte, una bufala o una possibilità di sviluppo

mario AlbertiL’accordo di intesa per la costituzione del King Salman Cultural and Architectural Islamic Arabic Center è un sogno da mille e una notte, una bufala o una possibilità di sviluppo locale per la comunità valguarnerese? Prendendo un po’ sul serio, ma non troppo, il protocollo firmato dai tre sindaci di Valguarnera, Piazza Armerina e Aidone, ne parliamo con il dr. Mario Alberti (nella foto) – ricercatore di metodi quantitativi per l’analisi dinamica dei sistemi e la costruzione di modelli previsionali presso un istituto sloveno, nonché valutatore ed esperto di fondi strutturali, politiche regionali e programmazione nella P.A. – autore di un recente studio sulle tendenze demografiche nel prossimo ventennio a Valguarnera con riferimento allo sviluppo socioeconomico locale.

Lo scorso anno – nel corso della presentazione del suo modello di previsione al convegno “Valguarnera tra passato e futuro. Storia, economia e tendenze demografiche locali”- è stata da Lei evidenziata la possibilità di agire sulla leva dell’ attrattività (di capitali, imprese e nuovi residenti) per correggere le tendenze al declino. Potrebbe dunque, l’Accordo di intesa per la costituzione del King Salman Cultural and Architectural Islamic Arabic Center” – sottoscritto da tre sindaci del nostro comprensorio con un rappresentate del Governo Saudita – dare un sostegno allo sviluppo del nostro territorio?

“Al di la della capacità di un ente locale a sottoscrivere accordi di intesa con un Governo appartenente ad uno Stato Estero, per la quale si rimanda all’art. 6 comma 3 della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge “La Loggia, richiedenti alle Regioni l’autorizzazione del Ministero degli Affari Esteri per accordi di sviluppo economico territoriale) –afferma Alberti- entrando nel merito degli intenti espressi dal Segretario Generale della Suprema Commissione per il Turismo del Governo dell’Arabia Saudita, c’è sicuramente da apprezzare l’interesse alla valorizzazione del retaggio di origine araba nel nostro territorio. Ma la nostra eredità culturale, come ben sappiamo, non è unicamente attribuibile al secolo di dominazione avuto a cavallo dell’anno mille. Nel corso di oltre venti secoli, antichi greci, romani, bizantini, normanni, svevi, angioini, aragonesi hanno abbondantemente contribuito a creare un variegato patrimonio etnico, storico, artistico monumentale, linguistico e culturale, forse unico al mondo. Parliamo dunque di un retaggio multiforme e variegato e pertanto – pensando a chi e cosa vogliamo attrarre sul nostro territorio – occorre in primo luogo avere chiara l’immagine che vogliamo dare di noi stessi a livello nazionale e internazionale. Mirare esclusivamente ad una sola parte del nostro retaggio ci priverebbe della possibilità futura di valorizzare una ricchezza unica e ineguagliabile”.

Quali conseguenze o mancate opportunità di sviluppo economico e sociale se “l’Accordo” fosse verosimilmente ratificato o, al contrario, definitivamente accantonato dalle autorità competenti?

“Da un punto di vista dell’analisi degli scenari di mutamento sociale- continua Alberti- essendo il nostro un territorio con una popolazione in declino; considerando gli obiettivi specifici del progetto delineato nell’Accordo e attinenti alla costruzione della grande Moschea e del Centro di promozione della Cultura Islamica; le nostre comunità potrebbero correre il rischio di essere fagocitate dalle moltitudini di fedeli e cultori – provenienti da tutta la Sicilia e nel futuro anche da oltremare – di un credo che nella versione wahabita sembra poco incline al dialogo interculturale e religioso. Quali ricadute anche sulla configurazione urbana dei centri abitati e la conservazione (e valorizzazione) del patrimonio storico-monumentale riferito ad altri culti, tradizioni e modelli di civilizzazione antecedenti o successivi alla dominazione araba? Con l’affermazione di un tale scenario, la gran parte delle attività economiche verrebbero svolte dalla popolazione appartenente al credo più diffuso, segnando la scomparsa della produzione di beni e servizi tipici delle società di tipo occidentale, Ma, per contrasto, perdere l‘occasione di valorizzazione del retaggio arabo nella Sicilia centrale comporterebbe anche la perdita della crescita economica legata alla promozione di flussi turistici richiedenti strutture ricettive di qualità. Occorre dunque mirare ad una ridefinizione degli obiettivi.”

Quali prospettive dunque per la nostra attrattività valorizzando ciò che resta del nostro passato?

“Gli accordi di sviluppo territoriale (tra Enti Locali e Istituzioni o imprese estere)- conclude- sono realizzabili con la logica del partenariato, cofinanziando il raggiungimento di obiettivi comuni attraverso la programmazione regionale e le istituzioni comunitarie. Allo scopo si richiede il dialogo e la reciproca comprensione tra le diverse culture del mediterraneo piuttosto che all’affermazione di un approccio “unico” su tutti gli altri. La visione federiciana (ossia quella del cosiddetto “Stupor Mundi”, successiva alla dominazione araba e centrata sull’integrazione multietnica e la sintesi tra diverse culture ) è quella che più si adatta alla valorizzazione del nostro retaggio e alla vocazione delle nostre comunità: aperte, cosmopolite ma anche depositarie di antichi culti pagani e radicate tradizioni cristiane.”

Rino Caltagirone