Si incattivisce la campagna elettorale a Nissoria

Denuncie anonime, atti intimidatori (segati 30 alberi di ulivo alla famiglia dell’attuale sindaco, ricandidato), rivendicazioni familiari, “curtigghiu” altrove inteso pettegolezzo; parole insomma, parole che verranno ragionate nelle sedi opportune, ma che intanto delegittimano delegittimando il sistema Stato.

Le amministrative si svolgeranno l’11 giugno.

Il mal costume propagandistico del “dossieraggio a tempo” è ritenuto “grassroots” ossia della gente comune e per ciò rivolto agli strati intellettualmente e culturalmente meno evoluti della platea, ma capace comunque di arrivare, grazie alla componente ideologica anche nei settori più avanzati della pubblica opinione.

È un sistema semplice e antico che funziona talmente bene da diventare regola. Saviano spiegando la macchina del fango al festival internazionale del giornalismo del 2011 disse: “esiste una differenza fondamentale tra diffamazione e inchiesta. L’inchiesta raccoglie una molteplicità di elementi per mostrarli al lettore.

La diffamazione prende un singolo elemento privato e lo rende pubblico. Non perché si tratti di un reato e nemmeno di qualcosa che tiene al ruolo pubblico della persona nel mirino. Ma la mette in difficoltà, la espone, la costringe a difendersi.

Così il fango intimidisce, ostacola la partecipazione, invita a evitare di rovinarsi l’esistenza. Utilizza ogni cosa e non solo qualcosa di privato che attiene alla tua sfera intima ma un tuo connotato che faccia ombra: un talento, un coraggio, un’ambizione, un’aspirazione alla bellezza”. E Pasolini parlò di paura, di terrore.

Questo modus porta alla sfiducia nel Paese, all’allontanamento dalla Cosa Pubblica pensandola sempre più come cosa sporca e non di rado si sente parlare di politica come di una cosa sporca.

Sarebbe opportuno recuperare il senso del rispetto e pensare che agire o partecipare è stancante, è ambizioso, è doveroso, ma di certo non deve più essere umiliante perché delegittimante.

Gabriella Grasso