Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduto da Emmanuele Emanuele, pronti a restaurare il convento Benedettino di Enna

Da Nimrud alla Torre di Babele, l’Italia ricostruirà in Iraq. È questo il primo successo della campagna per salvare il patrimonio culturale ferito, lanciata tre anni fa dall’Associazione Incontro di Civiltà, presieduta da Francesco Rutelli. Ma non è l’unico, ieri mattina infatti, in una conferenza a Palazzo Sciarra, con un messaggio video il ministro della Cultura iracheno, Fryad Rwandzi, ha annunciato in presenza dell’ambasciatore d’Italia a Bagdad, Bruno Pasquino, che il suo governo è pronto a sottoscrivere l’intesa per procedere alle ricostruzioni del patrimonio distrutto proprio con la collaborazione dell’Italia.
In prima linea la Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduto da Emmanuele Emanuele, che ha sostenuto sin dall’inizio questo volontariato di pace e di cultura, precursore dei caschi blu Unesco. «Siamo pronti a impegnarci perché il Mediterraneo torni a essere la culla della civiltà – ha sottolineato Emanuele – siamo pronti a restaurare il sito di Persepolis ma anche il convento Benedettino di Enna, per farne un centro culturale degli arabi in Sicilia».

Stralcio discorso a Consiglio comunale 22 gennaio cittadinanza onoraria prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele:

Emmanuele Francesco Maria Emanuele

“Normalmente quando io ascolto il mio curriculum, anche nella versione ridotta, perché questa è ridotta in due pagine, rispetto alle 82 che lo compongono, sono sempre preso da quello stesso stupore di cui qualcuno ha accennato al Sindaco per sapere esattamente quanti sono i miei anni. In effetti dietro questa apparenza giovanile, io ne devo avere un paio di centinaia, perché gli anni sono volati, l’impegno è stato diuturno e soprattutto io ho sempre pensato che vivere costituisca un elemento fondamentale per il fare qualcosa, che in qualche modo lasci memoria di questo impegno. Pertanto non mi sono mai, dal momento in cui ho lasciato la mia terra d’origine, la mia meravigliosa Sicilia, che io continuo a ritenere la parte del mondo più bella che esista e lo posso dire sinceramente perché il mondo l’ho girato tutto, senza esclusione, dalla lontana Russia alla Cina, dalla Cina all’India, dall’Oriente intero, dall’Africa, dall’Europa, dall’America, dal Sudamerica, quindi questa mia affermazione, che la Sicilia sia la terra più bella del creato, è confortata dalla conferma che posso darvi, avendola visitata integralmente. Io debbo questo incontro a una opportunità che non prevedevo mai potesse accadere, per tanti anni ho girato la mia terra, ovviamente come prima cosa, vengo da una famiglia in cui non ho mai avuto un regalo. Mio padre e mia madre, non mi davano regali, tutti gli altri miei colleghi, amici, compagni di scuola, avevano la bicicletta, la palla, le cose che abitualmente venivano regalate in occasione delle celebrazioni, io non le avevo, perché mio padre l’unica cosa che mi voleva regalare erano i biglietti di viaggio, perché diceva che l’opportunità della vita è dare nel conoscere gli altri, nel vedere gli altri mondi, nel capire quali sono le ragioni che stanno alla base delle diverse sensibilità e dei diversi pensieri e quindi, ovviamente, prima di viaggiare nei mondi che ho citato prima, ha cominciato a viaggiare nella mia Sicilia e ovviamente Enna, ai miei tempi, nel Pliocene, visto che ho questi 200 anni di cui vi ho detto, non era così facilmente raggiungibile. Si passava, si veniva, ma era sempre una impresa che ovviamente presupponeva a quell’epoca una qualche fatica anche di trasporti con i mezzi di quella stagione giovanile. Ma rimaneva sempre nella mia mente la bellezza di queste muraglie, di queste costruzioni ciclopiche, che ne facevano la diversità sul nostro meraviglioso territorio. Io devo però ad una persona, Cettina Rosso, che