Riaperto il castello di Sperlinga


Sperlinga. A causa del crollo di una porzione di roccia, che per fortuna non ha fatto ulteriori danni, avvenuta nella mattinata del primo gennaio del 2015, il castello è stato chiuso per quasi tre anni. In questo periodo è stato redatto un progetto di messa in sicurezza da parte del Comune di Sperlinga, I fondi necessari per realizzare detto progetto (euro 56 mila) sono stati messi a disposizione dalla Protezione Civile dietro interessamento del Sindaco di Troina, il dott. Fabio Venezia, che oggi assieme ai sindaci di Sperlinga dott. Giuseppe Cuccì e a quello di Nicosia dott. Luigi Bonelli erano presente alla cerimonia di apertura. La giornata, bellissima, ha visto moltissimi turisti venuti per l’occasione da ogni parte della Sicilia. Quindi dopo un “fermo” abbastanza lungo il castello sarà di nuovo fruibile al pubblico.

Sperlinga, fa parte dei “Borghi più Belli d’Italia”. E’ posta nella parte nord della provincia di Enna, ed è attestata, per la prima volta, assieme ai nomi di altre città e castelli, in un privilegio del 1082 con il quale il Conte Ruggero, dopo la conquista della Sicilia, dota di alcuni territori la diocesi di Troina istituita pochi anni prima.
Dal periodo normanno fino alla fine del secolo XVI Sperlinga è solo una fortezza, un castrum dotata di 11 feudi che tutt’ora costituiscono l’attuale territorio del piccolo centro, complessivamente una superficie di 59 kmq. Nacque come baronia della famiglia Rosso, sito di una residenza signorile fortificata, come confermato da un documento del 1132 con il quale il re conferma a Riccardo Rosso il feudo chiamato delli Martini. Nel 1151 è citata ancora Sperlinga nella bolla di Eugenio III con la quale il pontefice accorda le richiesta di Roberto vescovo di Messina. Infine nella bolla di Innocenzo III del 1198 diretta all’arcivescovo di Messina viene nominata di nuovo Sperlinga.
Il castello, posto a 800 m s.l.m., è costruito sulla roccia e dentro la roccia su un preesistente masso di arenaria quarzarenitica dove molte grotte furono scavate nei secoli precedenti a partire dai Siculi (secc. X-XVIII a. C.). Il toponimo “Sperlinga” deriva dal greco con la mediazione latina e significa, spelonca ossia grotta, il nome è giustificato dalla presenza di numerose grotte artificiali distribuiti sia nell’attuale centro abitato che in tutto il territorio dove insistono numerosi banconi di roccia. In tutti i siti rupestri si trovano resti di ceramiche che vanno dal Castelluciano al periodo Tardo Antico, passando per tutti le epoche (sicula, greca, romana bizantina, araba ecc.). E’ frequente, ancora oggi, osservare in tutto il territorio la presenza di tombe a forno e a camera, ma prevalgono, di gran lunga, le tombe ad arcosolio paleocristiane.
Pare che nel 1133 (da un diploma proveniente dalla cattedrale di Messina, Cfr.: R. Starrabba, I diplomi della cattedrale di Messina raccolti da A. Amico, Palermo 1888.) risulta detentrice del castello la vedova di Guglielmo d’Altavilla di nome Galgana. Accanto a questa e ai suoi figli, Riccardo, Roberto e Ugo, sembra essersi già formata una corte feudale residente con ogni probabilità in una dimora fortificata, forse nucleo originario di quello che successivamente sarà il castello di Sperlinga. Nel 1137 le fonti documentano (Cfr. L.T. White, Il monachesimo latino nella Sicilia mormanna, Catania 1884) un Roberto de Spirlingo. In un diploma svevo del 1240 Sperlinga è ricordata come uno dei castra exempta citra flumen Salsum, ossia come castello demaniale al di qua del fiume Salso esente dai tributi.

