La Venere di Morgantina: cosa è una Dea, origine del mito

Aidone. Si è tenuto in questi giorni un evento su “La Dea di Morgantina: come raccontarne la storia, la cultura e il patrimonio artistico”: una “passeggiata” archeologica per promuovere e valorizzare il territorio archeologico-naturalistico che fa capo al sito dell’antica città siculo- ellenizzata di Morgantina.

L’incontro si è tenuto nella sala-convegni del Museo archeologico, l’ex Convento dei Cappuccini, realizzato nel ‘600, “posto all’apice di un meraviglioso parco di querce e conifere, oggi villa comunale, contiene intatta la dislocazione volumetrica del primitivo impianto, facente perno su un chiostro con pozzo ed elegante portico”: un luogo unico, che non ha paragoni in nessuna parte del mondo, un cantone dove armonicamente natura e archeologia si fondono creando uno spazio speciale e inimitabile.
Il Museo archeologico non è solo un’archeologia da raccontare e da rendere fruibile per tutti, ma è anche un’archeologia che segue nuove strategie e sopratutto innovativa per lo sviluppo locale, che si basa sulla valorizzazione delle numerose e variegate risorse territoriali per dare visibilità e valore a tutto quello che è intangibili e tangibile.
Il Museo non ha come obiettivo quello di creare uno spazio chiuso, accessibile solo tramite un biglietto di ingresso, è quello di creare un legame tra archeologia, cittadini locali, turisti e sopratutto imprenditori, che investono ogni giorno e credono nella forza economica del loro territorio.
Questo perché il bene archeologico non è un oggetto separato dalla realtà in cui vive ma è (dovrebbe essere sempre) strettamente legato all’ambiente sociale, culturale, economico in cui si trova.
Una serata ricca di spunti, anticipazioni e sopratutto di grande entusiasmo e approfondimento sull’origine del mito della Dea di Morgantina che ha coinvolto un gran numero di persone tra giornalisti, appassionati, studiosi e curiosi.
L’iniziativa, che ha nell’archeologia il suo punto di forza e che ha visto protagonista Aidone con la sua Dea, è stata un evento dedicato alla sensibilizzazione sulla storia del paese e all’integrazione socio-culturale, coinvolgendo personalità nel campo dell’arte (Maria Rosaria Bonanno, Paolo Battaglia La Terra Borgese, Enrico Caruso), della cultura (Cataldo Salerno), del giornalismo (Giuseppe Martorana, Carlo Alberto Tregua).
Chi raffigura la cosiddetta Venere di Morgantina?
“Non possiamo saperlo: ancora oggi, dell’argomento – ha detto il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese – manca una cognizione fonte di un’assoluta certezza scientifica. Tuttavia possiamo affermare, senza vincolo di dubbio, che si tratta una statua di divinità femminile realizzata a mo’ della furba tecnica degli acròliti del periodo greco-romano, cioè formata, al fine di economizzare, da un composizione di pezzi: le parti nude della raffigurazione sono in marmo, e, nel nostro caso, la struttura tutta è armaturata da più modesti sostegni calcarei. È interessante perciò, in questo consesso sorellevole della mitologia greca, comprendere cos’è una dea. Per questo occorre veicolare l’attenzione verso il concetto di donna, divinità e mortale, e per questo bisogna affrontare il tema dell’iniziazione femminile, per così conoscere meglio il mito attraverso l’aspetto esoterico.
Un esempio di mito in occidente è Demetra, dea vulnerabile (non vergine) delle messi e dell’agricoltura, conosciuta dai romani come Cerere ‘cereale’, da cui dipendevano sia il ciclo delle stagioni che quello della vita e della morte: la figlia Kore viene rapita, vicino all’odierna Aidone, dallo zio Ade, dio degli inferi, costui la porta con sé nel mondo sotterraneo, e la sposa.
