Piazza Armerina. Padre e figlio arrestati, nascondevano congegno micidiale, arma clandestina, realizzata artigianalmente, durante perquisizione si oppongono energicamente con minaccia e violenza

CORVAIA Francesco

Nel pomeriggio scorso gli uomini della Squadra Mobile – diretti dal Vice Questore Aggiunto dott. Gabriele Presti – e del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina – diretti dal Commissario Capo Vincenzo Sangiorgio – hanno arrestato due soggetti piazzesi, padre e figlio, CORVAIA Luigi, classe ’62 – con precedenti giudiziari e di polizia per reati contro il patrimonio e la persona, anche con sentenze passate in giudicato – e CORVAIA Francesco classe ’96, con pregiudizi di polizia poiché, in concorso tra loro, venivano colti nella flagranza dei seguenti reati:-

Art. 23, comma 3, L. 110 del 1975, in quanto trovata in loro possesso e nella immediata disponibilità, un congegno micidiale, un’arma clandestina, costituita da più tubi di acciaio, tra loro interposti e lavorati, idonei a costituire un’arma da fuoco, ed in particolare ad esplodere cartucce calibro 12;
Art. 1 e 2, l. 895/67, in quanto in quanto trovati nella disponibilità di munizionamento da guerra, ed in particolare una cartuccia cal. 7,62 nato;
Art. 697 c.p., in quanto in quanto trovati nella disponibilità di munizionamento per arma comune da sparo;
Art. 336 c.p., in quanto minacciavano i PPP.UU. intervenuti presso il fondo nella loro disponibilità per ivi effettuare una perquisizione ai sensi dell’art. 41 T.U.L.P.S., al fine di impedire loro l’esecuzione dell’atto;

CORVAIA Luigi

ed inoltre, il CORVAIA Luigi, altresì, anche del reato di cui all’art. 337 c.p., in quanto durante l’espletamento dell’attività, spingeva uno dei PP.UU., colpendolo con un pugno all’addome, nonché, sempre al fine di allontanarlo, colpiva il medesimo P.U. al viso con un telefono cellulare tenuto in mano;

I FATTI

In particolare nel pomeriggio i poliziotti dei due Uffici investigativi procedenti si recavano presso il fondo, con annessa abitazione, nella disponibilità dei congiunti CORVAIA, ubicato in Piazza Armerina in una contrada periferica, al fine di effettuare una perquisizione domiciliare alla ricerca di armi e materiali esplodenti, ai sensi dell’art. 41 T.U.L.P.S. . All’arrivo dei poliziotti, gli odierni arrestati si opponevano alla loro attività, minacciandoli ripetutamente e persino spintonando alcuni di essi, nel tentativo di non far accedere gli agenti all’interno dei luoghi da perquisire.
Vinta la resistenza di padre e figlio, la perquisizione permetteva di rinvenire all’interno della abitazione la presenza di “un congegno micidiale” costituito costituita da più tubi di acciaio, tra loro interposti e lavorati, idonei a costituire un’arma da fuoco, ed in particolare ad esplodere cartucce calibro 12. Nel prosieguo della perquisizione i poliziotti rinvenivano una cartuccia del tipo a “bottiglia”, cal. 7.62 Nato, e successivamente altre due cartucce cal. 12.

-Per tutto quanto sopra rappresentato, i poliziotti erei ed armerini, nella considerazione:

a)-della gravità dei fatti che si desume dalla tipologia del congegno da fuoco rinvenuto;
c)-della personalità dei citati personaggi, la cui pericolosità si desume dai loro pregiudizi penali e di Polizia, CORVAIA Luigi infatti risulta condannato nel 2010 per minaccia (art.612 c.p.); nel 2008 condannato ai sensi dell’art. 3 bis della legge 575/65 in materia di disposizioni contro la mafia; nel 2006 condannato per tentato omicidio doloso (art. 575 c.p.) e per porto di armi od oggetti atti ad offendere ex art. 4 L. 110/75; nel 1980 condannato per il reato di rissa (art. 588 c.p.), oltre ai numerosi altri precedenti di Polizia per reati contro la P.A. e contro la persona, anche recenti; il figlio Francesco negli ultimi anni deferito per reati contro il patrimonio e la persona;
d)-della condotta tenuta dai medesimi CORVAIA Luigi e CORVAIA Francesco, nei confronti dei PP.UU. immediatamente prima e durante l’intervento di P.G.;

dichiaravano in arresto il CORVAIA Francesco ed il CORVAIA Luigi.

I due congiunti, dopo gli adempimenti di rito, venivano collocati agli arresti domiciliari come disposto dall’A.G. procedente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna, che coordina le indagini nella persona del Sostituto Procuratore dott. Francesco Rio.