Ricette povere della tradizione contadina: la polenta di cicerchia

Aidone, come gran parte dei piccoli paesi siciliani, ha avuto tradizionalmente una cucina molto povera in cui prevalevano le verdure, i cereali e i legumi; in cui il pesce era quasi del tutto assente e le carni, molto preziose, si consumavano solo nelle feste principali. Ma di questa cucina, che avevamo rimosso, nel tempo  ho scoperto il valore che consiste proprio nella sua semplicità, fatta di alimenti sani che si gustano nella loro schiettezza e genuinità, dal momento che anche i condimenti sono pochi e diretti.

Uno dei piatti più tradizionali, dimenticato negli anni del boom economico e da qualche anno tornato nelle tavole degli aidonesi, è la polenta di cicerchia, o come la chiamavano i vecchi i frasquatul’; essa ha rappresentato un alimento fondamentale nei momenti più critici della nostra storia e forse, appunto per questo,  gli anziani hanno preferito dimenticarla. Solo recentemente è stata rivalutata, incentivandone la coltura, è diventato un alimento di pregio, se si arriva a pagare la farina sei euro al chilogrammo!

La cicerchia (Lathyrus sativus, detta anche cicerula, cece nero, dente di vecchia, pisello quadrato) è una leguminosa da granella conosciuta da sempre nel bacino del Mediterraneo. Come legume ha avuto una parte importante nella cucina povera, in Aidone è stata da sempre usata come farina ottenuta macinando i legumi previamente tostati. Negli anni della razionamento del grano, e poi del dopoguerra, sostituiva, sulla tavola dei poveri e dei contadini, la pasta e il pane. Veniva mangiata calda appena cotta, condita con olio di oliva, aglio e verdure (finocchietti selvatici,  sanacioli, muzzatura o spicuneddi, questi ultimi le infiorescenze –i rusunedd’- rispettivamente  dei broccoletti e dei cavoli)  o fredda fritta in padella. Gli aidonesi ormai, all’inizio dell’inverno si forniscono di qualche chilo di farina e non si fanno intimidire dal prezzo elevato. Qualche anno fa fu pubblicato un pregevole volumetto che raccoglieva le ricette tradizionali e di invenzione estemporanea, che avevano come alimento base la cicerchia,  ricette sperimentate dalle mamme dei ragazzi della scuola media a conclusione di un progetto supportato dalla S.O.P.A.T., che includevano tutto un menù, dal primo al dessert… non so se ancora qualcuno le arrischia, ma so che la classica semplicissima polenta è sempre gradita a grandi e piccoli e, fritta, non manca sulle tavole importanti delle feste. E allora ecco la ricetta.

Polenta di cicerchia
Ingredienti
Quattro litri d’acqua per circa mezzo chilo di farina
Olio, sale, aglio, un pugno di finocchietti selvatici o di broccoletti
Come si fa
Quando l’acqua è in ebollizione, a piacere, mettere un pugnetto di verdure tagliuzzati da far cuocere per una decina di minuti. Raffreddare con un bicchiere d’acqua fredda, portare al minimo la fiamma e con l’aiuto di una frusta cominciare a versarvi a pioggia la farina di cicerchia fino a quando raggiunge la consistenza desiderata e comincia a ribollire;  aumentare la fiamma e far cuocere per un quarto d’ora circa, sempre rimestando; intanto fra soffriggere in abbondante olio di oliva l’aglio, aggiungere alla polenta e rimescolare per amalgamarlo bene; spegnere e versare nei piatti.
Si può mangiare così com’è, con un po’ di pepe e peperoncino, accompagnata con salsiccia o coniglio selvatico al sugo.

FRITTA – Lasciarla raffreddare nel piatto dov’era stata versata per almeno 12 ore, ma si  può mantenere anche per alcuni giorni  in frigo. Capovolgerla su un tagliere e tagliarla a fettine dello spessore di un cm circa, infarinare le fette e friggerle in olio caldo. Quando è dorata da tutte due le parti comporla nel piatto di portata. L’optimum è mangiarla calda e croccante così com’è, ma c’è a chi piace arricchirla con una spolverata di zucchero.


a cura di Franca Ciantia