Enna. Cassazione decide su arresto ex direttore Consorzio di Bonifica

I giudici della Corte di Cassazione in settimana esamineranno il ricorso presentato dall’ex direttore del Consorzio di Bonifica Antonio Risita, 69 anni, arrestato dalla Guardia di Finanza e indagato per truffa, falso, abuso d’ufficio e peculato, reati commessi tra il 2006 e il 2009. Venerdì i giudici romani decideranno sul ricorso presentato dal difensore, Nicola Martello del foro di Catania, che chiede l’annullamento dell’ordinanza di carcerazione ed in questo contesto alcune accuse potrebbero cadere. Alcune contestazioni della Procura si basano sulle dichiarazioni di operai e imprenditori, testimonianze che per la difesa sarebbero inutilizzabili per questioni di forma, alcuni testi dovevano essere assistiti. La difesa cerca di evidenziare molti casi di illegittimità, tra cui il fatto che l’ordinanza del Riesame mancherebbe di motivazioni, perché non avrebbe risposto ad alcune contestazioni fatte dalla difesa, nel ricorso contro l’ordinanza del gip di Enna Luisa Maria Bruno, emessa su richiesta del procuratore Calogero Ferrotti, e perché, per altri aspetti darebbe un’interpretazione controversa di alcune norme. Nasce da questa considerazioni il ricorso alla Suprema Corte di Giustizia che venerdì dovrà decidere. I finanzieri del nucleo di polizia tributaria accusano sostanzialmente il direttore Antonio Risita di essersi fatto assegnare premi e compensi speciali, per svariate migliaia di euro, di aver utilizzato operai e mezzi del suo ente per compiere dei lavori a casa sua in orario di servizio; e di aver portato a casa carte geologiche e progetti del Consorzio. Antonio Risita, nel corso dell’interrogatorio, ha sempre respinto ogni accusa rimandato al mittente, professandosi innocente. Anche la presunta complice di Risita, la segretaria del Consorzio Anna Paladino, difesa dall’avvocato Antonio Impellizzeri, nel corso del suo interrogatorio, aveva respinto l’ accusa di peculato che le veniva contestata, documentando con documenti l’acquisto di alcuni condizionatori d’aria che per l’accusa appartenevano al Consorzio.