Ministro c’è tanta gente che è arrabbiata con il PD, intervista al Ministro Orlando

A Pisa, subito dopo la convenzione nazionale del Partito Democratico che ha sancito le tre candidature alla segreteria del PD alle primarie,il 9 aprile  abbiamo incontrato il ministro della giustizia Andrea Orlando.

Ministro, è proprio necessario un cambiamento di rotta del PD? “Direi di sì. Abbiamo creduto, dopo il 40 per cento delle Europee, di poter fare da soli dimenticando che in quello stesso giorno abbiamo perso una città simbolo della sinistra italiana, come Livorno. E questo è accaduto proprio perché, se litighi con tutti, alla fine tutti si mettono insieme contro di te e ti fanno un mazzo così”.

Molti giovani avevano posto grande speranza nel Partito Democratico ma in tanti sono rimasti delusi. Perché? “E’ vero, la grande speranza posta nella politica del Partito Democratico alla fine è diventata un tappo per le nuove generazioni che non si sono visti inclusi in un processo di rinnovamento reale”.

Quindi alla fine quella rottamazione tanto decantata… “La rottamazione non è stato altra che togliere le prime file per far fare un passo avanti alle seconde. I meccanismi sostanzialmente sono rimasti sempre gli stessi. Dovevamo costruire la politica del nuovo millennio e invece abbiamo ricostruito i meccanismi che precedevano la politica nell’800. Notabili che passano da una parte politica all’altra, pacchetti di consenso che possono essere portati ovunque. Insomma, trasformismo che è poi la malattia più antica della democrazia italiana”.

Recentemente si è votato in tutti i circoli del PD e come sempre non mancano mai le polemiche. “Io non ho fatto polemiche sui risultati nei circoli perché alla fine non sono le carte bollate o i ricorsi che risolvono le questioni. Accetto il risultato e non lo metto in discussione. Però non accetto il fatto che in un circolo si iscrivano 500 persone, alla presentazione e discussione sulle mozioni si presentino in tre e poi a votare ci vadano tutti e 500. Mi si dica se questa è la festa della democrazia. Questo modo di concepire la politica non serve a nessuno, neanche a chi prenderà quei voti e vincerà. Il PD ha bisogno di militanti e persone consapevoli; non di persone obbedienti che fanno la fila per votare. Abbiamo bisogno di persone che discutono, che abbiano la schiena dritta che siano in grado di difendere una posizione, non soltanto di seguire un capo. Dobbiamo avere la capacità di ricostruire un partito dove ci si ascolta, dove si è in grado di fare cambiare idea al tuo interlocutore ma anche di cambiare idea. Ascoltare è la condizione essenziale per cambiare la società in questo momento”.

Con che spirito, recentemente è andato a Torino davanti ai cancelli della Fiat? “Sono andato, a dire la verità, con grande preoccupazione, alle 5 del mattina al reparto carrozzerie di Mirafiori, sono venuto via contento perché non mi hanno messo le mani addosso. Perché erano dieci anni che non ci andava un esponente istituzionale. Ma quante volte abbiamo incontrato Marchionne in questi dieci anni, quante volte! A Marchionne l’ha incontrato chi governa, chi vuole cambiare la società. Ma se Marchionne guadagna quanto duemila operai, li vuoi incontrare quei 1999 oppure no? Perché se non lo fai, alla fine quei 1999 si rivolgeranno a Salvini o a Grillo, e questo è successo. Alla convenzione nazionale del PD, il segretario uscente (ndr Renzi) mi ha detto: “Andrea stai tranquillo, non ti hanno preso a calci perché noi abbiamo salvato la presenza della Fiat”. No, non è così perché anche le fabbriche che non rischiano di chiudere ci hanno girato le spalle. Perché il problema non è fare qualcosa per qualcuno ma dare la possibilità a quel qualcuno di avere gli strumenti per riscattarsi. La democrazia non è una cosa che si concede dall’alto; la democrazia è avere la possibilità anche di lottare per emanciparsi. E se non hai un partito che funziona, un sindacato che è in grado di rappresentarti,  alla fine quel riscatto anche quando c’è ti sembrerà semplicemente una cosa che non cambia il senso della tua vita. Ci sono state stagioni in cui chi lavorava stava peggio di oggi ma era meno arrabbiato perché vedeva una prospettiva, perché sentiva di avere in mano gli strumenti per potersi emancipare. Oggi quegli strumenti non ce li ha più nessuno perché ognuno pensa che rispetto a suo padre e a suo nonno è destinato a stare peggio”.

E allora come pensa che si possa superare questo momento di grande incertezza? “Parlando di futuro e speranza, parole che abbiamo cancellato. Non solo, dobbiamo far passare anche l’idea che le battaglie si vincono insieme. Perché se fai passare l’idea che invece il destino e la storia sono nelle mani di un uomo bravo, intelligente, formidabile, io che sono spettatore rimarrò sempre spettatore non mi sentirò mai protagonista di un cambiamento sociale. I grandi cambiamenti in questo Paese li hanno fatti il protagonismo delle masse popolari, del popolo, non l’intelligenza e l’intuito dei leader solitari”.

Ministro c’è tanta gente che è arrabbiata con il PD. “Lo so, c’è un campo largo di persone che è arrabbiata e ce l’ha con noi alle quali dobbiamo dire “scommetti su un cambiamento del Partito Democratico, non per il partito in quanto tale,  ma per il tuo destino”, perché se il partito democratico non cambia non cambia l’Italia. Se il PD non cambia le prossime battaglie saranno davvero disperate”.

All’inizio della campagna per la segreteria nazionale hanno detto di Lei che è un candidato della tradizione del passato, un rigurgito di un’altra stagione. E’ così? “A dire il vero sono due le cose che hanno cercato di appiccicarmi addosso. La prima era questa e  devo dire che questo tentativo si è abbastanza risolto  quando c’è stata l’adunata del Lingotto  perché lì ho visto una parata di filosofi marxisisti che non si vedeva dagli anni 70. Poi c’è stato un secondo tentativo, quello di far vedere che io sarei stato il candidato dell’apparato”.

Dica la verità, ma Lei veramente pensa di vincere le primarie? “Il 90 per cento  dell’assemblea nazionale del Pd sta con Matteo Renzi. Quasi tutto il governo si sa con chi è schierato. Le grandi aziende immagino che non tifino per me; i grandi giornali non mi pare che a tutt’oggi abbiano cambiato musica. Se si guarda la televisione su alcuni canali sembra che ci sia un candidato solo alle primarie. Eppure io dico che si può vincere perché quando la gente capisce si mette in moto qualcosa. Intanto non ci si può rassegnare all’idea di una politica che regredisce, a uno scontro tra persone. In campo c’è uno scontro tra progetti e il nostro progetto è quello di riscostruire un centrosinistra largo in grado di vincere le prossime elezioni politiche e così di salvare l’Europa, la quale ci ha garantito 70 anni di pace ma che, per essere rilanciata, ha bisogno che cambi anche il PD e sappia parlare, ripeto, alla gente, invece di litigare con tutti come ha fatto in questi anni. Questa è la nostra missione”.

 

Giacomo Lisacchi