La storia di Sperlinga coincide con la storia delle famiglie che la possedettero. I primi proprietari furono i Rosso a partire dal 1132 fino al 1282, seguirono, per pochi anni gli Scaglione, finché non pervenne alla famiglia Ventimiglia che la possedette dal 1337 fino al 1597, anno in cui il barone Giovanni F. Natoli acquistò l’intero Stato di Sperlinga (castello e feudi) ed ottenne dal re la Licentia Populandi, cioè la concessione di “poter fabbricare terre”. Ai piedi del castello la gente, proveniente dai centri vicini, principalmente da Nicosia, secondo regole urbanistiche ben precise, iniziarono a costruirsi le case pagando il cosiddetto censo, ossia un canone annuo perpetuo. Sperlinga quindi, da piccolo locum diventa una Terra (nel senso di centro abitato) infeudata dove il “feudatario” di turno aveva il diritto di esercitare la giurisdizione civile e criminale su tutti gli abitanti in contrapposizione alle città demaniali (42 in tutto) della Sicilia dove il potere era amministrato da più persone (giurati, ecc.) e che erano sotto la giurisdizione regia.
Nel XII secolo Sperlinga è citata dal geografo arabo Edrisi, a cui il Conte Ruggero gli commissionò il lavoro di descrivere la Sicilia, e che M. Amari pubblicò nel XIX secolo, egli dice: “Da quello (il castello di Imacara) a Isb.rl.nkah (Sperlinga) dieci miglia per mezzogiorno. Sperlinga è grosso casale in cui s’aduna ogni ben di Dio, terre seminate e colti che stendosi per lungo tratto. Da Sperlinga per Nicosia, a levanti per dodici miglia”.
L’avvenimento importante nella storia di Sperlinga è il Vespro Siciliano del 1282. Per la presenza di una guarnigione angioina, di cui sappiamo nome e cognomi dei capi, supportata da documenti provenienti dal regio archivio di Napoli e pubblicati per la prima volta da Michele Amari, sappiamo che fu l’unico castello a non combattere contro i francesi anzi costoro si asserragliarono dentro e resistettero all’assedio dall’aprile 1282 ad agosto dell’anno successivo.
La fortezza subito dopo il Vespro, per punizione, fu danneggiata da Pietro d’Aragona, mentre gli occupanti che poi si sono arresi, furono condotti in Calabria dove ebbero da parte di Carlo D’Angiò dei poderi come premio per loro fedeltà. Il castello comunque fu ristrutturato con i nuovi proprietari, i Ventimiglia.
Un’altra ristrutturazione del castello avvenne subito dopo il 1597 voluta da Giovanni Natoli, che da barone divenne, nel 1627, principe di Sperlinga. A ricordo di quegli eventi, di oltre 3 secoli prima, fece incidere la famosa frase in latino che suona così “Quod siculis placuit, sola Sperlinga negavit”, (ciò che piaque ai siciliani, solo Sperlinga negò) trattasi di un esametro scolpito in due pietre sopra l’arco a sesto acuto del vestibolo del castello, tutt’ora visibile. La mancata partecipazione all’insurrezione contro gli angioini non è un demerito, per il semplice motivo che ancora il centro abitato non esisteva per cui non c’era una popolazione che poteva insorgere, c’erano solo quei pochi “servi della gleba” che certamente non avevano contezza di quello che succedeva nel resto della Sicilia. La maggior parte dei contadini che lavoravano i feudi annessi al castello erano di Nicosia e gravavano su di essa.
La caratteristica che contraddistingue il piccolo centro, che oggi conta 800 abitanti, è il dialetto galloitalico ossia “Lombardo di Sicilia”. I dialetti galloitalici di Sicilia si sono formati tra la fine del XII secolo e l’inizio del successivo a seguito di una forte ondata di immigrazione di gente proveniente dal Nord Italia (dall’antica Longobardia) per volere dei conquistatori Normanni. A Sperlinga si parla questo dialetto dal secolo XVII, da quando si è formata la popolazione sperlinghese, che per l’80% provenne da Nicosia. Per questo motivo in nostro dialetto è una variante, se vogliamo più rustica e più arcaica di quello di Nicosia. Gli altri centri dove si utilizza il galloitalico sono: Piazza Armerina, Aidone, San Fratello e Novara di Sicilia, dialetti simili ma non uguali tra di loro, hanno avuto la stessa origine ma ognuno si è evoluto indipendentemente. Detti dialetti sono stati inseriti nel Registro dell’Eredità Immateriale della Regione Sicilia e sono anche oggetto, dagli anni ’80 del secolo scorso, da parte dell’Università di Catania del “Progetto Galloitalici”. Molte pubblicazione sono state stampate sul e in dialetto, ciò per preservarlo dalla repentina evoluzione e assimilazione al siciliano e all’italiano. E’ prevista la pubblicazione di un vocabolario per ogni dialetto galloitalico, quello di Aidone è stato edito, quello di Nicosia e Sperlinga e quasi pronto.
Fra i castelli feudali della Sicilia medievale quello di Sperlinga è uno dei più suggestivi, un unicum, per la posizione, per l’aspetto scenografico e spettacolare e per la sua struttura naturale. Della parte fabbricata rimane l’ingresso con le stanze signorili soprastanti e la chiesetta ricostruita, dedicata, prima a San Luca Evangelista con i Ventimiglia, poi dal 1658, a San Domenico di Guzman con la famiglia Oneto. La famiglia Oneto con il titolo di Duchi di Sperlinga, ma anche Principi di San Bartolomeo, Conti di Francavilla ecc., hanno mantenuto il potere a Sperlinga per ben due secoli, fino al 1860. Le loro spoglie riposano nel Pantheon di San Domenico a Palermo. Dal punto di vista architettonico si può ammirare una bellissima bifora trecentesca di stile Chiaramontano oltre ai portali con gli archi a sesto acuto che risalgono alla originaria costruzione dell’anno 1000. Di artistico non c’è altro “se togli la natura che qui è arte” come diceva il Paterno Castello in un libro del 1907 descrivendo egregiamente il castello di Sperlinga.
All’interno del castello vero e proprio, e che era racchiuso in una doppia cinta muraria, è interessante il sistema di raccolta delle acque per gli usi interni risalenti al periodo arabo, quando esisteva solo il sito rupestre. L’acqua, tramite delle canalette incise nella parte più bassa della parete rocciosa, veniva convogliata in delle cisterne poste nel piano di calpestio e capaci di contenere diverse decine di metri cubi di acqua. Sul piano di calpestio era posta la parte fabbricata, mentre sotto furono scavati nella viva roccia degli ipogei che, si pensa avessero la funzione di magazzini.
La chiesa madre, dedicata a S. Giovanni Battista a motivo del nome del fondatore del paese, risale all’inizio del Seicento, da quel periodo partono i registri parrocchiali (atti di battesimo, matrimoni e morte). La chiesa è una costruzione ad un’unica navata con tiburio ottagonale e torre campanaria; contiene un organo a canne del 1855 recentemente restaurato ed inaugurato, la statua del patrono risalente al 1737, un Crocifisso ligneo settecentesco denominato Padre della Misericordia che si porta in processione il venerdì Santo. E’ recente, inizio sec. XX, il culto di Santa Liberata V. e M. Esistono altre due chiese risalenti a metà Settecento: quella dedicata a Sant’Anna o del convento a motivo che in origine (1749-1765) era un convento dei frati Agostiniani Scalzi della Provincia Agostiniana di Palermo, e la chiesa della Madonna della Mercede costruita a spese della omonima confraternita posta ai piedi del castello.
I registri dello Stato Civile iniziano nel 1820, come in tutta la Sicilia: Sperlinga finisce di essere centro infeudato con l’abolizione della feudalità nel 1812. Il primo Sindaco fu il notaio Giovan Francesco Maria Spanò dal 1820 al 1825.

