Enna, la città dell’acqua d’oro

Guida la speciale classifica delle province con l’acqua più cara d’Italia, distanziando di poco Caltanissetta e Agrigento, con le quali condivide, però, le periodiche e fastidiose interruzioni del servizio idrico. A Enna, unica provincia siciliana senza sbocchi a mare ma ricca di grandi invasi – con Ancipa, Pozzillo, Sciaguana, Don Sturzo, Olivo, Villarosa e Nicoletti – e dove le bollette nel 2015, secondo uno studio di Federconsumatori, hanno una media di 419 euro l’anno, da un paio di anni, si combatte una aspra partita a suon di carte bollate, sentenze dei giudici di pace o ricorsi al Tar, contro le cosiddette ‘partite pregresse’, una ‘voce’ che si è aggiunta in bolletta alla quota fissa, al costo del servizio dell’acquedotto, quello per la fognatura, al servizio di depurazione e all’Iva.

Le ‘partire pregresse’ (relative al periodo 2005-2010 ammonterebbero ad oltre 22milioni e 600mila euro da incassare con un addebito in fattura di 30 centesimi a metro cubo per 10 anni) vengono imputate non solo ai vecchi utenti, ma anche ai nuovi che, evidentemente, hanno un debito ‘in pectore’: prima ancora di stipulare un contratto e consumare acqua, sono debitori. Acquaenna, la società che gestisce il servizio idrico integrato ha spiegato che le “partite pregresse” – non contemplate dal decreto ministeriale che fissa le regole per l’articolazione tariffaria e non previste neppure nella convenzione di gestione originano dagli “squilibri determinatisi durante la gestione del servizio” che devono essere conguagliati “attraverso la cosiddetta revisione tariffaria; pertanto periodicamente l’Autorità d’Ambito, a seguito di puntuale e dettagliata verifica di eventuali scostamenti rispetto a quanto previsto dal Piano d’Ambito, apportava le necessarie variazioni alle tariffe degli anni successivi”. Ma perché fra il 2005 ed il 2010 si è creato uno squilibrio di oltre 4milioni e mezzo l’anno che, sommato, raggiunge gli euro 22.684.390,61 che Acquaenna vuole recuperare? Difficile dare una risposta esaustiva. Fra le ipotesi possibili quella che porta a potenziali errori nel Piano d’ambito redatto dalla Sogesid spa – società del Ministero dell’Economia e delle Finanze – per conto dell’Ato 5 di Enna. Fu il primo piano d’ambito realizzato in Sicilia, e potrebbe essere stato realizzato con dati non perfettamente corrispondenti all’effettivo “stato attuale” dei primissimi anni Duemila. Anche l’indicazione del volume di metri cubi di acqua da fatturare, 15 milioni di metri cubi annui stimati da Sogesid, parrebbe essere superiore al fabbisogno reale che è di 8milioni di metri cubi circa.

In una relazione al Parlamento redatta dal Comitato per la Vigilanza sull’uso delle risorse idriche, il “Secondo Rapporto sui Piani di Ambito” edito nel marzo 2004 dove venivano analizzati 41 dei 48 piani approvati a livello nazionale, nel comparare le previsioni, la spesa pro capite e procapite/anno prevista dal Consorzio Ato di Enna n. 5 era già tra le due più elevate in assoluto. Dalla “Relazione al parlamento sullo stato dei servizi relativamente all’ anno 2003″ predisposta dal medesimo Comitato per la Vigilanza, si evidenziava che all’epoca l’Ato di Enna possedeva una rete totale di acquedotto per Km 588 e una rete totale di fognatura per Km. 643, che costituivano una delle reti più limitate a livello nazionale. “Il valore più elevato di investimento pro capite previsto per l’intera durata della pianificazione – scriveva la commissione – si rileva nell ‘Ambito di Enna con circa 1638,76 euro, seguito da quello Teramano” che era di circa 1353, 14 euro. Gli investimenti procapite previsti per il servizio acquedotto nel PdA dell’Ato Enna, infatti, erano di gran lunga i più elevati in Italia; per servizio fognature, l’Ato di Enna era in seconda posizione dietro l’Ato Sarnese-Vesuviano; l’investimento procapite annuo totale nel PdA dell’Ato di Enna pari 54,63 €, era inferiore solamente a quelli dei PdA dell’ Ato Teramano (67,66 €), e comunque molto superiore alla media nazionale (34,88€). Per fare un confronto con gli altri Ato Idrici siciliani a Palermo era previsto un investimento pro capite annuo di 35,08 €, Catania 38,20€, Messina 42,17 €, Ragusa 43,17 €, Siracusa 43,13 €, Enna 54,63 €, Agrigento 37,91 €, Caltanissetta 39,02€, Trapani 41,64€ con una media, siciliana di 41,68 €. Come è evidente il valore dell’investimento pro capite anno della provincia di Enna, che all’epoca aveva 177.291 abitanti, era pure ben al di sopra delle media siciliana di oltre il 30%.

Articolo pubblicato dal settimanale Centonove