Demetra non sa cosa sia accaduto alla sua generata, e assalita da inconsolabile sconforto si priva delle sembianze di Dea e si maschera da persona anziana per cercarla: erra sulla terra, fino a giungere ad Eleusi, piccolo centro vicino Atene dove scopre la sorte della figlia. Violentemente adirata, Demetra ripiglia le sue sembianza autentiche e, da Dea qual è, rende secchi tutti i frutti della terra fintantoché non riavrà con sé la figlia: gli umani rischiano dunque la morte per fame. Allarmato di ciò interviene il padre di Kore, Zeus: egli si reca da Ade per ottenere, con la propria intercessione, la liberazione della ragazza.
Si osservi -dice ancora il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese- che Kore da adesso è chiamata Persefone (in latino Proserpina e Core) poiché, dopo lo sposalizio, non è più considerabile una adolescente ma la regina degli inferi.
Il dio d’oltretomba rende alla madre la sua sposa solo dopo averle fatto ingerire dei chicchi di melagrana che costringeranno Persefone a ritornare da lui per 6 mesi all’anno.
Tale prima parte del mito esprime la ciclicità spazio-temporale delle stagioni: autunno e inverno collineano i 6 mesi soggiornati da Persefone insieme ad Ade; mentre invece le altre due stagioni sono rappresentate dai 6 mesi vissuti da Persefone insieme alla madre.
Demetra stessa aveva impostato i misteri Eleusini, questi erano riti di iniziazione che introducevano alla comprensione della verità attraverso il superamento di prove fisiche e psicologiche nei modi tipici dell’azione teatrale del mito di Demetra e di Kore.
Ma definire tutto ciò unicamente come similitudine sottintesa del ciclo naturale, con spedita attinenza alla morte e alla rinascita di piante e natura, potrebbe essere un’interpretazione piuttosto sbrigativa e riduttiva.
Personalmente trovo interessanti due differenti interpretazioni:
La prima: gli iniziati che partecipavano ai Misteri riuscivano ad accogliere la morte e anche a superarla, predisponendosi a ciò tramite l’acquisizione di attributi superiori. In tale sistema, dal punto di vista esoterico, ravvisiamo come un rito, che manifestava e al contempo era rivelato in un mito, consentisse a donne e a uomini di assumere funzioni divine e di conoscere nel proposito esperienziale una metamorfosi nelle dee e negli dei; e ugualmente di rievocare, con la scena drammatica, i temi focali della vita e della morte, come ad esempio celebrare l’accesso completo all’età adulta, riferita pure all’iniziazione sessuale.
L’altra spiegazione prende avvio dall’esistenza del vigoroso ed energetico legame tra Demetra e la figlia Kore, esplicitato dall’angoscia di Demetra alla scomparsa di Kore: madre e figlia possono dunque essere considerate un tutt’uno, due significati della stessa figura: Vita e Morte: il magistero segreto tramandato coi misteri Eleusini era che la vita e la sua dipartita sono i due volti dell’esistenza; e il sonno eterno deve accettarsi giacché esso anticipa la vita, della quale è attributo vincolante.
Ulteriore aspetto rilevante è che una delle dee nella donna lavori sul proprio “animus”, cioè la parte maschile viva in ogni donna, assorbendo così questa energia innata per poter gestire circostanze difficili. Per dirlo un po’ nei modi di Platone: lungo il corso della vita tutte le donne devono affrontare numerose difficoltà, ma ripercorrendo simbolicamente le fasi delle divinità greche, saranno in grado di trovare la luce che è fuori dalla caverna.
Gli esperti affermano che i riti misterici giunsero in Grecia dall’Egitto, dove riti similari evocavano il mito di Iside e Osiride.
Osiride, veniva figurato pitturato di verde, tinta della putrefazione, che previene la rinascita. Egli è il dio della morte, della fertilità e dell’agricoltura. Per motivi di gelosia viene ucciso dal fratello Seth che ne spezzetta pure il corpo in 14 parti che sparge in tutto il mondo. Iside, sposa e sorella di Osiride, senza più alcuna speranza per la fine del proprio sposo, ricerca e riunisce le parti del corpo tranne il fallo, che non ritrova, e che realizzerà in legno. Magicamente rianima il fisico, vi si pone sopra e arriva a concepire un figlio: Horus, che da grande ucciderà Seth per vendicare il padre (nello scontro perse il famoso occhio). Dunque sempre una dea riesce a far trionfare la vita sulla morte.
