Leonforte: soverchierie principesche all’Università Popolare

Leonforte nacque sotto domino spagnolo e come tutta la Val di Noto, sotto il dominio spagnolo rimase fino al 1713. Nel 1720 passò sotto il giogo austriaco e dopo innumerevoli mal vessazioni si accodò all’Unita d’Italia. Leonforte, fondata dal diciassettenne Niccolò Placido Branciforti visse sporadici episodi di protesta, legati a una volontà che ignorava le necessità degli agricoltori. Dai documenti si rileva che le cose degenerarono con l’arrivo delle facoltose famiglie, spinte dagli sgravi fiscali assicurati dai Branciforti. A gestire i feudi furono allora i gabelloti, che forti dell’assenza dei principi agivano in maniera che oggi diremmo “mafiosa”. Durante l’assenza del principe a governare furono le Università, gli odierni comuni, con i Secreti e i Maestri Notari. Dal 1630 il Secreto fu affiancato da quattro Giurati che sovraintendevano: all’amministrazione generale, all’annona, all’igiene e alla salute pubblica. La giustizia veniva amministrata da un Capitano di Giustizia. I leonfortesi entrarono fortemente in attrito con i Branciforti nel 1625 quando la peste bubbonica, che aveva già dilaniato Nicosia, Agira ed Assoro, risparmiò il paese. Il popolo attribuì il miracolo alla Madonna del Carmelo, i Branciforti invece lo volevano rendere al loro santo: San Rocco. La dedica incisa sul prospetto della vecchia Chiesa della Madonna restaurata nel 1785: “Unicae patronae huius civitatis” “all’unica patrona del paese” dimostra che ad avere la meglio fu il popolo. Gli ultimi quattro principi Branciforti si limitarono a fare i “cortigiani” fino al 1800, quando la crisi che attanagliò l’intera isola esplose anche in paese. Nel 1808 il disinteresse di Beatrice Natale, madre del terzo Giuseppe ancora minorenne, unitamente all’alluvione che devastò il paese distruggendo le già scarse economie segnò la fine di un periodo di crescita e sviluppo. Nel 1812 il Re abolì il feudalesimo, chiudendo il governo dei Branciforti a Leonforte. I leonfortesi cessarono così di essere vassalli e diventarono liberi cittadini sotto le soverchierie, fino al 1818, dei Magistrati Municipali, confermando l’assioma di Aristotole: “Uno stato è governato meglio da un uomo ottimo, che da un’ottima legge”.
Da Gli otto principi di Leonforte di Giovanna Maria

Gabriella Grasso