All’interno del centro abitato e ubicato il Borgo Rupestre con una cinquantina di grotte disposte su sette file sovrapposti abitate fino al periodo post bellico (1950). Oggi quelle di proprietà comunale sono adibite a grotte-museo dove sono stati ricostruiti ambienti tipici contadini.
Ai piedi della roccia del castello insiste una ampia grotta divisa in due vani dove ha sede il museo della civiltà contadina.
Dal 1982, il 16 agosto, il Comune promuove la “Sacra del tortone” (trattasi di pasta di pane lievitata tagliata a pezzettini e fritta nell’olio poi cosparsa di zucchero e cannella), dal 1998 viene abbinato il Corte Storico che rievoca le famiglie nobili che hanno posseduto il castello, assieme ad altre famiglie nobili di Sicilia, nonché l’assedio del castello. L’evento attrae diverse migliaia di turisti da tutta la Sicilia.
Le feste religiose principali, oltre a quella del patrono il 24 giugno sono quella di Santa Liberata il 18 agosto, quella del Padre delle Grazie, la terza domenica di settembre e quella della Madonna della Mercede la quarta domenica di settembre.
Sono numerosi, e alcuni visitabili, i siti rupestri distribuiti su tutto il territorio. In essi sono ancora visibili tracce di abitati risalenti ad epoche remote.

Salvatore Lo Pinzino