Sistema truffaldino di percezione contributi AGEA per l’agricoltura ad Enna e Piazza Armerina. Sequestro preventivo per 300 mila euro per 11 indagati

Sequestro preventivo da 300 mila euro per 11 indagati per presunte truffe all’Agea, tra imprenditori agricoli e impiegati di alcuni “Caa” tra Enna e Catania che avrebbero validato le domande. Il sequestro arriva a seguito di una indagine diretta dal procuratore capo Massimo Palmeri, coordinata dal sostituto procuratore Francesco Rio che ha portato ieri all’esecuzione dell’ordinanza firmata dal Gip Maria Luisa Bruno. Dei destinatari del provvedimento di sequestro sono state fornite soltanto le iniziali P.F.V, L.P.S., S.V.N, P.P e L.S di Enna, T.G. di Castel di Judica, D.A.R., V.F e N.V. di Vizzini, G.G. di Caltagirone e S.V.N. di Piazza Armerina. Contestata dalla procura l’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falso e riciclaggio. Per gli inquirenti,gli indagati, avrebbero utilizzato indebitamente particelle catastali di terreni ricadenti nel territorio siciliano,dichiarando anche il possesso o la proprietà di beni demaniali in Sicilia e in altre regioni con falsi contratti di conduzione o dichiarazioni sostitutive. Indagini anche sull’attribuzione e successivo passaggio dei titoli Agea, attribuiti dalla Riserva Nazionale risulta una falla nell’attribuzione dei contributi comunitari. La Procura di Enna vuole arrivare a chiarire se ci sia o meno una regia comune nelle truffe. Il sequestro di ieri nasce da una costante attività d’indagine condotta dal personale della sezione di polizia giudiziaria della Procura, dell’ex Corpo Forestale dello Stato oggi Unità Tutela Forestale, Ambientale e Agroambientale dei Carabinieri, messa in campo in stretta collaborazione con tutto il personale della Sezione Carabinieri e Guardia di Finanza e del Nucleo Investigativo Carabinieri. Le attività di indagine sono ancora in corso e coinvolgono centinaia di altri soggetti della Provincia di Enna, Catania e Messina. Complessivamente per questi territori gli inquirenti ipotizzano un giro economico da oltre 80 milioni di euro. A generare l’allarmante fenomeno, sarebbe stata l’inadeguatezza dei controlli sull’agricoltura effettuati negli ultimi dieci anni.