L’ondata M5S si è abbattuta anche sulla provincia di Enna sconfiggendo il centrodestra e annichilendo il centrosinistra

Pensata per fermare il M5S, la legge elettorale fatta da Renzi d’intesa con Berlusconi e Salvini, con la quale si è votato il 4 marzo per eleggere il nuovo parlamento, non ha prodotto il risultato atteso dai loro autori. I consensi attorno al M5S sono aumentati di 7,1 punti percentuali passando dal 25,5% del 2013 al 32,6% del 2018. Il M5S ha aumentato i propri voti di oltre 1.500.000, passando dal 8,7 milioni del 2013 a 10,5 milioni. Il Pd perde 6,7 punti percentuali scendendo dal 25,4% del 2013 al 18,7% del 2018. Secondo l’analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna, questi risultati indicano che “il M5S non è un partito passeggero o estemporaneo rispetto alla storia politico-elettorale italiana, bensì un attore politico in corso di progressiva strutturazione territoriale e destinato a durare nel tempo, al di là degli accadimenti locali che lo contraddistinguono”. Il dato più clamoroso è che il Pd perde quote rilevanti di voti a favore del M5S e spesso anche verso la Lega, che raccolgono il consenso di quanti, e sono tanti, vivono in una condizione di disagio. Gli elettori del M5S, soprattutto al Sud, hanno un reddito medio più basso di quelli degli altri partiti. Dentro il M5S c’è una parte importante di popolo di sinistra, che ha abbandonato il Pd perché – come spiega il sociologo Domenico De Masi su “La Stampa” del 6 marzo – “il Pd oggi è un partito neoliberista, che ha fatto dei grillini il nemico, e il M5S raccoglie la stessa base sociale che una volta era del Pci di Berlinguer”. Un’eventuale apertura del M5S al Pd scaturisce da questo dato di fatto, ma questo sarà possibile con Pd senza Renzi, che farà di tutto per restare e per impedire che ciò accada. Il senso delle sue annunciate dimissioni a data da destinarsi, data che lui stesso sceglierà con lo stesso animo con il quale Bertoldo condannato a morte sceglierà l’albero in cui dovrà essere impiccato. Ma c’è chi, come Eugenio Scalfari, vedrebbe bene un’intesa M5S e Pd dalla quale potrebbe scaturire il partito della sinistra moderna. Mettendo a confronto i risultati delle elezioni europee, quando il Pd arrivò al 40%, e quelle delle elezioni nazionali del 2018, e analizzando i flussi elettorali, l’SWG ha rilevato una perdita di 5 milioni di voti nelle elezioni del 4 marzo. Di quei 5 milioni elettori, che nel 2014 votarono Pd, nelle elezioni del 2018, 1,6 milioni si sono astenuti e 3,3 milioni hanno voltato le spalle al Pd, votando in parte per il M5S (1.9 milioni) e persino per il centrodestra (900 mila). Il centrodestra, rispetto a 5 anni fa, incrementa di 7,6 punti percentuali (1,9 milioni) i voti raccolti, passando dal 29,6% nel 2013 (10,1 milioni) al 37,2% nel 2018 (12 milioni). I rapporti di forza all’interno del centrodestra, per la prima volta, si sono ribaltati a favore della Lega, che triplica i voti raccolti passando dal 4,1% del 2013 al 17,4% del 2018, e a svantaggio di Fi che scende dal 22% del 2013 (allora Pdl) al 14% del 2018. La guida del centrodestra passa dal Fi alla Lega e al suo leader, Matteo Salvini. I protagonisti del confronto politico sono il M5S, il primo partito italiano con il 32% del consenso elettorale, e la coalizione di centrodestra a trazione leghista che ha raccolto il 37%. Il Pd e le formazioni minoritarie della sinistra radicale giocano un ruolo di secondo piano. C’è, però, un paradosso. “Il paradosso è che oggi il Pd non può costituire un governo, stando all’opposizione potrebbe non far nascere alcun governo, perché nessuno dei due vincitori ha la maggioranza”, osserva Antonio Polito sul “Corriere della Sera del 7 marzo. L’ondata pentastellata ha travolto anche la provincia di Enna, confermando le previsioni della vigilia delle elezioni del 4 marzo, secondo le quali la partita si giocava tra il centrodestra e il M5S. Il candidato del centrosinistra (Venezia) all’uninominale, che pure si è dato molto da fare confidando sugli apprezzamenti della sua attività amministrativa di sindaco, è arrivato terzo con il 20% di voti, staccato di 8 punti percentuali dal secondo (Lo Monte del centrodestra), che si è visto pochissimo in giro per l’Ennese, e di 27 punti percentuali dal primo (Giarrizzo del M5S), che girava per i comuni dell’Ennese alla guida di un’auto piena di manifesti e con il secchio pronto per preparare la colla per attaccarli e senza fare promesse mirabolanti. Per lo stato di profonda crisi in cui è sprofondato il Pd dell’Ennese e per essere stata la competizione elettorale una competizione a due tra il candidato del centrodestra e il candidato del M5S, la candidatura del centrosinistra nell’Ennese all’uninominale si è rivelata una candidatura di servizio a favore dei candidati del centrosinistra nel plurinominale dove c’erano Elena Maria Boschi e Pietro Navarra, che ce l’hanno fatta ad essere eletti.

Silvano Privitera