un giorno ha avuto l’amabilità di propormi di venire qui per ricevere un premio che in qualche modo, tra i moltissimi che la mia vita ha annoverato, è quello che più mi ha fatto piacere, perché ha toccato un argomento sul quale io ho speso anni e anni della mia vita. L’eredità del pensiero federiciano, che come voglio ricordare, spero sia noto a tutti, non volle mai essere imperatore del Sacro Romano Impero, non volle essere re di Germania e volle essere re di Sicilia e del Mediterraneo; dico questo per quello che dirò dopo. Il suo cuore era Mediterraneo, lui credeva che tutto il mondo dovesse qualcosa, nella sua epoca, al Mediterraneo e tutto è nato dal Mediterraneo. La grandiosità di questo mare e delle terre che lambisce, sono lì a testimoniare che l’umanità intera deve al Mediterraneo ciò che oggi è nel mondo. Ad oriente, e ad occidente, senza il Mediterraneo non ci sarebbe stato il mondo di oggi. E essere premiato, soprattutto in una città cara a Federico, che qui trascorreva le estati torride della nostra Sicilia, è ovviamente nel suo amore per la poesia, a cui mi accomuno, ovviamente insieme a tante tante cose del suo grande percorso intellettuale, è stata una delle cose più belle, cara Cettina, se mi posso permettere di citarti con questo nome, che mi è capitato. Vedete, io a un certo momento della vita, ho pensato, avendo avuto la opportunità, come il curriculum sintetico ha consentito di illustrare, di avere raggiunto tutte le cose che avevo pensato di raggiungere, che fosse venuto il momento di restituirle. Avevo sessant’anni, qualche decina d’anni fa, ne ho molti di più e ho pensato che fosse il mio dovere restituire tutto ciò che la vita mi ha dato, che mi ha dato tutto ciò che io desideravo, e al di più, al di là, molto di più di ciò che avevo pensato potessi avere e ho cominciato a pormi come obiettivo quello di questa restituzione individuando quelli che, a mio modo di vedere, erano i grandi problemi del nostro Paese molti anni fa e che purtroppo, devo dire che nonostante gli anni che sono passati, continuano ad essere i problemi del nostro Paese, che non vengono risolti. Questo welfare in ritirata, questa grande crisi che si è abbattuta sul Paese, che era civile, all’avanguardia, noi siamo riusciti uscendo da una guerra disastrosa, perduta, di avviare un processo di civilizzazione che non ha pari. Siamo riusciti a diventare il quinto Paese industrializzato del mondo, l’Italia era uno dei grandi Paesi del mondo, siamo i promotori di quell’Europa, nella quale io profondamente credo, anche se con i dubbi che ho oggi di questa Europa e lo siamo stati a pieno titolo perché eravamo il Paese più significativamente qualificato a farne parte, più sicuramente di altri che oggi stanno avanti a noi e che erano molto molto indietro rispetto a noi e questo welfare che faceva la differenza si è lentamente sgretolato ed è nata questa mia convinzione di questo terzo pilastro che in buona sintesi significa che di fronte allo Stato che è in ritirata, che non ha più i mezzi per aiutare i malati, i poveri, i bisognosi, i giovani, di fronte al privato economico, quello che vuole guadagnare, che per anni ha guadagnato in questo Paese e’ improvvisamente sparito, oggi che il Paese è in crisi, è trasmigrato. Le grandi imprese sono finite e la media e piccola impresa soffre disperatamente per rimanervi nel nostro Paese di fronte a un impegno fiscale che le strema. Io come avete sentito, sono il Presidente onorario, purtroppo, soltanto, per fortuna, nella micro, media e piccola impresa italiana e praticamente queste imprese stanno tutte chiudendo di fronte all’avvenire che è quello di una tecnologia sempre più esasperata, di un Amazon che ha praticamente polverizzato le attività commerciali, le industrie non reggono più il passo, e preferiscono andare in altre aree geografiche del mondo. Ecco di fronte a una crisi del