A Morgantina c’era il palazzo comunale

Morgantina Malcolm Bell Henry SharpAidone. Le guide all’agorà di Morgantina dovranno essere riviste: il lungo edificio costituito da 21 ambienti affacciati su un portico che definisce la piazza dal lato nord non è un GIMNASIUM, ma la sede degli uffici amministrativi della antica città greca (il palazzo municipale, diremmo oggi). Avevamo sempre immaginato in quello spazio giovani atleti che si cimentavano nello sport preferito, ma ci sbagliavamo. Sotto quel portico, passeggiavano, si consultavano e deliberavano gli arconti ( gli assessori) della Polis per prendere le decisioni più opportune per la comunità.
Come si è arrivati alla scoperta? Non è stato semplice, ma la equipe del prof. Malcolm Bell ci ha abituati a sorprese del genere, frutto di studio meticoloso e di continui interrogativi posti ai dati archeologici. In uno dei primi vani del lungo edificio è affiorato a livello pavimentale un altare finemente intonacato e modanato, sotterrato dopo la conquista romana della città. Accanto all’altare, una rara iscrizione lo dedicava ad ESTIA, la divinità del focolare domestico, quella che garantiva l’unione e la tenuta di una famiglia, ma non solo. Estia era anche il nume tutelare della grande famiglia costituita da una comunità di cittadini, che a lei si affidavano per evitare la disgregazione ed assicurare la saldezza delle loro istituzioni. Conclusione: dove c’era un culto pubblico di Estia, doveva esserci il cuore pulsante dell’amministrazione civica, il palazzo di città, il motore di tutto. Quel palazzo, sino a quando fu in piedi, fu un modello di perfezione architettonica: un grande ambiente centrale con due ali simmetriche di dieci uffici per ala, ciascuno dotato di un locale di servizio ( gli archivi?). Davanti, un lungo portico li unificava e li riparava dal sole e dalle intemperie. Oggi il portico non esiste più, ma un pugno di cipressi secolari assolve alla stessa funzione al servizio dei visitatori, perché i vecchi arconti di Morgantina riposano nei loro sepolcri sulle ripide pendici di san Francesco, quando non li disturbano i tombaroli.
Come tutti i grandi edifici pubblici dell’agorà, il palazzo civico di Morgantina, nella sua ricostruzione in epoca “geroniana”, ebbe poca vita nel suo significato simbolico e nella sua funzione originaria: appena cinquant’anni ( dal 260 al 211 a.C.)! La brutalità dei mercenari spagnoli, ai quali fu consegnato dai romani, non aveva che farsene, come non aveva che farsene di tutti gli altri luoghi nevralgici ove si era esercitava la democrazia. Rimase l’altare, però, tanto pesante che preferirono lasciarlo sul posto, coperto da una manciata di terra, e rimase una mutila dedica alla divinità del focolare collettivo, calpestata e dimenticata in un angolo, reperti oggi riemersi per raccontarci l’utopia di tutto un popolo, scomparso per non essersi piegato al “nuovo regime”.

Silvio Raffiotta

foto: Il prof.Malcolm Bell e l’archeologo Henry Sharp ripuliscono l’altare di Estia rinvenuto nell’agorà di Morgantina