Stanziati 650 mila euro per la bonifica della miniera di Trabonella. E Pasquasia? (solo un atto ispettivo!)

miniera di TrabonellaCaltanissetta. Parte col piede giusto la sottocommissione di studio sulle miniere, istituita di recente all’Ars su richiesta del capogruppo del Movimento Cinque Stelle, Giancarlo Cancelleri. L’assessorato regionale all’Energia ha stanziato 659 mila euro mila euro per la bonifica della miniera nissena di Trabonella, per la quale da tempo i deputati Cinque stelle si stanno battendo.
La miniera Trabonella, dove sono abbandonate notevoli quantità di amianto, sta particolarmente a cuore pure all’associazione “Amici della miniera”, che con il suo presidente Mario Zurli ha fatto più di una battaglia per la riqualificazione della struttura adagiata sulle rive del fiume Imera, per farne una grande risorsa da sfruttare in chiave turistica e rilanciare l’economia della zona.
“Una volta archiviata la fase di bonifica – dice Cancelleri – cercherò di coinvolgere l’assessore regionale al Turismo. La bonifica della miniera, infatti, potrebbe tramutarsi in una fonte di lavoro, oltre a consentire il recupero della nostra identità storica”.
Oltre alla miniera nissena sono numerosissimi gli obiettivi nel mirino della sottocommissione di palazzo dei Normanni, i cui lavori procederanno in tre tappe: mappatura dei siti, studio sanitario per accertarne le effettive condizioni, proposta di bonifica, con l’obiettivo di avviare questi luoghi ad uno sfruttamento turistico.
“Una commissione di questo tipo – afferma Cancelleri – era doverosa per la tutela della salute dei cittadini. Le miniere abbandonate potrebbero essere fonte di notevole rischio per la salute, a causa dei materiali tossici e radioattivi che potrebbero esservi abbandonati o nascosti dalle ecomafie. Alla presenza di discariche dimesse potrebbe essere legato anche l’aumento delle patologie tumorali in diverse aree dell’isola, anche se è difficile stabilire il rapporto causa-effetto tra la presenza di siti di questo genere e le malattie”.


Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01126
Atto n. 4-01126
Pubblicato il 18 novembre 2013, nella seduta n. 138
CATALFO, BERTOROTTA, LEZZI, MOLINARI, NUGNES – Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute. –
Premesso che:
la miniera di Pasquasìa, situata in provincia di Enna, lungo la valle del fiume Morello, è stata la più importante miniera per l’estrazione di sali alcalini misti, ed in particolare di kainite, per la produzione di solfato di potassio della Sicilia;
per cause non ancora appurate le attività della miniera cessarono repentinamente e senza preavviso nel luglio 1992;
i motivi di quella improvvisa chiusura non sono mai stati ufficializzati, anche se sin da subito si evidenziava un’altra verità ossia che la miniera di Pasquasìa avrebbe cessato l’attività estrattiva per ospitare nel suo complesso rifiuti nucleari. Scorie di tipo radioattivo delle quali la popolazione non avrebbe dovuto sapere nulla;
l’utilizzo del sito minerario come deposito occulto di scorie radioattive è risalente nel tempo: tale dato è deducibile da una pubblicazione dell’Enea del 1990 intitolata “Indirizzi generali e pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi” in cui si legge: “sono state avviate le azioni per la costruzione, in collaborazione con l’Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia (EN). Il laboratorio viene costruito nella rampa di accesso ai depositi minerari, ad una profondità di 160 mt. (…) Esistono al momento in Italia le tecnologie per il trattamento e condizionamento, mentre per la custodia di questi rifiuti la saturazione dei magazzini di stoccaggio esistenti e la recente sospensione delle operazioni di affondamento in mare, condotte sotto l’egida della Nea (Nuclear Energy Agency ndr), rendono improrogabile il reperimento di siti di smaltimento su suolo nazionale”;
il sito minerario, posto sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Enna nel 2011, è stato recentemente dissequestrato al fine di permetterne l’acquisizione da parte di società interessate allo sfruttamento del sito stesso;
considerato che:
sin dal 1997 le autorità sanitarie locali rilevavano la presenza di Cesio 137 nell’area circostante la miniera in quantità di gran lunga superiori alla norma;
i dati riguardanti tale contaminazione radioattiva sono stati confermati da uno studio epidemiologico condotto dal dottor M. Cammarata del dipartimento di Oncologia dell’ospedale di Enna, il quale ha rilevato un aumento dei casi di leucemia e tumori nell’ordine del 20 per cento nel solo biennio 1995-1996;
il problema relativo alla dismissione di scorie nucleari è già stato oggetto di atti di sindacato ispettivo presentati nella XVI Legislatura (4-07654, 4-04640, 4-05006);
verso la fine degli anni ’90, l’assessore per il territorio e l’ambiente della Regione Sicilia Ugo Maria Grimaldi cercò di condurre ispezioni sul sito minerario di Pasquasia, incontrando numerose difficoltà e successivamente dichiarò in un’intervista il 16 marzo 2001: “Non volevano nel modo più assoluto che si vedessero i pozzi. Quando poi sono riuscito ad entrare all’interno della miniera, la cosa più strana che vidi era che uno di quei pozzi, che loro chiamavano bocche d’aria o sfiatatoi enormi e profondi, dal diametro di più di 15 metri, era stato riempito con materiale che di sicuro era stato trasportato all’interno della miniera per chiudere, per tappare in modo definitivo quella bocca. E non si tratta di materiale buttato dentro casualmente, come può verificarsi in una miniera temporaneamente chiusa, come quando qualcuno che vede una pietra e che la butta dentro. Qui si tratta di TIR carichi di materiale che poi hanno buttato dentro appositamente per seppellire e nascondere un qualcosa”;
il primo a parlare della presenza del fenomeno era stato, nel 1992, il pentito di mafia Leonardo Messina, già membro della cupola di Cosa nostra, che lì aveva lavorato come caposquadra. Nel giugno 1992 Messina raccontò a Paolo Borsellino che le gallerie sotterranee della miniera di Pasquasìa erano state utilizzate come depositi occulti per lo smaltimento di scorie radioattive da parte di organizzazioni criminali siciliane. Messina ha anche precisato che le attività illegali sul sito proseguivano sin dal 1984 e cioè da quando l’Enea aveva avviato uno studio geologico, geochimico e microbiologico sulla formazione argillosa delle miniere e sulla loro resistenza alle scorie nucleari; su tali circostanze il testimone è stato ritenuto attendibile dall’allora procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna;
la Procura di Enna ha avviato nel 2010 un’indagine sullo stato di abbandono della miniera e i consulenti della procura, che hanno effettuato dei sopralluoghi, hanno riscontrato la presenza di un milione di metri cubi di rifiuti speciali pericolosi che potrebbero aver contaminato le falde acquifere e il vicino fiume Morello. Inoltre all’interno dell’area mineraria dismessa sono stati rinvenuti anche un centinaio di bidoni con sostanze tossiche,
si chiede di sapere:
quali iniziative di competenza siano state poste in essere dai Ministri in indirizzo al fine di tutelare gli abitanti delle zone contigue al sito minerario di Pasquasìa, soprattutto sotto il profilo ambientale e sanitario;
quali misure siano state intraprese, sotto il profilo della sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro, al fine di tutelare i lavoratori che verranno impiegati sul sito minerario recentemente riaperto;
quali provvedimenti siano stati adottati al fine di identificare i soggetti responsabili dei fatti.


«Appare logico ipotizzare che l’area mineraria dismessa tra Enna e Caltanissetta possa essere l’area finale dello stoccaggio illegale di rifiuti speciali», dice il deputato di Sel Erasmo Palazzotto, che ha presentato un’interrogazione al governo, mentre all’Assemblea regionale siciliana il Movimento 5Stelle ha ottenuto la costituzione di una sottocommissione d’inchiesta. D’altronde, già nel 1999 Legambiente calcolava che in Sicilia si producevano 47 mila tonnellate di scorie tossiche e nocive, ma ne venivano smaltite oltre 90 mila. I primi erano veleni domestici. Gli altri di importazione.