genere, rimane soltanto la possibilità che uomini di buona volontà, e io mi annovero tra questi, diano la possibilità di rispondere a questi grandi bisogni, con l’aiuto provvido ai bisogni veri e reali della società. Questo tra l’altro, perché è voluto dalla Costituzione, c’è una norma della Costituzione, all’articolo 118 che recita: “Se lo Stato, nelle sue articolazioni, non è in grado di dare le risposte, il privato sociale, io dico no profit, senza interessi economici, può e deve intervenire per dare le risposte che lo Stato non riesce a dare”, sotto l’egida dello Stato, sotto il controllo dell’Amministrazione pubblica, sotto la direttiva dell’amministrazione pubblica, ma deve poterlo fare, ed è amaro constatare, nel nostro Paese, come questo non accada, perché al privato che vuole dare una mano, si frappongono tutta una serie di difficoltà, assolutamente inaccettabili che molto spesso scoraggiano, e rendono vana la volontà di contribuire a dare le risposte per la società del bisogno. Io quando sono diventato Presidente di questa fondazione, ho pensato alle cinque grandi emergenze del nostro Paese, che sono: la salute, la ricerca scientifica nei confronti della salute, l’aiuto ai meno fortunati, l’istruzione e la cultura che sono due strumenti che fanno abbattere le barriere sociali e nel prospettiva anche quelle etniche e religiose. Mi sono impegnato in maniera massiva, in questi settori, perché credo che questi siano prioritari rispetto a tutte le parole che io potrò dire questa sera o che verranno dette in futuro dai nostri prossimi governanti. Gli ospedali a Roma sono tutti in crisi, stanno tutti chiudendo, l’Umberto I, il San Camillo, San Pietro dell’Isola Tiberina, la tragica nuova stagione di Tor Vergata, tutta una serie di ospedali che io ho contribuito a dotare di macchinari ed impianti di modernità assoluta, stanno lentamente retrocedendo a livello di quarto mondo, oggi semmai qualcuno avesse bisogno, non gli passi per l’anticamera del cervello di ricoverarsi in aree dove non c’è la garanzia, neanche molto spesso, come abbiamo avuto modo di vedere, perché io giro per gli ospedali che le barelle non ci sono e la gente viene ospitata nei corridoi, dove attende giorni e giorni con le famiglie, senza poter avere la risposta cosa fare. Allora, ho voluto creare io personalmente delle risposte a delle patologie a cui lo Stato non risponde, il Sindaco ha avuto l’amabilità di ricordarlo, anche il Presidente, per prima di tutto, dove morire. Oggi non si sa più dove morire, le famiglie non vogliono più il malato terminale, le case non lo consentono di averlo, mio padre è morto a casa, mia madre è morta a casa, mio nonno, la mia bisnonna, io non lo so, perché oggi non c’è più la cultura dell’assistenza e le case non sono in grado di farlo, e ho creato tra difficoltà enormi, sulle quali non mi voglio intrattenere, un luogo a via Poerio dove 30 persone possano gratuitamente passare gli ultimi 60 giorni della propria vita, rigorosamente schedati dai medici, perché non ci sono priorità per simpatie, gli ultimi 60 giorni della loro vita terrena. Sto lottando da due anni per avere 50 posti, e non riesco ad averli. Ho voluto creare un luogo dove i bambini malformati o che ha seguito di incidenti non camminano più, con le madri che piangono per questa disperazione, e con una macchina che ho fatto venire, un macchinario che ho fatto venire dagli Stati Uniti, tornano a camminare i bambini, e le madri a non piangere; a Santa Marinella c’è questo reparto, nel quale ovviamente, si danno queste risposte, che la sanità collettiva non da’ da secoli. Infine la piaga che sta devastando l’Italia e il mondo intero: l’Alzheimer, che è una malattia oramai della nostra società civile, perché stiamo tutti raggiungendo età impensabili, novant’anni sono oramai alla portata di tutti, ma lentamente, lentamente, si disfà il tessuto connettivo mentale e