Di questo mito era intriso il rituale di morte e rinascita dei Faraoni in occasione della loro investitura. E anche se normalmente i Faraoni fossero uomini, il sesso femminile non era escluso da tali riti, come conferma la figura di Hatshepsut, regina a cui si deve la magna pars del pensiero monoteistico, prima dello stesso Akhenaton.
La figura di donne iniziate ai Misteri femminili è oltretutto descritta nei racconti della vita di Pitagora e delle sue opere.
Lungo il viatico storico si incontrano numerosissime donne iniziate. Una è Maria l’Ebrea (Miriam), vissuta ad Alessandria d’Egitto tra il I e il III secolo d.C., (anche se, secondo alcuni alchimisti del passato, era sorella di Mosè e Aronne, e dunque da collocarsi prima della nascita di Gesù Cristo). Un’altra è Hypatia (tra IV e V secolo d.C.), figlia di Teone di Alessandria, filosofo, matematico, astrologo greco antico e unico grande iniziato del tempo a guidare le donne verso la via iniziatica. E poi, della scuola pitagorica, ricordiamo Myia, ad un livello di conoscenza tale che la via di casa sua era chiamata ‘Accademia’; e ancora Arignote; e Damo; e Teano di Crotone. E anche la Pizia di Delfi, seppur estranea alla scuola di Pitagora. E poi, più avanti nel tempo, Hildegarda di Bingen nel XII secolo e pure Isabella d’Este Gonzaga nel XV secolo.
Tarquinia Molza, XVI secolo, degli Innominati di Parma, accademia a cui apparteneva pure Isabella Pallavicino, fondatrice, questa, dell’accademia degli Illuminati, a cui si strinse pure Maddalena Campigna.
E ancora Cristina di Svezia.
Poi, da origini molto antiche nasce nel 1717 la Massoneria speculativa, Istituzione iniziatica che ammette al suo interno solo uomini. Tuttavia Elisabeth Aldworth viene ammessa in una Loggia allorquando scoperta a spiare i Lavori Massonici, giusto per farle prestare giuramento e non rivelare così ciò che aveva visto e sentito, tanto che alla sua morte ebbe l’onore dei funerali massonici.
Giusto per curiosità: Maria Montessori, prima donna medico in Italia, conosciuta in tutto il pianeta per l’innovativo metodo di educazione dei bambini, tenne il suo primo discorso sul suo metodo nel Tempio Massonico di Washington, correva l’anno 1914.
Il veto all’Iniziazione delle donne in Massoneria ha a che fare con la diversità. Il mito tramanda che gli uomini erano perfetti e non si prevaricavano. Esistevano tre sessi: maschio, femmina e androgino, quest’ultimo un tutt’uno tra maschio e femmina. Ciascuno aveva quattro braccia e quattro gambe, e la testa a due facce. Ma quando l’umanità peccante di alterigia tentò di scalare l’Olimpo, Zeus punì gli uomini spaccandoli in due e l’androgino divenne metà maschio e metà femmina. Così oggi siamo sempre alla ricerca della nostra metà, e trovandola ricompare l’antica perfezione.
Ne dice qualcosa il dipinto più famoso al mondo: la Gioconda.
Come anche l’Allegoria della Geometria di Laurent de La Hyre, dove sorgono espressioni sia femminili che maschili, dove compaiono piramidi, una sfinge, il serpente contorto sul globo terrestre, la squadra e il compasso e il filo a piombo, a significare che l’essere iniziato alla conoscenza delle leggi dell’universo, quindi effettivamente dotato di dottrina morale e spirituale, di saggezza e di equilibrata prudenza, superando la conflitto fra le diversità, sunteggia in sé sia le caratteristiche femminili quanto quelle maschili.
Per concludere, e arrivare ai giorni nostri, possiamo riferire -dice infine il critico d’arte Paolo Battaglia Borgese La Terra- che in chiave cristiana il mistico è colui che fugge il molteplice e cerca l’Uno; nei misteri di Demetra il ‘mistico’, l’iniziato, è colui che nel molteplice trova l’Uno”.

Nino Costanzo