Migranti all’Università Popolare di Leonforte

Migranti all’Università Popolare di Leonforte
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…
…….Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.
Questo dei nostri padri scriveva l’America ante Trump. Questo pensiamo noi dei migranti oggi. Prendendo le mosse da questa sovrapposizione pregiudiziale e storica l’Università popolare lunedì ha discorso di migranti in arrivo in quel di Tavi. “E’ necessario che questo consesso culturale si interroghi e comprenda la necessità dell’accoglienza” ha detto la professoressa Maria mentre dell’esodo inarrestabile, che oggi occupa l’attenzione di tutti e dei suoi richiami storici, ha parlato il professore Nigrelli. Diradare le nebbie del preconcetto è il primo passo per l’integrazione. Auguriamoci di avere una classe dirigente capace di pianificare e organizzare il melting pot paesano così da evitare i noi vs loro in nome della cultura del “restiamo umani” e esorcizzare la paura del diverso. “Professorè ma lei chi sapi?” è stato domandato alla professoressa Maria. La gente ha bisogno di sapere lo sappiano i nostri condottieri.