incomincia quella patologia drammatica che è appunto connotata dall’Alzheimer. Bene, io dopo avere visitato due luoghi, dove teoricamente si assistevano questi pazienti e averli visti legati nei letti, ho detto che la civiltà di un Paese si misura da come vengono trattati coloro i quali hanno bisogno e sono andato ad Hoc Way in Olanda, ad Amsterdam, dove ho trovato un villaggio dove questa gente viene ospitata con la felicità e il sorriso, dove viene a vivere perché il malato di Alzheimer perde la memoria del presente, ma mantiene integra quella del passato, quindi con le case proprie e ho costruito un villaggio, che vi invito a visitare, sarei felice di accompagnarvi, che si chiamerà Villaggio Emanuele, bontà loro, che sta alla Bufalotta, si estende per 4 ettari, dove ci sono giardini fioriti, dove ci sono fontane, dove ci sono luoghi di intrattenimento, dove ci sono ristoranti pubblici aperti anche a coloro che non sono soltanto i pazienti o i parenti dei pazienti e quindi un mondo felice, dove si ritrova il piacere di vivere nonostante la patologia. Queste sono le cose che credevo fossero necessarie fondamentalmente perché come ho detto nel nostro Paese sono patologie a cui non si dà risposta. La ricerca scientifica, nel campo delle malattie oculistiche, alla fondazione G.B. Bietti consente a coloro i quali hanno perduto, o possono perdere la vista, di trapiantare gli occhi, anche questa è una avventura alla quale ci siamo intrattenuti e stiamo studiando la risorsa migliore, non soltanto il trapianto delle cornee, ma proprio il trapianto dell’apparecchio visivo dell’Organo. Ed infine, da qualche tempo, questo meraviglioso luogo la Biogem, perché le malattie sono genetiche, perché le malattie risalgono al nostro DNA, per cui due persone si raffreddano una prende l’aspirina e guarisce l’altra piglia l’aspirina e non guarisce, perché è un problema del proprio DNA. La Biogem, questo centro del quale siamo diventati gli azionisti di riferimento, consente di studiare e individuare la patologia delle malattie in relazione al proprio DNA ed in prospettiva, perché no visto che in America è già stato fatto e siamo in collegamento per farlo il trapianto eventuale del proprio DNA. Io credo che nel nostro Paese, tutte queste cose, sono abbandonate, mai iniziate, mai ascoltate, mai sentite, mai desiderate. Abbiamo poi iniziato l’aiuto ai meno fortunati, i disperati della terra che non sono soltanto questi che vengono con i barconi, ma oramai sono i nostri concittadini, che non sanno dove vivere, non sanno dove rifugiarsi, non hanno la possibilità di avere una risposta ai loro bisogni. Stiamo facendo questo e poi la cultura, di cui amabilmente il vostro Sindaco, ha avuto l’amabilità di ricordare, ma accanto a Tor Marancia l’ho fatto il water front a Catania, abbiamo fatto ad Arezzo, abbiamo trasformato una piazza in uno dei luoghi più belli e più visibili del nostro Paese, abbiamo avuto una marea di premi, ma i due musei che ho creato a Roma, uno è stato ricordato, più di trecento opere che vanno dal Quattrocento ad oggi, la collezione papale che neanche il Papa pare abbia, di monete e di medaglie papali. Abbiamo fatto 56 mostre fino a quest’anno più 12/13 in giro per l’Italia tra cui Mitoraj a Pompei, tra cui in Sicilia la nostra meravigliosa storia dell’Ottocento siciliano, e quant’altro. E infine la cultura applicata all’istruzione, i master che permettono ai giovani, questo è un mio disegno, un mio sogno di viaggiare in quel mondo dove tutto sta per diventare l’oriente perché nel declino dell’Occidente è l’Oriente che dà risposte, quindi i miei giovani vanno con borse di studio gratuite, in Cina, vanno in Russia, io come è stato detto, non lo so se è stato ricordato, oltre che essere cittadino onorario della Cina, faccio parte anche, con un premio Putin, della Russia e quant’altro ho fatto Mediterraneo porta d’oriente. Veniamo