Appalti: la competitività passa da semplificazione e riduzione dei ricorsi

appaltiApprovato definitivamente il cosiddetto Decreto Competitività (DL 90/2014) con numerose novità in materia di appalti pubblici, alcune delle quali sono destinate a suscitare perplessità per l’espressa volontà di porre un argine all’eccesso dei ricorsi amministrativi che accompagnano la gestione di un appalto pubblico.
Negli anni l’abuso di processo amministrativo ha innescato una spirale da cui spesso si esce dopo anni e ancor più spesso causando una perdita di finanziamenti a causa dei ritardi che ne conseguono.
E’ il caso ad esempio della panoramica di Enna. Dopo anni di polemiche e di ricorsa di finanziamenti quando finalmente si era giunti ad aggiudicare l’appalto, puntualmente viene presentato un ricorso che con un eccesso di valorizzazione di aspetti formali scapito di quelli tecnici o sostanziali ha bloccato l’aggiudicazione e ove dovesse trovare riscontro nel successivo grado di valutazione amministrativa rischia di vanificare l’intera procedura, non producendo neanche un vantaggio per il ricorrente. Infatti il TAR di catania ha disposto l’annullamento di tutti gli atti con conseguente necessità di rifare la gara. Non si comprende in casi quali quello della Panoramica che vantaggio possa avere un ricorrente che si propone non già di vedersi aggiudicato l’appalto ma quello di annullare l’intera procedura.

Al di là del caso citato è evidente che il sistema degli appalti, afflitto da un eccesso normativo e regolamentare, è sempre più esposto al rischio di abuso dei ricorsi, così il Governo ha inteso porre alcuni primi rimedi, che però ad una primo esame sovvertono i principi di par condicio nel processo amministrativo, lascino una potere (e quindi discrezionalità) alla stazione appaltante, che saranno certo oggetto di polemiche e contestazioni.
ma vediamo nel dettaglio la norma in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

All’art. 39, rubricato “SEMPLIFICAZIONE DEGLI ONERI FORMALI NELLA PARTECIPAZIONE ALLE GARE” il legislatore interviene sulla disciplina dei requisiti di ordine generale, di cui all’art. 38 del Codice degli appalti, necessari per la partecipazione alle procedure di gara, prevedendo che in caso di mancanza, incompletezza o altre irregolarità essenziali non solo delle dichiarazioni ma anche degli elementi delle dichiarazioni sostitutive, il concorrente possa provvedere alla relativa sanatoria, previo pagamento di una sanzione pecuniaria stabilita dal bando, del valore non inferiore all’uno per mille né superiore all’uno per cento del valore della gara e, in ogni caso, non può superare i 50 mila euro. Viceversa, nei casi di irregolarità, incompletezze o mancanze nelle dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante non richiede alcuna regolarizzazione né applica sanzioni.

Tali previsioni si applicano ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni da produrre in gara, anche da parte di soggetti terzi (progettisti, direttori tecnici, ex amministratori ecc…)

E veniamo all’aspetto secondo chi scrive destinato a produrre gli effetti più rilevanti, azzerando di fatto ogni ragionevole ragione di ricorso. Il provvedimento infatti prevede che ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte, non rileva ai fini del calcolo della media né della soglia di anomalia delle offerte.

Al di là di alcune approssimazione nel dettato letterale della norma (che specifica che si è in una fase successiva all’ammissione delle offerte) l’effetto macroscopico rilevabile è certamente la inefficacia pratica di qualsivoglia ricorso sulle procedure di ammissione delle offerte, stabilendo un primato assoluto delle determinazione della commissione di gara, al d là della correttezza delle stesse. In epoca di lotta alla corruzione tale primato stride con la volontà di contrasto determinata in altre norme.

Sempre sul tema della lotta a l’abuso di processo ed ai suoi effetti dilatori sul procedimento di affidamento degli appalti, il Decreto continiene altre norma non meno importanti, quali gli art.. 40 e 41.

Con l’art. 40 – MISURE PER L’ULTERIORE ACCELERAZIONE DEI GIUDIZI IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI vengono previste alcune misure per l’accelerazione dei giudizi in materia di appalti pubblici, tra cui la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata da tenersi entro 45 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti .È stato, inoltre, introdotta una ulteriore disposizione che impone l’obbligo di contenere le dimensione del ricorso e degli altri atti difensivi nei termini che saranno stabiliti da un successivo decreto del Presidente del Consiglio di Stato, e che verosimilmente non si discosteranno da quelli stabiliti da diverse sentenze in non oltre 20 pagine.

Con l’art. 41 – MISURE PER IL CONTRASTO ALL’ABUSO DEL PROCESSO – vengono rafforzate le misure per il contrasto all’abuso del processo, tra cui la possibilità per il giudice di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati, e l’elevazione dell’importo della sanzione, in caso di lite temeraria, fino all’uno per cento del valore del contratto.
L’auspicio è che a una riduzione dei diritti corrisponda una reale accelerazione dei procedimenti di aggiudicazione, una strada per far ripartire gli investimenti insieme alla ridefinizione del fittoli di spesa che influiscono sul cosiddetto patto di stabilità.

a cura di Gildo Matera