Enna. Sciopero generale delle poste

“Il piano di privatizzazione delle Poste Italiane sta provocando dei disservizi notevoli, specie nei piccoli centri ed addirittura sono diminuiti del 50 per cento il numero dei portalettere con la conseguenza che la posta viene distribuita ogni due-tre giorni e diminuiscono in maniera sostanziale i posti di lavoro perché l’azienda che gestisce Poste Italiane pensa solo al profitto, all’utile, dimenticando che il servizio postale è anche attività sociale, che è di vitale importanza per molte persone.
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In Sicilia questo restringimento operativo finirà con il taglio di centinaia di posti, quindi con un danno economico enorme. La situazione in provincia di Enna è ancora maggiore ed influenza notevolmente la realtà socio-economica del territorio ennese. Per la giornata di ieri chiusi gli uffici postali di tutta Italia, sciopero generale, promosso da Cgil, Cisl, Confsal, Failp e Ugl ed appuntamento a Palermo in piazza Alcide De Gasperi dove è la sede regionale dell’azienda. Ieri erano circa cinquecento gli scioperanti. “Già la riforma dei servizi, alla quale Poste Italiane ha dato il via quest’anno, significa mille occupati in meno, dai portalettere alla logistica” denuncia la Cisl. “La privatizzazione, se non bloccata dal Governo, finirà con l’essere il colpo di grazia perchè salteranno le attività poco redditizie: dagli uffici postali nei piccoli Comuni al recapito nei piccoli centri”. Insomma, la privatizzazione delle Poste, per Alfano segretario provinciale della Cisl, è “un’ipoteca pure sul diritto di cittadinanza”. Ci sono comuni della provincia di Enna come Assoro, Centuripe, Nissoria, tanto per citarne alcuni dove la distribuzione della posta avviene ogni due o tre giorni e molto spesso l’utente riceve comunicazioni e bollette da pagare già scadute con la conseguenza di subire anche dei danni consistenti. I sindacati hanno protestato anche per la “disorganizzazione per la quale assai spesso gli utenti ricevono la posta in ritardo, al clima di intimidazione che vige in azienda, con troppi procedimenti disciplinari”, “per i ritardi ingiustificati nella trasformazione da part time a full time di 1000 ragazzi, per le pesanti pressioni commerciali. E per l’inesistenza di un piano di sviluppo che sia davvero tale”.