Morgantina riscoperta. Le archeopasseggiate dell’Archeoclub con guide di eccezione

Morgantina riscoperta. Le archeopasseggiate dell’Archeoclub con guide di eccezione
Negli ultimi anni l’Archeoclub Aidone-Morgantina si è fatto promotore di una iniziativa lodevole e culturalmente valida, l’ha chiamata archeopasseggiata, qualcosa tra una lezione di archeologia e una visita al sito archeologico di Morgantina con guide di eccezione; gli stessi archeologi, che hanno condotto le campagne di scavi, in modo generoso e con un linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori, condividono con i visitatori il frutto delle loro faticose ricerche; lo scopo, infatti, non è visitare la città nel suo complesso, ma ogni volta un manufatto particolare sul quale è stata condotta una nuova campagna di scavi. Più volte a guidare i soci dell’Archeclub (ma anche tutti coloro che hanno voluto parteciparvi), è stato Malcom Bell III, professore emerito dell’Università della Virginia e direttore degli scavi americani a Morgantina, uno dei massimi esperti dell’antica città dell’entroterra siciliano.
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Nelle ultime due archeopasseggiate il professore ha condotto i visitatori prima nell’Ekklesiasterion, dove aveva fatto uno scavo che aveva evidenziato la presenza di un complesso di botteghe (in cui si vendeva anche pesce sotto sale -e la cosa in un paese dell’interno non era poi così comune- contenuto in anfore puniche, a testimonianza di un commercio vivace e frequente con i paesi del Nord Africa) antecedenti alla definitiva sistemazione della gradinata monumentale. Più recentemente la visita ha riguardato lo Stoà nord dell’agorà, dove, nel corso degli ultimi scavi, è stato portato alla luce un altare dedicato ad Estia (la dea del focolare, custode del fuoco sacro) ed è stato possibile fare un’ipotesi più plausibile sulla funzione di questa imponente costruzione, dalla forma a doppia elle: era l’edificio principale della città, una specie di municipio, che conteneva il pritanèo dove si manteneva il fuoco sacro e si ricevevano gli ospiti illustri. Nelle vecchie guide ancora si legge che questo edificio era il ginnasio, questa interpretazione è stata da tempo abbandonata, oggi si è più propensi a credere che, se un ginnasio c’era a Morgantina, è più probabile che fosse in contrada Agnese dove si trovano i due complessi termali. Due incontri sono stati tenuti dalla professoressa Sandra K. Lucore, l’archeologa che ha coordinato gli scavi delle Terme nord e quest’anno di quelle sud, insieme alla professoressa Monika Truemper. La Lucore, con un linguaggio chiaro e semplice, ha illustrato l’edificio termale, le sue caratteristiche e il contributo che la sua scoperta ha portato alla conoscenza dei bagni pubblici greci di epoca ellenistica (anteriori a quelli romani più conosciuti e documentati), della loro architettura, dei sistemi idraulici e di riscaldamento. L’unicità degli edifici di Morgantina e la loro importanza per lo studio delle architetture urbanistiche è confermata nelle terme dalla presenza delle volta a cupola ed a botte, in tubi fittili, che ci testimoniano le ardite sperimentazioni di soluzioni architettoniche che a Siracusa si realizzavano sotto la guida del grande Archimede. L’unicità degli edifici di Morgantina è stata evidenziata anche nel più importante edificio di epoca romana, il Macellum, nel corso della recente visita guidata dal professore Henry K. “Hal” Sharp. Il Macellum, posto al centro dell’agorà è uno degli esemplari meglio conservato, tra i più antichi macella, di epoca repubblicana, costruiti fuori dalla capitale (insieme a quello di Ostia e Pompei). In questa “lezione”, oltre ad apprendere delle notizie molto interessanti sulla storia, sulle caratteristiche architettoniche e sulle ipotesi di uso del complesso, una specie di supermercato dove si vendevano soprattutto carni e dove, nella tholos centrale, si macellavano animali di taglia media come ovini e suini, il professore Sharp ha contestualizzato l’edificio nella storia dell’intera agorà. Ne è emerso un quadro che, in certo qual modo ha rivoluzionato il modo in cui finora, noi poveri mortali, abbiamo pensato all’agorà: una specie di piazza trapezoidale in cui la scalinata monumentale compensava l’unico dislivello. Il professore ha fatto intravedere come doveva apparire magnifica l’agorà ellenistica (monumentalizzata per volontà di Gerone II, nel terzo sec. a. C.) al visitatore che entrasse dalla porta sud (quella posta a ridosso della grande fornace, un altro dei monumenti di epoca romana), con le sue terrazze digradanti che culminavano nelle stoai porticate e nella fontana monumentale, con il santuario e il teatro alla sua sinistra, i granai e le eleganti case della collina est alla sua destra, il tempietto di Zeus agoraios che insieme a vari altari coronava l’apice della gradinata principale, adattata ad Ekklesiasterion. Per un attimo tutto questo si è materializzato davanti agli occhi dei visitatori che chiedevano a Sharp quando gli archeologi regaleranno una ricostruzione più fedele dell’intera agorà, dallo stoà nord alla porta sud. Naturalmente si scoprirebbe che in quella pianta non c’è il Macellum, costruito dopo il 135 a.C., un secolo dopo; non si vedrebbe la Fornace grande e neppure quella posta nell’estremo lato nord dei granaio, l’edificio dove, prima Ierone e poi i romani, conservavano le decime del raccolto proveniente dal fertilissimo territorio frequentato da Demetra, dea delle messi, e da sua figlia Persefone, quando sfuggiva al freddo buio dell’Ade.

Franca Ciantia

(ringrazio Erminio Gattuso per avermi permesso di usare la sua foto)