Ricettazione per il furto di capitelli da Piazza Armerina, Cassazione conferma reato e pena ad imprenditore locale

Ornare con capitelli romani originali le colonne del proprio agriturismo per renderlo unico, ineguagliabile e in perfetta sintonia con lo stile che si addice al comune in cui era situato: Piazza Armerina.
Ma lo spirito di “grandeur” è costato caro a un gestore siciliano che – senza porsi troppi problemi – ha pensato di trafugare i sei capitelli da una chiesa del sito archeologico. Un anno e quattro mesi di reclusione, più quattrocento euro di multa: questa la pena comminata al proprietario dell’agriturismo, riconosciuto responsabile del reato di ricettazione dalla Corte di appello di Catania, che ha inoltre disconosciuto la richiesta di attenuanti generiche.
In linea con tale decisione la Cassazione che, con la sentenza 48381 depositata il 20 ottobre, ha confermato reato e pena.
Precisi e concordanti: così i giudici della Suprema Corte hanno definito gli elementi indiziari a carico dell’uomo: i capitelli, infatti, sono stati rinvenuti all’interno della sua proprietà, a poca distanza dall’agriturismo in cui erano in corso i lavori di ristrutturazione, proprio in mezzo al materiale edile utilizzato per la ristrutturazione – puntualizzano i giudici – e dove lo stesso imputato, come risulta dal verbale di perquisizione, era di fatto domiciliato.
C’è poi un’ultima prova – schiacciante – che la Cassazione invoca a riprova del coinvolgimento dell’imputato: il fatto, cioè, che il numero dei capitelli coincidesse perfettamente con il numero delle colonne disposte per i lavori e tutte in attesa di “ornamento”.
Nessun dubbio, dunque, che la pena sia da confermare, compresa la scelta – operata già dalla Corte di appello – di non riconoscere all’uomo le attenuanti generiche, considerata la gravità della condotta correlata al valore storico culturale dei beni ricercati.
Il ricorso – pertanto – è respinto.

– Silvia Marzialetti per Il Sole 24 Ore

foto repertorio

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