Leonforte. Scacchi e Papi all’università popolare

scacchiLeonforte. Scacco matto è l’attacco al Re, che può però ancora defilarsi e vincere. All’università popolare, lunedì pomeriggio, si è parlato di Referendum, di fuga dai partiti e di scacchi. La lezione è cominciata infatti con una spiegazione dettagliata della scacchiera e dei pezzi ed è proseguita con una conversazione pregevole fra Gaetano Lo Grande, presidente dell’associazione scacchistica leonfortese, e il professore Salamone, appassionato giocatore. L’etimo del termine scacco matto è incerto; persiano, mutuato dall’arabo o dall’ebraico, nel senso di “abbandonato al proprio destino” e ancora più interessante è la storia della Regina. Si narra che la Regina o Donna in origine potesse muovere solo di una casella alla volta, in diagonale. Più tardi i quadrati divennero due alla volta e così è stato fino alla “Riconquista” in Spagna. La regina Isabella pretese che la Donna diventasse il pezzo più forte sulla scacchiera e così fu. Partite infinite fra potenze nemiche e aneddoti su Einstein e Lasker hanno divertito gli astanti per la prima parte della lezione. Il secondo momento ha invece interessato la scacchiera della storia, con il papato e la nascita dei comuni. Il professore Nigrelli ha continuato il percorso ecologico iniziato lunedì scorso per la comprensione dell’enciclica Laudato Sì. Siamo al tempo dei Papi e degli antipapi, di Formoso e di Stefano VI. Siamo al tempo del Sinodo del cadavere, noto anche come Concilio cadaverico. Il processo per sacrilegio istruito post mortem a carico di papa Formoso nel gennaio dell’897 per volontà di Stefano VI fu l’acmè di un modus operandi privo di scrupoli e ragioni etiche. Il cadavere di Formoso venne esumato, vestito dei paramenti pontifici e collocato su un trono nella basilica lateranense per “rispondere” di tutte le accuse che a suo tempo erano state avanzate da papa Giovanni VIII nel concilio del Pantheon del 19 aprile 876. A parte la generale decadenza dei costumi e della moralità, anche da parte delle più alte cariche ecclesiastiche, l’unica plausibile spiegazione per ciò può essere riscontrata nella procedura giudiziaria germanica, che nella celebrazione di un processo esigeva la presenza del corpus delicti, e che dunque consentiva, in situazioni estreme, anche la presenza di un cadavere.
La macabra adunanza si svolse con i cardinali e i vescovi riuniti sotto la presidenza di Stefano VI. Un diacono venne nominato per rispondere in vece del pontefice deceduto, e dopo un processo più simile ad una macabra messinscena, in cui lo stesso papa Stefano fungeva da accusatore. Il verdetto stabilì che Formoso era stato indegno del pontificato, e dunque venne ufficialmente deposto, tutti i suoi atti e le sue misure vennero annullati, e gli ordini da lui conferiti furono dichiarati non validi. Il cadavere straziato provocò però
un’ondata di indignazione così aspra che spinse il popolo alla vendetta per il misfatto compiuto. Papa Stefano ne subì direttamente le conseguenze: venne catturato, deposto e imprigionato a Castel Sant’Angelo, dove nell’ottobre dello stesso anno 897 venne ucciso per strangolamento. Nel dicembre, morto ormai papa Stefano, i resti di Formoso furono riconsegnati a papa Romano e di nuovo inumati nella basilica di San Pietro dal successore papa Teodoro II , che lo avrebbe posto tra le tombe degli apostoli con una pomposa cerimonia. Papa Giovanni IX annullò il processo contro Formoso e tutti gli atti relativi vennero dati alle fiamme. Inoltre i prelati costretti a partecipare a quell’episodio furono “perdonati” in quanto si riconobbe che la parte che essi avevano avuto nel processo era stata obbligata a seguito di minacce. San Francesco venne dopo questi fatti e da queste atmosfere volle prendere le distanze.

Gabriella Grasso