al punto che ci riguarda, il Mediterraneo, la Fondazione era, Fondazione Roma, e mi limitavo a fare le cose che vi ho raccontato a Roma, ma io sono nato in Sicilia, la terra più bella del mondo, e ho pensato che fosse un obbligo che io dovessi aiutare la Sicilia e come spesso accade, nemopropheta, in patria. A Napoli mi hanno accolto con entusiasmo, a Reggio Calabria con entusiasmo, ad Algeri, dove ho aperto la sede, ho ricostruito la cattedrale di Sant’Agostino di Ippona, a Tunisi dove faccio il festival di ElJem, in Marocco dove i giovani non si imbarcano sui barconi, ma con l’immondizia, quella che noi, fortunatamente non qui, a Enna dove e’ la città più pulita che ho visitato negli ultimi anni, e plaudo a questo Sindaco, che è riuscito a fare questo miracolo, visto che a Roma siamo sommersi dall’immondizia e non riusciamo a debellarla, bene, questi giovani la inseriscono nel deserto, il quale torna a fiorire, non mi chiedete come, non lo so, pare che sia una cosa fisiologicamente corretta. Siamo presenti a Malta dove hanno creato, bontà loro, una fondazione che porta il mio nome, Fondazione Emanuele per la Ricerca sul Cancro, prendendo spunto dalle cose che vi ho raccontato prima del DNA. Siamo presenti in Spagna, in Portogallo e in prospettiva siamo presenti in Israele e dovremmo essere presenti fra poco ad Aleppo dove stiamo per costruire un ospedale. Io ho cercato di dare una mano alla Sicilia e come spesso accade, ho fatto più fatica nella mia terra, di quanto non l’abbia fatta in tutti questi Paesi di cui vi ho parlato. Io non sono romano, sono considerato un estraneo, nonostante che ci viveva da cinquant’anni da sessanta anni, è in Sicilia dove ci sono nato ho trovato delle grandi difficoltà. Ad Enna no, Cettina mi accolto come uno di Enna, immediatamente, il Sindaco ha fatto la stessa cosa, lo ha fatto con uno slancio che non ho mai incontrato nel mondo pubblico, dove il privato sociale, senza fini di lucro, viene guardato con un certo sospetto, che vuole, perché, che cosa c’è dietro, come mai, perché vuole aiutare, a che gli serve, dove va a parare, ed anche quando uno gli spiega che dato l’età, non vuole parare di nessuna cosa, che non ha bisogno di nulla, perché ringraziando Iddio, ho avuto tutto sin dalla nascita, e anche di più, e non ho bisogno di niente, perché non è stato fatto l’elenco delle croci e delle onorificenze che in confronto sembro un generale sovietico, quando me le metto tutte. Non ho bisogno di nulla, voglio aiutare, non accade mai, a volte c’è questo ostracismo camuffato da gentilezza, a volte c’è l’opposizione manifesta. Questo Sindaco, che Dio ve lo benedica, mi ha accolto con entusiasmo, il giorno stesso mi ha portato a vedere la Torre di Federico, ho detto vorrei dare una mano per farla vedere, perché è talmente bella che vorrei illuminarla. Da quel giorno, si è messo in moto un meccanismo per consentirmi di farlo, e questo, come ho detto spesse volte nella vita, io voglio, desidero, voglio è un termine che non mi piace, essere aiutato ad aiutare, perché il compito mio è quello di aiutare nei campi che vi ho individuato, che ho detto prima e desidero soltanto poterlo fare, ed il paradosso dei paradossi e’ come ho detto che a Roma, a Napoli, a Caserta, in Calabria, in Nordafrica, in Cina, in India, in Russia, mi conviene dire sono uno di loro, per come mi trattano, in Sicilia la mia terra, ho sempre fatica a doverlo fare, sto lottando in questo minuto perche’ vorrei portare ad Agrigento il festival che ho fatto a Valencia, in Spagna, delle tre religioni del Libro, il rabbino capo di Gerusalemme, L’Imam da Damasco, il cardinale più importante Parolinda da Roma, per parlare delle religioni e della convivenza tra esse. Sto incontrando difficoltà come ho incontrato quel giorno in cui volevo portare Mitoraj ad Agrigento, cosa che poi alla fine ho fatto, con l’addetto del Sindaco, che mi