Pedofilia/ caso Ferreri, don Di Noto: chi ha ucciso Francesco è libero, mangia, beve e non sembra rodersi la coscienza

“Non dirò ‘non rispettiamo le sentenze’, non esprimerò velate preoccupazioni nel sapere che chi ha ucciso Francesco è libero, mangia e beve, si gode la vita: e in silenziosa e omertosa apparenza non sembra rodersi la coscienza sporca e fallita. Uomini senza umanità, perché un vero e autentico uomo è tale se riesce ad assumersi le proprie responsabilità, accetta e dichiara gli errori e chiede giustizia e misericordia per se e per la vittima. Chi non è così non è un uomo! E non c’è niente da ridere con sorrisi cinici di fronte a queste considerazioni”. E’ con queste parole che don Fortunato di Noto, sacerdote fondatore dell’Associazione Meter (www.associazionemeter.org) apre un editoriale sul settimanale della Diocesi di Piazza Armerina dedicato all’assoluzione, nei giorni scorsi, dei presunti assassini e di Francesco Ferreri, il 13enne di Barrafranca (EN) ucciso con 20 colpi di chiave inglese nel 2004.

Poi il sacerdote passa a parlare al bambino: “Non mi sento di dire che abbiamo fallito, né sento di essere fallito nell’azione di promozione e difesa dei bambini, e di te Francesco, da quando ti abbiamo conosciuto nelle tragiche vicende che hanno colpito anche la tua famiglia, non ci stancheremo oggi e domani di ricordarti come una delle vittime di una società e cultura fatta di violenza, sopraffazione, indifferenza e omertà. Dove tutto si dimentica, dove tutto deve cadere nell’oblio, dove l’assenza strappata di un bambino ad una famiglia è considerata con questa sentenza “caso irrisolto”, inserito in un database della giustizia umana e nelle pagine dei giornali”.

Il sacerdote continua: “Tutti ti hanno ucciso! Scarna consolazione di chi fatica a crede nell’efficacia di un sistema giudiziario che garantisce i garantiti, e dimentica le vittime, negando a chi è stato colpito e soppresso di ricevere giusta soddisfazione a chi è stato individuato come autore di delitti e reati. Perché è negazione del fatto che tutti negano. Nessuno conosce la verità, nessuno è capace di dire la verità, e chi conosce i fatti ha la doppia responsabilità di essere partecipe di un omicidio. Un omicidio di un bambino. Di questo si tratta, e non dobbiamo mai dimenticarlo”.

“Le urla di questo ragazzino, scrivevo nel 2010, ammazzato come ricordiamo con vari colpi alla testa, continuano e continueranno a risuonare nelle coscienze di chi ha compiuto questo gesto infame e in quelle di chi non farà il massimo per assicurare alla giustizia gli assassini di Francesco. Ci sono mostri della porta accanto, che frequentano le nostre case, le nostre piazze, le nostre scuole, le nostre chiese con i volti coperti di cera e di bronzo, ma dentro il putridume e il fetore lo percepiscono da lontano gli avvoltoi loro simili: cadaveri che hanno disseminato cadaveri. Il giusto e il piccolo, anche se calpestato, deriso,
sprangato, denudato, non muore mai e interpella le nostre deboli coscienze”, conclude il sacerdote chiedendo ai bambini di “Indignarsi, ribellarsi, agire con amore contro l’oblio della giustizia, della politica, della cultura, della fede”.