“Migrando” di Luigi Casabona, sensazioni di viaggi immaginari in musica

Docente di musica presso l’istituto comprensivo “Don Bosco” di Troina, Luigi Casabona (32 anni) ha composto 12 brani per pianoforte, violoncello, flauto traverso e voce, raccolti nell’album “Migrando”. Il titolo evoca al viaggio in luoghi lontani, ma non è un viaggio fatto con i moderni e veloci mezzi di trasporto. E’, invece, un viaggio fatto da fermo con l’immaginazione in luoghi leggendari e ricchi di mistero dove non c’è mai stato. Il brano “I racconti di Canterbury” è la canzone del pellegrino che lascia la sua casa senza farvi più ritorno. Sono anche luoghi esoterici, che affascinano Luigi Casabona.

Esserci non fisicamente, ma con la sola immaginazione, gli procura comunque forti emozioni e sensazioni che Luigi Casabona ha espresso in questi 12 brani di musica, che possono ben figurare in colonne sonore di film. Del resto, si sa che la musica è il linguaggio dell’interiorità e soggettività che, per il suo carattere universalistico, ha il vantaggio, rispetto ai linguaggi parlati, di essere capito da tutti. Molti dei luoghi dai quali ha tratto ispirazione per i suoi brani musicali si trovano in Irlanda. Ascoltandoli si ha la sensazione, a tratti, di ascoltare musica gaelica. C’è anche la Siria, con la guerra e l’islam, in questo viaggio immaginario in musica di Casabona. Ci sono anche luoghi di forte suggestione a lui vicini, come i Nebrodi e il monte Ilice in cui Giovanni Verga ha immaginato il suo romanzo “Storia di una capinera”, storia di un amore represso che conduce alla pazzia e alla morte. Ma ad incantare Luigi Casabona è l’Irlanda con il mito di Tristano e Isotta, con la leggendaria collina di Tara, l’isola di Man delle amabili fate Ben Varrey, la fata Beltane del fuoco luminoso e la fata Ashling che pratica la magia nera nei boschi. Ecco quello che ci ha detto Luigi Casabona a proposito delle fonti di ispirazione del suo album musicale: “Non sono mai stato in Irlanda né in Siria, non saprei dire se le sirene siano davvero esistite né mai ho assistito ai riti arcani della Notte di Beltane. Non ho vissuto l’amore di Tristano e Isotta, se non attraverso i libri, però l’ho immaginato durante le notti insonni o mentre osservavo alzarsi la tramontana dai Nebrodi o, ancora, nelle ore trascorse a cercare d’imparare l’arabo per entrare nel ritmo ipnotico di una tradizione non mia”.

Silvano Privitera