diceva, ma non so se parlo bene in Siciliano: “ma che boi, ma qui non abbiamo bisogno, perché c’abbiamo i templi”. Ho detto sì abbiamo i templi, ma io vorrei fare una mostra di questa meraviglia, e quando volevo regalare, far regalare al defunto Mitoraj un’opera, che ora è quella che consente ai visitatori di andare ad Agrigento a vederla che è l’Icaro caduto, non me lo volevano fare lasciare, era un regalo. A Pompei dove l’ho fatta ora c’è una statua che viene vista dall’autostrada e la gente convinta che sia una statua del tempo del famoso sisma viene a vedere Pompei. Siamo passati da 174.000 visitatori a 326.000 visitatori in quattro mesi ulteriori. Qui ho trovato questa atmosfera, l’atmosfera felice di dire sì, e allora io mi sono spinto, e spero di potervene dare testimonianza fra qualche giorno, perché, vorrei donare a tutte le scuole inferiori comunali le lavagne interattive che permettono ai ragazzi di potere interagire con i docenti attraverso questo sistema che è quello del domani. Tutti noi, tra qualche anno, io non sarò più in condizione di farlo e non ci sarò più, probabilmente, ma tutto accadrà attraverso il famoso IPhone con il quale necessariamente parleremo, già lo facciamo con i nostri figli, i nostri nipoti, con gli stranieri, con tutto il mondo, parleremo, leggeremo i giornali, non andremo in banca, ci misureremo la pressione, il battito cardiaco, i chilometri che facciamo e tutte le altre cose, guarderemo i nostri i nostri patrimoni e questa è una cosa fatta. Oggi in un giro che ho fatto con il Sindaco, ho visto delle cose talmente belle, che io credo che non esistano di simili in giro per l’Italia e ho proposto, sperando che si possa fare, perché pare che dipenda sempre da qualcos’altro, due cose, le dico perché è l’auspicio mio, per rendervi grazie per questo vostro applauso affettuoso e per questa accoglienza che mi avete fatto. Uno vorrei che una parte di questo ospedale che si chiama Umberto I che è abbandonato, una parte venga dedicato all’accoglienza delle donne maltrattate, quelle donne che poi diventano vittime dei carnefici delle proprie case e che spesse volte denunciano per mesi per anni i maltrattamenti e nessuno risponde finché non muoiono. Allora vorrei che potessero andare con i loro figli in un posto dove vengano accolte e assistite, finché la bufera non è passata, ed eventualmente interrotta, per poter evitare il peggio.

Parte dell’articolo de Il Messagero

Un’altra cosa che è un mio desiderio, ma questo qui torna il mecenate, quella meraviglia che è il Palazzo dei Benedettini, che non capisco come non sia la sede dell’università, è un mistero che mi sfugge, perché li avrei messo l’università e non in fondo valle, ecco io li vorrei, se fosse possibile, fare un museo, ovviamente con l’aiuto economico, perché questo no da solo non lo posso fare, e non ho neanche la norma che me lo consente, di ristrutturare un museo, uno spazio, ma potrei occuparmi di tutta la parte realizzativa, operativa, proprio con quel mondo che oggi viene dal Medio Oriente, e che è felice di tornare in questi Paesi, perché ci sono stati per 300 anni e ad Enna in particolare più degli altri punti della Sicilia, perché gli arabi in Sicilia ci sono stati per 300 anni e 330/340 a Enna, perché Federico II, nonostante i tentativi, non riuscì a mandarli via, quindi la mia speranza è convincerli , a questi Paesi che frequento a venire ad investire ad Enna, in uno dei luoghi più belli che io ho visto. Queste sono due speranze che non dipendono da me e quindi dico subito che saranno due miei tentativi, una cosa è certa, le lavagne è sicuro e tutto il resto che vorrete è assicurato. La preghiera che vi rivolgo, come ho detto quell’altra volta, quando ho ascoltato quel bellissimo concerto che avete fatto inaugurando la meravigliosa Torre illuminata, e’ io ci sono e vi ringrazio se mi aiutate ad aiutarvi, grazie infinite”.