Progetto “bosco etico” per mettere a reddito 4200 ettari di bosco di proprietà del comune di Troina sui Nebrodi

E’ molto efficace la metafora calcistica usata da Tano Grasso alla presentazione del progetto “Bosco etico” nell’aula consiliare a fare il punto della lotta ingaggiata dal Comune di Troina da un paio di anni per affrancare dal condizionamento della mafia dei pascoli quei suoi 4200 ettari di bosco sui Nebrodi. “Siamo in vantaggio alla fine del primo tempo, ora dobbiamo tenere e potenziare questo vantaggio anche nel secondo tempo per vincere la partita”. Fuor di metafora, la comunità troinese, con le sue istituzioni e grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura, si è riappropriata dei suoi boschi liberandola dalle grinfie della mafia dei pascoli usando come arma quello strumento semplice ed efficace inventato da presidente dell’Ente parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci: se tu allevatore non hai il certificato antimafia pulito, niente concessione in affitto di ettari di bosco per il pascolo del tuo bestiame. Adesso cosa ne facciamo di 4.200 ettari di bosco gestiti dall’azienda speciale silvo-pastorale? Un’idea Tano Grasso ce l’ha ed è quella alla quale ha lavorato Alice Grassi ed il suo gruppo di esperti trasformandola nel progetto del “bosco etico”, che ha la sua idea-forza nel turismo naturalistico. Ci vogliono risorse finanziarie che possono essere attinte dal Programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020 e da altre fonti di finanziamento. Sulla sana e corretta utilizzazione di queste risorse vigilerà l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), ha assicurato il suo presidente Gabriele Papa Gagliardini. Ma le risorse naturali da sole non bastano per innescare processi di sviluppo. Non è necessario aver studiato la teoria dello sviluppo economico di Joseph Schumpeter per capire che quel progetto “bosco etico” deve camminare sulle gambe di gente animata da spirito imprenditoriale e dal quell’atteggiamenti che gli esperti di sviluppo economico chiamano “need for achievement” (bisogno di realizzazione). Nel superare quel giro di boa di cui ha parlato Giuseppe Antoci in cui si ritrova adesso questo territorio nebrodense, c’è bisogno della presenza attiva di gente con spiccate attitudini imprenditoriali al rischio, che non è l’azzardo. Se si facesse un’analisi di punti di forza e dei punti di debolezza del territorio e delle opportunità e le minacce alle quali è esposto, la cosiddetta analisi swot, tra i punti di debolezza c’è questa scarsa attitudine imprenditoriale, che ha origini strutturali e culturali. Il progetto “bosco etico” insiste molto sul turismo naturalistico ed escursionistico. Ma si può puntare solo sul turismo per promuovere lo sviluppo? Non è peregrina e non è di ora questa domanda. L’ho sentita in diversi convegni e seminari sullo sviluppo delle zone interne marginali con un ricco patrimonio naturalistico. L’allevamento animale è l’asse portante dell’economia dei Nebrodi da cui non si può prescindere. Sono temi complessi quelli dello sviluppo locale delle arre interne marginali, che richiedono approfondimenti ed analisi che non possono essere fatte né nello spazio di un articolo di giornale on line né in un paio d’ore di presentazione di un progetto. E non può essere affidato all’azione di un singolo comune. L’azione di un singolo comune non ò molto efficace se non si collega con l’azione degli altri comuni Richiede anche tempi lunghi per vedere i suoi effetti. Mi piace ricordare l’aneddoto che ha raccontato il compianto prof. Mario Centorrino in un convegno sui Progetti integrati territoriali organizzato dall’Agenzia di sviluppo locale “Enna Sviluppo” di cui ero coordinatore provinciale. Un imperatore cinese chiamò un giorno il suo giardiniere e gli ordinò di piantare un albero di ciliege. Il giardiniere tentò di dissuadere l’imperatore spiegandogli che per crescere un albero di ciliege ci volevano 50 anni. Alle perplessità manifestategli dal suo giardiniere l’imperatore rispose:” Appunto dobbiamo piantarlo subito, perché poi ci vorranno 50 anni”.

Silvano Privitera